venerdì 28 novembre 2008
Vent’anni fa la morte di Tata, autore di quasi tutti i testi del Quartetto, i cui successi sono ora usciti in un doppio dvd antologico. «Quando morì,  Virgilio, Lucia e Felice mi dissero che avrebbero smesso».
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«È scesa malinconica la sera / puntando in cielo un riflettore blu»" Chi volesse indicare le più belle canzoni italiane di sempre non potrebbe ignorare I ricordi della sera, 1961, interprete il Quartetto Cetra, parole di Giovanni Tata Giacobetti. Martedì saranno vent'anni, da quando Giacobetti è mancato all'improvviso. Il gruppo l'aveva creato lui, nel 1940; subito giunsero Virgilio Savona, Felice Chiusano e il nome, nel '47, Lucia Mannucci. Per 41 anni di storia, con quasi tutti i testi firmati Giacobetti. In radio, teatro, tv, decine di canzoni musicate da Savona (da Un disco dei Platters alla Ballata del critico tv). Ma Giacobetti adattò anche brani storici (Mamma mia dammi cento lire), scrisse con Kramer, Trovajoli, Luttazzi, D'Anzi. Oggi che esce un doppio dvd sui Cetra, tre ore e passa di begli esempi di un'arte immensa (anche se I ricordi della sera c'è solo in un frammento, che peccato"), abbiamo incontrato Giorgia Giacobetti, figlia di Tata e dell'attrice Valeria Fabrizi. Il 2 dicembre 1988 aveva vent'anni. Ora di suo padre riflette solarità e una signorilità ormai, purtroppo, merce rara. Suo padre non ebbe mai rimpianti da solista mancato? «No, credeva nei Cetra. Li creò lui, trovò il nome, ne mediava ogni dissidio. Pochissimi, peraltro». Anche come autore scriveva solo per i Cetra? «No. Ricordo Susanna naif per bambini, canzoni romane, programmi. L'idea di Pronto Raffaella era sua. Ne parlò con un amico della Rai, poi se la vide in tv. Ma creda, non l'ho mai sentito parlar male di nessuno. Era un generoso, aiutava i giovani». Quanto è riuscita a vivere di un padre così attivo? «Tanto. Seguiva la realtà. Con lui vidi spettacoli di esordienti divenuti famosi dopo: come la Premiata Ditta. E con me cresciuta mio padre condivideva idee e giudizi». A lei piaceva il Quartetto Cetra? «Sulla loro idea delle parodie vivono ancora oggi" Sì, erano modernissimi». Come reagì lui quando la Rai non li volle più? «Il lavoro comportava sempre impegno e amore. Anche in una tv locale. Reagirono da persone semplici. E da signori, mai scesi a compromessi sulle loro idee». La urtò l'album degli altri uscito dopo la sua morte? «Fu per rilanciare il repertorio. Avrebbe condiviso. Virgilio, Cia e Felice, poi, mi dissero subito che non avrebbero continuato oltre. Che destino" Lui ha fondato il Quartetto e andandosene l'ha sciolto». Aveva progetti in cantiere? «Un testo teatrale per mia madre e un'opera musicale coinvolgendo Morricone, Trovajoli, Venditti, De Gregori, Barbarossa" La storia artistica di Roma oltre le generazioni. Proverò io a realizzarla: spero nel 2009. E poi gli mancava un anno per divenire architetto e saldare un debito morale col padre». Qual era la canzone che preferiva delle sue? «Amico Bing, non piangere che scrisse quando a Crosby morì la moglie: Crosby gli mandò una lettera commossa. Poi Quando la luna e ovviamente Nella vecchia fattoria. Scoprì lui quel brano irlandese». Come vorrebbe fosse ricordato Tata Giacobetti? «Era un grande artista. E un grande papà. Ma guardi, scriva solo tre parole. Sorriso, garbo, gusto».
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