mercoledì 4 gennaio 2017
Fu il primo pilota di colore ad ottenere il brevetto militare. Ma anche il primo italiano di etnia africana ad essere nominato generale nell’esercito. Una vita di primati e di misteri
Mondelli l’aviatore nero
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Fu il primo aviatore di pelle nera al mondo ad ottenere un brevetto di pilota militare. E insieme a questo record Domenico Mondelli di primati ne inanellò parecchi: primo afro a pilotare un aereo durante la prima guerra mondiale; primo italiano nero ad avere responsabilità militari (in Libia, nel 1912); primo italiano di etnia africana ad essere nominato generale nell’esercito; e primo italiano nero ad entrare nella massoneria. Non si può dire che quella di Mondelli sia stata una vita tranquilla e ordinaria, visti tutti questi primati sopracitati.

E ora che viene ricostruita nel libro Il generale nero. Domenico Mondelli: bersagliere, aviatore e ardito (Edizioni Odradek, pp. 276, euro 20), a firma di Mauro Valeri, la vicenda di questo africano che per primo al mondo pilotò un aereo da combattimento può incuriosire e far conoscere uno spaccato di vita italiana, e non solo: ricostruisce un’epoca, offre indicazioni sociologiche interessanti, mostra un’Italia meno chiusa e provinciale di quanto spesso si racconta. Ma partiamo dall’inizio. Già le origini di Mondelli sono un prodromo dell’avventura che lo accompagnerà per tutta la vita: il suo nome originario risultava essere Wolde Selassie, era un bimbetto quando il soldato italiano Attilio Mondelli lo raccolse sulla strada che da Asmara porta a Debaroa, durante la campagna d’Abissinia nel 1891.

Mezza verità o bugia totale (più avanti negli anni Wolde verrà riconosciuto come figlio naturale di Attilio, frutto dunque di un’avventura sentimentale del militare parmense in terra africana con una donna locale: ma tutto ciò era disdicevole per un soldato italiano, e quindi ecco la menzogna propagata…), sta di fatto che il piccolo Wolde (che a 12 anni prende il nome di Domenico) si impianta a Parma e ben presto intraprende la carriera militare, sulla scia di Attilio e dello zio Emilio. Nel 1907 arriva la cittadinanza italiana, poi la prima partenza come volontario in Libia, quindi l’apprendistato per diventare pilota di aeronautica nella nascente flotta aerea dell’aviazione militare italiana. Siamo alla vigilia dell’inizio del primo conflitto mondiale. Scrive Valeri: «Domenico è il primo italiano nero a voler prendere il brevetto di pilota di aerei militari, quando i piloti brevettati sono più di duecentotrenta e i piloti militari solo qualche decina ».

A Torino nel 1913 si iscrive per ottenere il brevetto di volo, che ottiene l’anno seguente. Già nel 1915 è nominato dal Ministero della Guerra «pilota d’aeroplano»: al momento dell’entrata in guerra l’Italia può contare solo su 58 aerei da combattimento (gli austro-ungarici quasi sul doppio, 98): su uno di questi prende posto Mondelli che il 24 maggio del ’15 effettua con il suo Nieuport Ni 80 G alcune ricognizioni sul Monte Hermada e Maria Zell partendo dall’aeroporto di Campoformido, sul fronte dell’Isonzo: è il primo aviatore nero a volare durante la guerra ’15-’18. È proprio grazie a quest’azione nei terri- tori del Triveneto che Mondelli si guadagna la prima medaglia al valor militare (bronzo), che gli viene assegnata nel giugno 1916: «Dava prova di calma e coraggio. Sprezzante del pericolo, volava a quote basse» si legge nella motivazione del riconoscimento, che sarà replicato anche in successive occasioni.

La carriera militare di Mondelli non subisce interruzioni (la musica cambierà con l’avvento del fascismo): il 12 gennaio 1916 è nominato comandate di squadriglia con sede ad Aviano. Subisce un incidente il 20 aprile successivo mentre è in volo per colpire postazioni nemiche nei pressi di Trieste, ma riesce ad atterrare con il suo velivolo in territorio amico. Prosegue l’ascesa nell’esercito: nel ’17 viene nominato tenente colonnello. Quindi vive l’esperienza del fronte a terra, sull’Isonzo nel 1917 gli viene riconosciuta una nuova medaglia d’onore (argento) per aver partecipato alle battaglie sul Carso, con tale specifica: «Infondeva ai suoi bersaglieri tale spiritore to militare da portarlo brillantemente all’attacco». Ferito, il 27 giugno viene ricoverato prima a Vicenza e poi a Milano con 4 mesi di ricovero per ferite al labbro e all’occhio destro.

Non risulta mai essersi ammogliato, dettaglio sulla sua vita personale che fa da pendant a quella definizione - «personaggio arcinoto» - in voga tra la Torino e Milano dell’epoca, probabilmente dovuto al fascino che il soldato meticcio esercitava sulla componente femminile grazie al suo tratto esotico. La fine della guerra non spegne l’ardore del combattente: Mondelli decide di partire volontario in Albania nel 1920, dove ottiene un’altra medaglia di bronzo. Nel 1923 è promosso colonnello. Con l’avvento del fascismo viene, anzi deve venire a galla di più la (almeno parziale) italianità di sangue del meticcio Mondelli, vista l’insistenza del regime sulla razza. Ma ecco che la carriera militare del meticcio parmense si interrompe e subisce vari ritardi, contro i quali l’avia- nero inizia una battaglia legale per vedersi riconosciuti i gradi che gli spettano: tre sono i ricorsi legali contro quello che Valeri ricorda essere «un indubbio preconcetto razzista presente nell’ambiente militare».

Solo il 10 novembre del 1959 Mondelli si vedrà riconosciuta la promozione a Generale di Brigata, per lo meno nel ruolo d’onore. Si diceva dell’alto grado di avventura nella vita di questo personaggio. Qualche dettaglio ulteriore lo conferma: si candida per l’Assemblea Costituente nelle file del Gruppo politico italiani di Sicilia, d’Africa e del Mediterraneo (Gpisam), ottenendo 26 preferenze. Infine, resta sconosciuto - almeno all’autore della biografia - il luogo della sepoltura: doveva essere il Sacrario militare del Verano, dove Mondelli aveva chiesto di essere inumato, ma Valeri non ha trovato attestazione di ciò. Colpo di scena finale di una vita vissuta sul filo del rischio e dell’avventura.

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