IL regisa coreano Kim Ki-Duk morto all'età di 59 anni
Ancora un lutto nel mondo dello spettacolo a causa del Covid. Questa volta il virus si è portato via un regista nel pieno della sua attività e amatissimo dai festival internazionali come il sudcoreano Kim Ki-Duk. Il regista è morto in Lettonia, in seguito a complicazioni legate al Covid-19. Aveva 59 anni. Lo annuncia il sito lettone Delfi.lt. Kim Ki-duk era arrivato in Lettonia il 20 novembre nei pressi della località marittima di Jurmala. Da alcuni giorni il suo entourage aveva del tutto perso i contatti.
A nove anni si trasferisce a Seoul e frequenta una scuola professionale per poter lavorare nel settore agricolo. Problemi occorsi in famiglia lo costringono ad abbandonare gli studi e ad arruolarsi, quindi, nell’esercito. L’esperienza militare influenzerà moltissimo il suo modo di intendere i rapporti interpersonali, come anche le sue opere cinematografiche. La passione per l’arte, coltivata da sempre, ad un certo punto prende il sopravvento e lo spinge ad abbandonare la patria in direzione dell’Europa.Sarà Parigi ad accoglierlo col suo fascino bohémien. Qui vive di arte, dei suoi dipinti e comincia anche a scrivere sceneggiature per il cinema. Nel 1992 torna in Corea dove vince il premio della Korea Film Commission per la migliore sceneggiatura di Jaywalking. Debutta come regista l’anno seguente con The Crocodile. Nel 1997 è sceneggiatore, scenografo e regista di Wild Animals e nel 1998 di Birdcage Inn.
Anche Seom – L’isola (2000) ottiene un grande successo e costituisce un primo spartiacque tra quanto realizzato prima e quanto verrà dopo. Shilje sanghwang (2000), infatti, sarà il primo insuccesso del maestro, insuccesso attribuibile, più che altro, alla matrice fortemente innovativa di questo lavoro e, sostanzialmente, incompresa. Dopo alcune prove estremamente cupe e crude, il film Primavera, estate, autuno, inverno...e ancora primavera (2003) irradia una luce nuova, anche in senso artistico, e lo consacra, finalmente, come regista noto in tutta Europa.
Anche il 2004 è un anno prolifico: La samaritana vince l’Orso d’oro per la miglior regia al 54° Festival del Cinema di Berlino, mentre Ferro 3 - La casa vuota, ottiene un Leone d’argento per la miglior regia alla 61a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia e una candidatura al David di Donatello come miglior film straniero.
Seguono L'arco (2005), Time (2006), Soffio (2007), Dream (2008), Rough Cat (2008). Dal 2008 al 2011 non escono suoi lavori. Arirang (2011) trarrà spunto proprio dal lungo periodo di silenzio e crisi artistica del regista. Nel 2012 il suo Pietà vince il Leone d’Oro alla 69a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Torna alla Biennale nel 2013 con Moebius e nel 2016 con Il prigioniero coreano, distribuito nelle sale italiane nel 2018 che raccontava la paradossale vicenda di un pescatore che oltrepassa il confine per sbaglio e il suo doppio destino di vittima dei servizi segreti di Seul e di Pyongyang.