domenica 21 novembre 2021
4000 anni fa il riscaldamento globale cambiò l'habitat così rapidamente da cancellare le fonti di alimentazione dei mastodonti, che non fecero in tempo a spostarsi altrove. La ricerca di Cambridge
Ricostruzione di Mammuthus primigenus al Royal British Columbia Museum, Victoria (Canada)

Ricostruzione di Mammuthus primigenus al Royal British Columbia Museum, Victoria (Canada) - WikiCommons CC by 1.0

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Con le loro lunghe zanne ricurve, il denso vello che ne ricopriva il corpo e una lunga proboscide che li rendeva strettamente legati agli odierni elefanti, i mammut sono certamente tra i più iconici animali estinti. Eppure ancora 3.500-4.000 anni or sono vagavano nelle immense praterie nel nord del Pianeta ed erano comparsi sulla Terra circa 4,8 milioni di anni or sono. Scomparvero quasi improvvisamente e a oggi sembrava non esserci ancora una risposta precisa alla causa prima. Molti ricercatori credevano che il motivo principale fosse da ricercare nella caccia da parte dell’uomo, affinatasi sempre più nel corso del tempo. La carne del mammut, così come la lana e altre parti dell’animale, facevano gola all’uomo, il quale certamente non si lasciava sfuggire occasione per catturarne uno e ucciderlo. Altri ricercatori tuttavia, ipotizzavano che la scomparsa fosse legata alla mancanza di un adattamento ai mutamenti climatici avvenuti dopo l’ultima glaciazione.

Ora, una nuova ricerca, sembra mettere fine alla diatriba. Stando a uno studio condotto da Eske Willerslev del St John’s College dell’Università di Cambridge, la prima ipotesi è decisamente da scartare. L’uomo centrò ben poco nel causare l’estinzione dei mammut, al più ne fu una concausa di pochissimo valore. Fu il cambiamento climatico allora in corso, invece, a essere la causa prima e fondamentale dell’estinzione.

A tale conclusione i ricercatori sono giunti utilizzando tecniche di “sequenziamento del DNA ambientale” che vuol dire analizzare materiale di animali non necessariamente presi da denti o da ossa di individui come si fa solitamente, ma da materiale da loro scartato, come urina e feci o di altre parti, come ad esempio la pelle. Il materiale preso in esame è stato preso oculatamente da individui che vissero nell’area dell’Artico.

«Analizzando tale DNA – spiega Willerslev – siamo giunti alla conclusione che fu il cambiamento climatico la causa principale della loro scomparsa, anzi, per essere più precisi, fu la velocità del cambiamento climatico stesso a portare l’ultimo chiodo della bara». In altre parole, i mammut lanosi non furono in grado in alcun modo di adattarsi al cambiamento climatico in corso perché tutto avvenne troppo velocemente.

Il riscaldamento globale fu così rapido da trasformare l’ambiente dove vivevano i mammut e ridurre le scorte di cibo disponibili. Il riscaldamento globale infatti, fece sì che piante e alberi tipici delle zone umide presero il sopravvento e sostituirono i classici habitat delle praterie dove i mammut lanosi si erano adattati per milioni di anni assumendo dimensioni enormi. I mammut erano riusciti a sopravvivere a precedenti variazioni climatiche con glaciazioni e ritorni a temperature più elevate grazie al fatto che queste si erano verificate in tempi lunghissimi, sufficienti per permettere ai mammut di spostarsi di latitudine per trovare nuovi ambienti adatti alla sopravvivenza. Ma l’ultima deglaciazione si è verificata in tempi troppo veloci per spostarsi e quando il riscaldamento atmosferico cominciò a farsi sentire, praticamente per loro non ci fu speranza. Il mutamento del clima portò a un aumento delle precipitazioni e le praterie diminuirono a scapito di grandi laghi, immensi corsi d’acqua e lo sviluppo di sconfinate foreste. Ai loro enormi bisogni per sfamarsi non ci fu sufficiente vegetazione.

Interessante è il fatto che piccole sacche di mammut lanosi sopravvissero su alcune piccole isole della Siberia e dell’Alaska (sull’isola di Wrangel e sull’isola di St. Paul), cosa accertata da diversi studi, così come in altri luoghi. Sopravvissero là dove la vegetazione rimase più adatta alla loro sopravvivenza. Ma alla fine anche questi dovettero soccombere.

Ora c’è chi vuole riportarli in vita, in quanto si è riusciti a estrarre il DNA di mammut che potrebbe essere immesso in un elefante dando vita a un ibrido elefante-mammut, molto più vicino a quest’ultimo. Non tutti gli scienziati sono d’accordo però, perché si potrebbe dare vita a mammut che finirebbero in zoo piuttosto che nelle grandi praterie a loro più consone e in un momento come questo, di riscaldamento globale ancora più veloce di quello che causò la loro estinzione, potrebbe creare loro solo sofferenza.


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