L’incontro di preghiera per la pace tra le religioni ad Assisi, 1986: il Metropolita Filarete di Minsk abbraccia papa Giovanni Paolo II con, accanto, il Dalai Lama - Siciliani
Le religioni di tutto il mondo unite per la pace: è uscito in libreria Edb Le parole per la pace. 1987-2023 (pagine 308, euro 21,50), la raccolta degli interventi che Andrea Riccardi ha tenuto negli anni durante gli incontri di Preghiera per la Pace organizzati dalla Comunità di Sant’Egidio. È il 1986 quando Giovanni Paolo II riunisce ad Assisi i rappresentanti di varie religioni per una grande giornata di Preghiera per la Pace, auspicando la trasmissione di un messaggio universale di pace nello spirito di Assisi. A partire dall’anno seguente, attraversando varie regioni del mondo, la Comunità di Sant’Egidio inizia a diffondere quello «spirito» con annuali incontri internazionali di preghiera coinvolgendo leader religiosi e personalità del mondo della cultura e delle istituzioni insieme a persone di buona volontà. Le parole per la pace raccoglie gli interventi del fondatore della Comunità Andrea Riccardi, a partire dal primo incontro del 1987: «L’incontro di oggi si colloca nella corrente di Assisi: è nato su sollecitazione di tanti amici, cristiani e di altre religioni, che hanno espresso il desiderio di ricordare l’evento di Assisi, di riprendere quel discorso, di incontrarci per ribadire la scelta di pace che abbiamo fatto. Assisi è un impegno a disarmare i cuori dalle radici della guerra».
Questo libro, Le parole della pace, testimonia il lungo cammino che si snoda dall’Incontro interreligioso per la pace di Assisi del 1986, voluto da san Giovanni Paolo II, fino ai nostri giorni. Attraverso la raccolta dei testi di Andrea Riccardi, pronunciati nel quadro di quegli Incontri annuali, si avvertono i problemi del momento, le minacce di guerra e le attese di pace. Emergono pure le energie e le speranze suscitate dal dialogo tra le religioni e tra i credenti. Sono quei sentimenti che ci aiutano sempre a non disperare che la pace sia possibile.
L’intuizione di papa Wojtyla, che convocò le religioni ad Assisi a pregare le une accanto alle altre e non più le une contro le altre, fu audace. C’era ancora la guerra fredda e i tempi sembravano minacciosi. Le religioni potevano rappresentare da una parte risorse di pace ma, dall’altra, alimentare o sacralizzare i conflitti. L’evento di Assisi stupì il mondo per la sua novità. Chi ha vissuto quel 27 ottobre ad Assisi sa che fu percepito, anche lontano, come un fatto storico dalla gente. Non mancarono però polemiche come spesso di fronte ai fatti storici. Il problema era come continuare quel cammino dopo il grande evento di Assisi. Giovanni Paolo II aveva detto al termine dell’incontro: «Non c’è pace senza volontà indomita per raggiungere la pace. La pace attende i suoi profeti» (Giovanni Paolo II, Assisi, 27 ottobre 1986). Assisi «non poteva e non doveva restare un evento isolato» come dissi io stesso, ricevendo i leader religiosi a Roma al termine dell’Incontro Internazionale per la Pace il 30 settembre 2013: «Voi avete continuato tale cammino e ne avete accresciuto lo slancio, coinvolgendo nel dialogo significative personalità di tutte le religioni ed esponenti laici e umanisti. Proprio in questi mesi, sentiamo che il mondo ha bisogno dello “spirito” che ha animato quello storico incontro. Perché? Perché ha tanto bisogno di pace. No! Non possiamo mai rassegnarci di fronte al dolore di interi popoli, ostaggio della guerra, della miseria, dello sfruttamento. Il cammino di Assisi, negli anni successivi al 1986, è stato un atto di fiducia nella preghiera e nel dialogo per la pace».
Questo cammino ha raccolto personalità diverse da un punto di vista religioso; ha pellegrinato in luoghi differenti del mondo. Prima due volte a Roma, a Trastevere, poi a Varsavia nel 1989, quando il Muro stava per cadere o a Bucarest. Nel 1998, aprendo la strada al primo viaggio apostolico di un papa, Giovanni Paolo II, in un paese ortodosso. Lo «spirito di Assisi» nella pratica del dialogo e dell’amicizia, ha formato uomini e donne di pace provenienti da religioni diverse, lontane o ostili da secoli. La via seguita «ogni anno ci suggerisce la strada: “il coraggio del dialogo”»: I leader religiosi sono chiamati ad essere veri «dialoganti», ad agire nella costruzione della pace non come intermediari, ma come autentici mediatori… Ciascuno di noi è chiamato ad essere un artigiano di pace, unendo e non dividendo, estinguendo l’odio e non conservandolo, aprendo le vie del dialogo e non innalzando nuovi muri! Dialogare, incontrarci per instaurare nel mondo la cultura del dialogo, la cultura dell’incontro. Lungo questa strada, i mondi religiosi si sono avvicinati. Se pure persistono aree e situazioni di fondamentalismo che preoccupano, nel XXI secolo è avvenuto un cambiamento profondo nel rapporto tra i credenti delle diverse Religioni, che hanno cominciato a considerare il dialogo come decisivo. Penso, in particolare al Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, che ho firmato con il Grande Imam di Al Azhar, Ahmad Al-Tayyeb nel 2019. Tuttavia oggi c’è bisogno di più dialogo. Proprio in questo periodo, con tanti conflitti aperti e minacce di guerre, ci rendiamo conto che «il mondo soffoca senza dialogo» (papa Francesco, 15 giugno 2014). C’è bisogno di un dialogo aperto, franco e costante.
Le Religioni sanno che «dialogo e preghiera crescono o deperiscono insieme. La relazione dell’uomo con Dio è la scuola e l’alimento del dialogo con gli uomini» (papa Francesco, 30 settembre 2013). Per questo, nel cammino intrapreso nello spirito di Assisi, con l’impulso della Comunità di Sant’Egidio, la preghiera è stata sempre una dimensione centrale. Crediamo infatti nella forza umile e mite della preghiera. Dopo il 1989, il mondo si è globalizzato, unificandosi in tanti aspetti, come finanza e commercio, comunicazioni. Tuttavia è rimasto ancora profondamente diviso. La divisione è stata nutrita da uno spirito di sospetto che ha fatto non solo conservare, ma aumentare i dispositivi militari. È l’idolatria della forza armata: A partire dallo sviluppo delle armi nucleari, chimiche e biologiche, e delle enormi e crescenti possibilità offerte dalle nuove tecnologie, si è dato alla guerra un potere distruttivo incontrollabile… In verità, mai l’umanità ha avuto tanto potere su sé stessa e niente garantisce che lo utilizzerà bene (Fratelli Tutti). Scrive in queste pagine giustamente Andrea Riccardi: «Siamo in un tempo in cui troppi possono fare la guerra, avendo a disposizioni terribili armamenti».
Ma non siamo paralizzati dalla paura, pur essendo preoccupati. Non ci rassegniamo al dominio della forza e della prepotenza. Non rinunciamo al dialogo, lasciando che lo spirito di odio e di guerra invada i mondi religiosi e gli animi dei credenti. Non torniamo indietro nel cammino ecumenico e interreligioso di tanti anni, come vorrebbe lo spirito della divisione e del male! «Le Religioni non possono essere utilizzate per la guerra. Solo la pace è santa e nessuno usi il nome di Dio per benedire il terrore e la violenza», ho detto partecipando a uno di questi Incontri (papa Francesco, Roma 25 ottobre 2022). Questa è una consapevolezza acquisita nel cammino di dialogo, amicizia e preghiera: che la pace è santa e il nome di Dio non può essere utilizzato per combattere o terrorizzare! Tale consapevolezza è diffusa e radicata nel popolo dei semplici credenti che vogliono la pace. La loro preghiera e quella di quanti soffrono per la guerra sostiene il dialogo. Così, formati dall’amicizia di tanti anni, i credenti e, in particolare i leader e i responsabili religiosi, costituiscono «una rete di pace che protegge il mondo e soprattutto i più deboli» (papa Francesco, 30 settembre 2013). Questo libro segue i momenti costruttivi di questa rete. Per questo ripeto quanto dissi, partecipando a uno degli Incontri nello spirito di Assisi, promosso da Sant’Egidio, di fronte al Colosseo: «Se vedete attorno a noi le guerre, non vi rassegnate! I popoli desiderano la pace!».