venerdì 2 aprile 2021
Jerry Boyd, alias F.X. Toole, era diventato pugile a 40 anni e scrittore a 70 con i suoi racconti sulla nobile arte appresa dall’allenatore Huntley, interpretato da Clint Eastwood nel celebre film
L’attore e regista americano Clint Eastwood con l’attrice Hilary Swank protagonisti del film “Million dollar baby”, vincitore di 4 premi Oscar nel 2005

L’attore e regista americano Clint Eastwood con l’attrice Hilary Swank protagonisti del film “Million dollar baby”, vincitore di 4 premi Oscar nel 2005

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È notte fonda in questo tempo fermo e irreale, e ho appena finito di leggere il libro Million dollar baby. E altri racconti. (Mondadori. Pagine 276. Euro 13,00). Avverto uno stato di benessere e di ripresa, mista alla stessa commozione, frenetica e vitale, che deve aver provato l’attrice Angelica Huston quando anni fa gli capitò tra le mani Rope Burns: Stories from the corner, tradotto in italiano come Lo sfidante. Una folgorazione quella della Huston verso un libro totale, che va ben oltre le storie di ring e l’estetica della nobile arte del pugilato. Quell’arte, nelle pagine scritte di pancia e corrette con l’anima dal talento incredibile, quanto tardivo di F.X. Toole, è sublimata come, e forse meglio, di quanto seppero fare illustri epigoni che rispondono al nome dei “romanzieripugili”, Jack London e Ernest Hemingway o gli osservatori speciali da bordo ring Norman Mailer e Joyce Carol Oates. Si tratta dell’opera prima, rimasta praticamente unica (incompiuto è il suo romanzo A bordo ring Garzanti), di un settantenne che era sfuggito a tutto e tutti, ma non all’occhio di falco dell’agente letterario newyorkese Nat Sobel. Una mattina ancora assonnato pare che mister Sobel aprì la cassetta della posta e ci trovò un plico di racconti a firma dell’anonimo settantenne Jerry Boyd. Un personaggio stile Marlowe rivisitato dalla penna di Osvaldo Soriano: l’«agente» Boyd infatti nella sua esistenza zeligiana e avventuriera era stato anche un investigatore privato, arrivando però dalla strada in cui si era guadagnato da vivere prima come lustrascarpe e poi da tassista.

Eclettismo del barman e frigobar sempre pieno di alcolici, come quello del nostro Gian Carlo Fusco, scrittore e affabulatore instancabile che ordinava bottiglie per rifornire il fantomatico “Bar Fusco” che aveva sede nella redazione de Il Giorno. Anche Boyd ha combattuto fino al gong finale con l’alcolismo che lo aveva accompagnato nei suoi continui sconfinamenti, compreso quello in Messico per vivere attimi di eterno, da sangue e arena: professione torero. Poi, la grande chiamata del pugilato, arrivata intorno ai quarant’anni con l’incontro che cambiò il suo destino: quello con il maestro Dub Huntley. Tutto ciò che Boyd sapeva sulla boxe lo aveva appreso da quest’uomo che fece di lui un pugile, un allenatore, un cutman (l’addetto a bloccare il sangue dei tagli subiti dal boxer) e con la quantità di materiale letterario incassato – per trasmissione orale all’angolo – perfino uno scrittore. Un narratore raro nel suo genere, perché mentre gli altri autorevoli letterati citati sono arrivati all’apice della descrizione dell’universo pugilistico, Boyd nel momento in cui veste i panni dello scrittore F.X. Toole e abbandona i guantoni, diventa un Salinger in cerca d’editore, facendo scoprire ai lettori la «magia» di questo mondo. Oltre a Million dollar babyche per la prima volta dà al titolo della raccolta in italiano (traduzione di un altro irregolare della nostra narrativa, Giuseppe Culicchia), gli altri cinque racconti sono altrettanto round letterari. I più intensi mai letti e concordiamo con il “fighter” James Ellroy: «Le migliori storie di boxe mai scritte».

Talmente vere e profonde queste storie che si corre il rischio di perdere molta della loro bellezza nel raccontarle superficialmente nel dettaglio o ancor peggio nel concentrarsi solo sui dettami tecnici, che pur non mancano nei racconti. Sei storie che vanno vissute seguendo il suo autore che ci porta dentro quelle palestre al margine e affollate dagli ultimi della terra di Olimpia. Atleti, geni, ribelli e sognatori maledetti che possiedono quello che lo sciamano Dub Huntley gli ha mostrato. «La magia di partire per guerre in cui credo. È la magia dell’humour dei pugili, di ridere quasi sempre di se stessi, e che ti segue ovunque tu vada». Toole- Boyd tutto questo l’ha imparato sulla sua pelle schivando colpi e incassando fino a lasciare sul quadrato pezzi di naso da pugile, prima di tutto nell’anima. Quella «magia» la scrive come nessun altro perché ammaliato dal «gioco di uomini che si battono con la mente e il corpo e il cuore fino all’esaurimento e anche oltre, fino a rimanere senza fiato, con le costole rotte e il fegato in pappa, i reni distrutti e le retine staccate. Lo fanno per soldi certo. Ma anche per il rispetto di sé, e per la magia». Un quadrato magico quello dei combattenti del ring dove la legge di sopravvivenza prevede un tacito mutuo soccorso «in cui i membri – e gli appassionati – hanno bisogno gli uni degli altri, non solo per via dei soldi, ma soprattutto per mettersi vicendevolmente alla prova». Nella sua poetica, cruda e iper-realista, si sente l’odore acre di follia che si impregna di sudore e canfora, di sacco consumato e adrenalina. Rumori sordidi di topi dei bassifondi metropolitani che mordono le corde. Quelle corde a cui F.X. Toole si è sentito spesso sbattuto dalla vita, ma una volta scoperta la boxe ha fissato la sua tana al Madison Square Garden e lo sguardo negli occhi di campioni leggendari da esaltare o accarezzando, anche con la penna, i perdenti e gli sparring partners per antonomasia, come il suo Ebreo nero.

La carriera dell’artista inconsapevole aggrappato al ring l’ha chiusa da assistente di Huntley che, dopo aver salvato dalla strada centinaia di giovani e uomini di tutte le razze ha allenato Juli Crockett. La donna pugile del racconto di Toole che ha ispirato Clint Eastwood, produttore, regista e attore protagonista di Million dollar baby (pellicola del 2004), in cui con il suo Frankie Dunn, che rende omaggio a Huntley, accetta alla fine di allenare la tenace 32enne Maggie Fitzgerald, straordinariamente interpretata da Hilay Swank. Film premiato nel 2005 con 4 Oscar e 220 milioni di dollari incassati al botteghino, alla cui prima visione costrinse l’editore napoletano Tullio Pironti quasi a gettare la spugna per l’emozione. Ma poi «era ritornato e aveva visto il film fino alla fine, ma per farlo aveva dovuto appellarsi al suo essere pugile», scrive Antonio Franchini (mago dell’editoria e autore di Gladiatori – il Saggiatore – libro fondamentale sul pugilato) in postfazione ai racconti di F.X. Ma degli Oscar e delle emozioni forti di Pironti, Toole non poté vantarsi, era morto due anni prima dell’uscita del film, il 2 settembre 2002, con tanti punti oscuri, come questa notte, ma anche una solida certezza: «Come per uno scrittore, più un pugile padroneggia la sua arte, più grande è la magia. Sia per lui, sia per gli altri».

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