Manu Chao al GoaBoa Festival nel 2008 - Emanuela Ascoli / WikiCommons / CC BY 3.0
«Que hora son mi corazòn? ». È la domanda canora che arriva al cuore pensando a questo artista unico e irripetibile nel panorama pop che è Manu Chao. Un piccolo grande uomo prestato all’arte della musica e parole che da qurant’anni in qua, zaino in spalla e un abito, anche di scena,ridotto all’essenziale (sneakers “smarcate”, calzoncini e t-shirt magari omaggio all’ultimo Paese appena visitato), viaggia davvero sempre in direzione ostinata e contraria. Risposta: adesso è l’ora del ritorno del cuore. Per chi ama questo “globe-rocker”, e sono tanti i suoi fan, più o meno clandestini, sparsi per il globo, 17 anni di attesa per l’uscita del nuovo album hanno rappresentato un’eternità. Si intitola Viva Tu (brano omonimo anticipato a maggio con la title track) ed esce il 20 settembre questa piccola antologia itinerante che raccoglie le esperienze di vita a di viaggio del cantautore figlio della “resistenza” antifrachista. José Manuel Arturo Tomás Chao Ortega è nato infatti 63 anni fa, a Parigi ,da padre galiziano, il giornalista Ramón Chao, e madre basca, la ricercatrice scientifica Felisa Ortega, entrambi esuli in Francia per scampare alle persecuzioni del “Caudillo” di Spagna, il cui regime durò fino a mezzo secolo fa. Franco cadde nel 1975. In Spagna, anzi in Catalogna, Manu Chao è “tornato” a vivere. La sua casa, dove si rifugia dopo le mille peripezie stagionali e i concerti organizzati nei luoghi più improbabili del pianeta, è a Barcellona, nel Barrio Gotico, dove gestisce anche un locale (il Mariatchi). Il viaggio è il fil rouge di questo nuovo lavoro registrato in studio contenente 13 brani cantati in spagnolo, francese, portoghese e inglese. Siamo sempre nel solco del suo eterno nomadismo musicale, cominciato ai tempi dei Mano Negra, il gruppo che nel 1987 fondò con il fratello Antoine Chao e il cugino Santiago Casariego. Poi nel ‘95, dopo un clamoroso e quasi inaspettato successo internazionale, la decisione di sciogliere la band a cui fece seguire una fuga in solitaria in Africa e in America Latina alla ricerca del suono perduto. Tornò carico di nuove conoscenze e con in spalla una bisaccia piena di suoni che sono andati a comporre i pezzi dell’attuale mosaico che va dal rock alla chanson francese, la salsa spagnolo-americana, il reggae, lo ska e il raï algerino-Con queste nuove spezie si unì ai Radio Bemba Sound System con i quali cucina da gran gourmet anche il piatto forte del genere patchanka (Rock alternatif latino). Ma anche con loro, da solista, la produzione si era fermata al 2007, appunto al disco La Radiolina. Disco d’oro premiato in mezzo mondo dove sferzanti arrivarono ovunque le parole e le immagini del brano “afro” Politik Kills. Non è la ricerca dell’esotismo quella che spinge continuamente più in là l’attivismo musicale e ideologica di Manu Chao, capace di passare dalla jungla africana alla foresta amazzonica fino a deliziare il pubblico italiano del Teatro dei Ruderi di Diamante (Cosenza), ultimo concerto su suolo italiano è del 25 agosto scorso. A un mese dall’uscita di Viva Tu aveva presentato il secondo singolo São Paulo Motoboy. «Un tributo fraterno a tutti i 300mila driver, i corrieri di San Paolo che rischiano la loro vita ogni giorno mentre attraversano l’enorme metropoli brasiliana sulle loro due ruote. San Paolo è un mostro vivente. E i corrieri sono il sangue che scorre nelle sue vene e lo mantengono in vita», informa Manu Chao nello scarno ed essenziale comunicato stampa. Ecco, via la “stampa baby”. Per il cantautore viaggiante è un problema da sempre o meglio quello dato ai giornalisti è un tempo rubato alla musica e alla gente. Refrattario a conferenze e interviste quello che ha da dire Manu Chao preferisce esprimerlo sul palco, possibilmente piazzato in luoghi piccoli e ameni, ma anche negli slim africani o nella favela brasiliana come quella stampata sulla copertina di Viva tu. Concerti in cui la promozione del disco è marginale, mentre ciò che è al centro del suo villaggio è la piena condivisione con il pubblico, il confronto finale appena riposta la chitarra nella custodia e scesi i gradini del palcoscenico. Questa è da sempre la sua piena indipendenza creativa e artistica, a partire dall’etichetta: la Because di Emmanuel de Buretel. La casa discografica indipendentissima a cui si è legato fin dal primo album da solista, il disco-inno globale Clandestino. L’album che lo ha reso il simbolo dell’anarchia musicale stregando persino il “re degli ignoranti” Adriano Celentano che lo volle ospite del suo show televisivo Francamente me ne infischio e poi feat nel brano La manifestazione rielaborato anni dopo nel brano Non so più cosa fare cantata dal “Molleggiato” con Franco Battiato, Jovanotti e Giuliano Sangiorgi dei Negramaro. Le collaborazioni rappresentano il sale del percorso esistenzialedi Manu Chao, battitore libero e singolare ma sempre al servizio di qualche buon collettivo o semplicemente in duo. In Viva Tu propone Tu Te Vas cantata in coppia con Laeti, la rapper francese, figlia di genitori sbarcati Guadalupe e Algeria. Con il 91enne cantautore americano, il leggendario Willie Nelson, invece trasforma Heaven’Bad Day in un gioiello di “country gallico”. Dal mare di Vecinos En El Mar e Coração No Mar fino alla terra di Tanta Tierra, Manu Chao invita all’impegno, all’attivismo solidale e umanitario come unica risposta possibile alle guerre e ai soprusi dei potenti. «Si yo fuera Maradona saldría en Mondovision pa' gritarles a la Fifa que ellos son el gran ladrón », canta in Si yo fuera Maradona. E Manu Chao è un po’ il Maradona del cantar leggero che con profonda leggerezza si pone dalla parte degli ultimi per gridare a quelli che ci governano che, spesso, sono loro i veri ladroni che stanno crocifiggendo l’umanità. Ascoltare la sua voce, per padri e figli che accorrono fedelissimi ai suoi concerti, è un impegno e lo fanno consapevoli che alla fine di ogni incontro resteranno ammaliati da Manu Chao. Stretti in un unico abbraccio il suo pubblico ricambia di cuore per le emozioni e le idee forti che arrivano dal palco e ora da Viva tu, e in coro mandano a dire all’amato Manu Chao: « Me gustas tu».