Luisa Mandelli a "Casa Verdi" a Milano (foto di Maria Elena Fantasia)
Addio alla piccola, grande, ultima protagonista dell’era Callas e nume tutelare della “Divina”. È morta a Milano nella notte Luisa Mandelli, soprano amica e compagna di lavoro di Maria Callas. Avrebbe compiuto a breve 96 anni e viveva a “Casa Verdi”, la residenza per artisti in pensione voluta nel capoluogo lombardo dal “Cigno di Busseto” in cui si trova anche la tomba del grande compositore. «Il mio Peppin», lo chiamava Luisa che quasi ogni giorno rendeva omaggio al suo adorato autore, assieme all’altro suo genio prediletto: Richard Wagner. Il funerale si svolgerà lunedì 3 settembre alle ore 15 nella chiesa di San Pietro In Sala in piazza Wagner a Milano.
La musica e la fede sono state le coordinate che hanno segnato la sua vita. Bastava entrare nella sua stanza all’ultimo piano di “Casa Verdi” per rendersene conto. Accanto al letto aveva tre icone della Madonna. All’ingresso un’altra di Cristo. E sulle pareti le foto degli ultimi due Papi: Francesco e Benedetto XVI. Poi le immagini dei “grandi” del mondo della lirica: Verdi e Maria Callas, anzitutto. Ma anche Wagner, Chopin, Toscanini, Barenboim, Zeffirelli. E i due cimeli più preziosi per lei: la locandina della Traviata del 1955 alla Scala in cui la soprano d’origine greca era Violetta; e una foto con la dedica autografa “A Luisa Mandelli, Maria Callas”. Proprio il direttore d’orchestra Daniel Barenboim l’aveva ribattezzata l’«eterna Annina» per aver interpretato la serva di Violetta accanto a Maria Callas nella produzione di sessant’anni fa diretta da Carlo Maria Giulini e con la regia di Luchino Visconti. L’immagine in bianco e nero con la firma «della Maria», come Luisa chiamava la stella della lirica, era uno scatto di quello storico allestimento in cui Callas e Mandelli erano una accanto all’altra con i costumi di scena. «Maria è stata un’autentica artista che ha rivoluzionato il canto», aveva raccontato Luisa ad Avvenire lo scorso anno in occasione del 40° anniversario della morte. «Se non sono esagerata si può dividere la storia della lirica in “prima della Callas” e “dopo la Callas”». E aveva ripercorso la sua amicizia nata al Piermarini. «È stata quella straordinaria Traviata a farci conoscere. E sfido chiunque a fare ben diciassette rappresentazioni consecutive della Traviata, come Maria alla Scala nel 1956, senza mai una minima pecca». Quindi aggiungeva: «Mi sento un po’ la custode ambrosiana del suo immenso talento. L’ho sempre percepita al mio fianco ogni volta che salivo sul palcoscenico».
Era entusiasmante entrare con lei a “Casa Verdi” dove ti accoglieva sempre con il suo sorriso, la sua grinta e il suo immenso bagaglio di ricordi pronto ad aprire a chiunque ne fosse interessato. E commuoveva vedere qualche studente del Conservatorio, magari giapponese o sudamericano, che arrivava nella struttura di piazza Buonarroti per esercitarsi in una delle sale, chiedere di Luisa e abbracciarla con le lacrime agli occhi sussurrandole: «Davvero è lei la signora Mandelli che ha cantato con Maria Callas? Che gioia poterla conoscere...». E altrettanto toccante era incontrarla ancora, praticamente ogni settimana, al Teatro alla Scala di Milano che le aveva regalato un posto nella storia della lirica e che lei non aveva mai abbandonato. Anzi, lo sentiva la sua seconda casa, a cui doveva molto. Ma lei non era una habitué della platea o dei palchi. No, lei era un’affezionata loggionista, la celebre “congrega” di melomani delle due gallerie del Piermarini, temutissimi da cantanti, direttori e registi che con i loro applausi o i loro fischi decretano da sempre il successo o il naufragio di una rappresentazione. E infatti oggi, quando si è diffusa la notizia della morte di Mandelli, i diversi gruppi del Loggione hanno scritto su chat e Facebook: «Il Loggione della Scala è in lutto per la scomparsa di Luisa». Il Teatro alla Scala in una nota la ricorda «con immenso affetto» dal momento che «Luisa ha accompagnato, prima in palcoscenico quindi in Loggione e in innumerevoli iniziative anche in collaborazione con Casa Verdi, oltre 60 anni di vita scaligera». Secondo lo stile inflessibile del Loggione, l’“eterna Annina” aveva contestato anche negli ultimi anni le produzioni che non le andavano a genio. «Sono fiera di essere loggionista – teneva a far sapere –. Ma spesso oggi manca la materia prima: la voce. Anche i comprimari, come lo ero io, devono essere all'altezza dei protagonisti. Non lo capiscono i cantanti. E non se ne rendono conto i direttori d’orchestra o i responsabili dei teatri: senza grandi voci l’opera non si fa». E precisava: «Capisco che non siamo più in un’epoca d’oro. Ma neppure possiamo accontentarci di mezze calzette o assurdi allestimenti che alcuni registi propongono».
Ripercorrendo con Avvenire la sua vita - era nata a Saronno il 16 ottobre 1922 -, ci aveva raccontato: «Devo alle suore di Intra, piccola frazione del comune di Verbania, la mia passione per la musica. Frequentavo la loro scuola elementare e mi facevano cantare il Va’ pensiero o brani dal Guglielmo Tell». Così qualcuno aveva consigliato ai genitori di farle studiare musica. «I miei erano contrari. “Una donna in giro per il mondo... no, no”». Alla fine l’aveva spuntata lei. «Facevo trenta chilometri in bicicletta per andare dalla mia insegnante di canto a Stresa». Il diploma al Conservatorio di Milano era arrivato nel 1947. E il debutto alla Scala nel 1953 con Rigoletto nei panni del paggio della duchessa. Sui palcoscenici Luisa Mandelli era salita fino al 1964 quando aveva dato l’addio alle scene. Venne assunta dall’editore Ricordi dove «per venti anni sono rimasta felice in mezzo agli spartiti, anche nel negozio di Galleria Vittorio Emanuele a Milano», spiegava la soprano.
Nel giugno 2016, a 94 anni, era tornata a cantare Traviata. Il suo sogno si era realizzato a “Casa Verdi” dopo lo schiaffo tedesco che aveva subìto. Perché nel dicembre 2015 Luisa doveva essere la star allo Staatsoper Unter den Linden di Berlino nella prima di Traviata diretta da Barenboim che l’aveva voluta nel cast e l’avrebbe presentata al pubblico chiamandola l’“eterna Annina”. Ma dalla capitale tedesca l’avevano rispedita in Italia dopo una prova con la scusa di una regia troppo d’avanguardia e quindi inadatta a lei. A riparare allo smacco ci avevano pensato gli artisti del coro della Scala e Roberto Curbelo, il tenace maestro collaboratore al Piermarini che fin dall'aprile 2015 l’aveva seguito nella preparazione. «Non pensavo di ritrovare la voce. E invece ce l’ho fatta», diceva orgogliosa.
Fra i corridoi di “Casa Verdi” la chiamavano la «generale» per il suo piglio forte. E, quasi fosse una sorta di testamento, ci aveva confidato: «Ringrazio il buon Dio per il dono della musica. E per la voce che mi ha dato. Come nella parabola dei talenti, spero di averla messa a frutto. Di sicuro non l’ho dissipata come rischiano di fare troppi cantanti in questi ultimi decenni». Una lezione di vita per chi mette al primo posto i contratti e i cachet.
La biografia di Luisa Mandelli in una nota del Teatro alla Scala
Luisa Mandelli nasce a Saronno il 16 ottobre 1922; il padre suonava il clarinetto nella banda. Dopo gli studi di canto negli anni della guerra partecipa a un’audizione alla Scala e nel 1953 debutta come paggio nel Rigoletto diretto da Nino Sanzogno con Leonard Warren, Rosanna Carteri e Giuseppe di Stefano. L’anno seguente l’incontro, in Alceste di Gluck, con due artisti che segneranno la sua esperienza artistica e umana: Maria Callas e Carlo Maria Giulini. Seguono Cirano di Bergerac e I quatro rusteghi con Votto, Giannetta ne L’elisir d’amore con Eugenia Ratti e Nicola Monti diretti da Giulini nello spettacolo di Zeffirelli, la prima assoluta del David di Milhaud diretta da Votto (lo inciderà con Di Stefano), La fiamma di Respighi diretta da Gavazzeni, La santa di Bleeker Street di Menotti con Schippers e la regia di Menotti.
Il 28 maggio 1955 Luisa Mandelli è in scena nella parte per cui sarà sempre ricordata: Annina a fianco di Maria Callas e Giuseppe di Stefano nell’allestimento de La traviata firmato da Luchino Visconti e diretto da Carlo Maria Giulini. Nel complesso sarà accanto a Maria Callas per 22 recite; per tutta la vita Luisa farà celebrare ogni anno per lei una Messa in suffragio.
Negli anni seguenti partecipa alle produzioni de La figlia di Jorio di Pizzetti con Gavazzeni, L’angelo di fuoco di Prokof’ev diretto da Sanzogno con la regia di Strehler, Il Signor Bruschino di Rossini alla Piccola Scala ancora con Gavazzeni, Luisa di Charpentier con Cluyrens e Strehler, Madama Butterfly con la Frazzoni e Gavazzeni, La volpe astuta di Janáček diretta da Sanzogno con la regia di Felsenstein e, nel 1958, Il cappello di paglia di Firenze di Rota con Sanzogno e la regia di Strehler.
Al ritiro dal palcoscenico seguono gli anni di lavoro per Casa Ricordi e quindi la residenza presso Casa Verdi; e sempre il Loggione della Scala, dove era presente ogni sera, testimone dai giudizi severi e inappellabili ma dalle passioni altrettanto incondizionate. Insofferente al ruolo della spettatrice, Luisa era un’infaticabile promotrice e organizzatrice di iniziative legate al mondo musicale. Ha calcato il palcoscenico della Scala per l’ultima volta il 14 settembre 2017, quando ha partecipato alla serata commemorativa organizzata dal teatro in occasione del quarantennale della scomparsa di Maria Callas.