Antonello Falqui con Mina, la cantante che lui scelse per presentare "Studio Uno" e "Milleluci"
Canzoni, balletti, una grande orchestra, sketch e monologhi comici, agili duetti tra conduttore e ospite, scenografie sobrie, testi essenziali. Poi anche lustrini e pailletes, ma senza esagerare. I programmi di Antonello Falqui, sempre in presa diretta, erano eleganti nei contenuti e nella forma, basati su una scelta rigorosa dei personaggi e con inquadrature a telecamera fissa, come se lo studio televisivo fosse, per artisti, tecnici e spettatori, il palcoscenico di un teatro. Il regista romano, scomparso all’età di 94 anni, aveva portato il varietà e la rivista sul piccolo schermo, nobilitandoli: Il musichiere, Canzonissima, Studio Uno, Milleluci, tutti con gli stessi ingredienti, pur nella diversità legata ai tempi e ai gusti del pubblico: leggerezza, ironia, comicità intelligente e mai volgare. Un fuoriclasse, Falqui, che ha inventato un genere negli anni ’50, agli albori della Rai, lo ha portato al successo per altri due decenni, trovando sempre formule innovative, e lo ha accompagnato fino alla sua dissoluzione, negli ’80, quando l’arrivo delle tv private di Berlusconi – alle quali non volle mai piegarsi – travolse i “vecchi” format “nazional-popolari” adeguandoli alle esigenze – e ai ritmi – della pubblicità. L’ultima sua fatica fu Un altro varietà, nel 1988, otto puntate il venerdì sera su Rai 2, un programma concepito secondo gli stilemi del caffé-concerto.
Antonello Falqui è un pezzo di storia non solo della tv ma anche del costume e della società italiana: ha divertito tre generazioni facendo conoscere al grande pubblico artisti del calibro di Mario Riva, Paolo Panelli e Bice Valori, Franca Valeri, Johnny Dorelli, Walter Chiari, Delia Scala, Lelio Luttazzi, Paolo Villaggio, Gigi Proietti, Raffaella Carrà. Lanciò il personaggio di Mina valorizzandola anche come intrattenitrice e show-girl. Memorabili i suoi duetti, tra il recitato e il cantato, con Alberto Sordi, Totò, Mastroianni e De Sica.
Falqui lavorava dieci ore al giorno, era un perfezionista nel creare le atmosfere del “sabato sera”. Quando stava in cabina di regia – racconta chi ci ha collaborato – non volava una mosca: tutti obbedivano ai suoi “ordini”. E lui non si arrabbiava mai. Accadde solo una volta, nella sua lunga carriera: con un ospite internazionale, Rudolf Nureev, che durante la sua esibizione davanti alle telecamere non voleva essere ripreso di spalle. Il danzatore russo interruppe più volte i suoi fouettés en tournant finché, estenuato dai richiami del regista, scagliò un bicchiere di whisky contro il monitor.
Nato a Roma il 6 novembre 1925, figlio del critico letterario Enrico Falqui, il giovane Antonello frequenta fino al 1949 il corso di regia del Centro Sperimentale di Cinematografia e un anno dopo è aiuto regista nell’unico film dello scrittore Curzio Malaparte (che gli fu presentato dal padre) Cristo proibito. Nel 1952 approda alla Rai, lavorando inizialmente nella sede di Milano per poi approdare definitivamente a Roma.
Il regista se n’è andato lasciando sui social un messaggio nel suo stile: «Sono partito per un lungo lungo lungo viaggio – è il testo di un post apparso sui suoi profili Facebook e Twitter –, potete venire a salutarmi lunedì 18 novembre alle 11 alla chiesa di Sant’Eugenio a viale Belle Arti a Roma». E ancora, in chiusura: «P.s.: perdonate Jimmy, Matteo e Luca se non vi hanno avvisato prima....». Perché la morte è avvenuta qualche giorno fa, senza clamori. Da anni Falqui in tv vedeva solo i documentari sulla natura e sugli animali, la passione a cui aveva dedicato l’ultima parte della sua vita.
Le reazioni del mondo dello spettacolo
Tante le reazioni alla scomparsa del regista. Eccone alcune "twittate" da personaggi del mondo dello spettacolo. "Addio Antonello Falqui, un grande della nostra TV. Lo accompagno con le mie preghiere" scrive Raffaella Carrà. "Antonello Falqui? Uno che lottò con i vertici Rai per permettere ad una ragazzina di 17 anni, bassina, non particolarmente bella e con un viso pieno di efelidi, di dimostrare che aveva delle cose da dire artisticamente. Quella ragazzina ero io. Non gliene sarò mai abbastanza grata": così Rita Pavone. "Ci lascia il papà del varietà. Il più grande di tutti. Ha fatto sognare gli Italiani con i suoi spettacoli.
Ho avuto anche il piacere di conoscerlo. Grazie Maestro! Grazie e ancora grazie. #antonellofalqui" ha scritto Rosario Fiorello. "Con Antonello se ne va un altro padre, a cui io devo moltissimo. Un pezzo di vita molto importante e professionalmente irripetibile. Ma l'amavamo in tanti. Quella rosa d'oro che tiene in mano è quella vinta a Montreaux, l'Oscar dei varietà, lo vinse col primo 'Al Paradise' in cui c'eravamo pure noi del gruppo La Zavorra. Battemmo il varietà di Liza Minnelli in finale" scrive l'attore Massimo Wertmuller.