Il cantautore Francesco Motta in gara al 69° Festival di Sanremo con “Dov'è l'Italia"
Nella carta geografica del Mediterraneo, manca qualcosa: appare a Nord l’Europa e a Sud l’Africa, ma in mezzo al blu del mare, lo stivale dell’Italia non c’è. Fa un po’ impressione la copertina scelta da Francesco Motta per la versione digitale di Dov’è l’Italia, il brano che porterà in gara al prossimo Festival di Sanremo e che uscirà su tutte le piattaforme per Sugar. «Dov’è l’Italia amore mio? Mi sono perso» canta nel ficcante ritornello il cantautore pisano classe 1986 raccontando lo spaesamento di una nazione. Un talento impegnato che sta vivendo il suo momento d’oro: dopo anni di gavetta passata fra neo punk e new wave coi Criminal Jokers, Motta ha vinto nel 2016 il Premio Tenco come miglior rivelazione con il suo primo album solista, La fine dei vent’anni, per fare il bis l’anno scorso, Premio Tenco per il miglior album in assoluto per Vivere o morire. «Il brano in gara sarà il primo capitolo di un nuovo album che uscirà più avanti, un nuovo viaggio» ci spiega il riccioluto cantautore che guida il nutrito gruppo di nuovi talenti indipendenti in gara fra i Big al 69° Festival della Canzone italiana, su Rai 1 dal 5 al 9 febbraio.
Motta, il protagonista del suo brano è un italiano deluso dalla politica o un migrante che ha perso la rotta?
Il brano può valere per tutti e due. È la condivisione di un disincanto, di un senso di spaesamento. È il pezzo su cui ho lavorato di più nella mia vita, sia come testo sia come musica. Sentivo il bisogno che facesse capire come la penso a livello sociale rispetto all’amore e rispetto all’amore verso questo Paese.
Lei teorizza che anche i sentimenti siano politica.
Cerco sempre di prendere posizione. Anche quando ho detto che mia madre era bellissima, è stato prendere posizione. Il parallelismo tra sentimento e politica, in questa nuova canzone, è venuto fuori come mai prima d’ora.
Quali sensazioni vorrebbe arrivassero al grande pubblico festivaliero attraverso il suo brano?
Non solo la preoccupazione, ma anche una grandissima speranza. Vorrei trasmettere la voglia di esserci, di credere che quello che succederà sia meglio di quello che c’è adesso. Oggi sento la forza e l’incanto di voler avere un figlio ( il cantante è fidanzato con l’attrice Carolina Crescentini. ndr), nonostante oggi questo Paese sia malato di indifferenza. Sento la forza per agire affinché un giorno un certo tipo di maleducazione e di non umanità possa almeno diminuire, se non sparire del tutto.
Si riferisce anche ai migranti, argomento che è costato tante grande a Baglioni per le sue dichiarazioni?
Baglioni ha detto una cosa umana. Non si tratta di far politica, si tratta di parlare di questioni all’ordine del giorno. Si tratta, ripeto, di essere umani. Io mi sono sempre esposto rispetto alla situazione pericolosissima in cui siamo. Ma penso che avere a che fare col diverso sia una ricchezza. Penso che la paura del diverso sia una conseguenza del non essere sicuri di mettersi in gioco.
Dobbiamo aspettarci un nuovo album più politico?
Non avevo nessuna intenzione di rimischiare le carte infilando Dov’è l’Italia in un rimpacchettamento di Vivere o morire. Il prossimo lavoro sarà esattamente politico come il primo album La fine dei vent’anni. Forse c’è più uno sguardo verso l’esterno rispetto a prima. Io sto viaggiando di più per il mondo e questo è fondamentale per il mio processo di apertura.
Lei ha fatto di recente anche un tour con “Les Filles des Illighadad”, gruppo femminile proveniente da un piccolo villaggio del Niger.
È stato il tour più bello della mia vita, nutriente anche dal punto di vista culturale e umano. Ho avuto a che fare con questo gruppo tradizionale che suona alle feste, ai matrimoni e ai funerali. Non parlavamo la stessa lingua, ma è bastato suonare insieme e sorridere per rendere la musica più potente di qualunque discorso. Avere a che fare con il diverso crea una attrazione che provoca movimento e il movimento è una delle cose più importanti per rendere una persona felice.
Ed ora lei è felice? Sì, sempre di più.
Un tempo i cantautori del Tenco non sarebbero mai andati al Festival, mentre ora c’è una simbiosi fra le due manifestazioni.
Non mi sento assolutamente fuori luogo: è il Festival della Canzone italiana, io scrivo canzoni in italiano. Non c’è niente di male. La gara? Sono rilassato perché spesso le canzoni che mi piacevano non sono arrivate prime. La scelta di Baglioni è una sintesi di quello che realmente c’è, porta al Festival un po’ di realtà. Non lo chiamerei panorama “indie”. Lo chiamerei “ciò che succede”.
Ci saranno all’Ariston anche i suoi amatissimi genitori, cui lei ha dedicato vari brani?
Stiamo cercando di capire se ci sono due biglietti per l’Ariston. Mia mamma è talmente terrorizzata...La vive da madre giustamente. Lei compone ancora per il cinema?
Sto lavorando a una colonna sonora, dato che non ho niente da fare ( ride. ndr). Poi ci sarà il tour estivo con cui concludo il discorso iniziato con Vivere o morire. E poi lavorerò all’uscita del disco che conterrà varie collaborazioni.