Si fa presto a dire “il nuovo disco di Paolo Fresu”. Già, perché quando c’è di mezzo lui anche i fan più fedeli non sanno mai cosa aspettarsi. È infatti da oltre trent’anni che l’artista sardo si muove in assoluta libertà tra i confini sempre più labili e indefiniti dell’universo musicale. La sua tromba è un vero e proprio “strumento”, nel senso etimologico del termine: un “mezzo” che gli permette di “costruire”, creare contatti e inaugurare ponti tra generi e linguaggi differenti, per esprimersi e comunicare, per aprire nuovi sentieri e ritornare su quelli già battuti. E le sorprese non mancano neppure all’ascolto del nuovo progetto pubblicato dalla sua etichetta discografica Tûk Music, intitolato Altissima Luce e dedicato a una rivisitazione originale e molto suggestiva di alcuni brani del Laudario di Cortona; vale a dire di una delle più importanti testimonianze dell’espressione musicale e letteraria italiana, sacra e popolare, risalente al XIII secolo. Un progetto ambizioso e complesso, estremamente affascinante, che Fresu ha condiviso con il fedele compagno di viaggio Daniele Di Bonaventura (virtuoso del bandoneon e autore di parte degli arrangiamenti del disco), con la partecipazione di Marco Bardoscia al contrabbasso, di Michele Rabbia alle percussioni e all’elettronica, dell’Orchestra da camera di Perugia e delle voci femminili dell’ensemble Armoniosoincanto dirette da Franco Radicchia.
Fresu, qual è il contraccolpo che si prova ascoltando queste musiche?
Si ha l’impressione che siano scolpite nella nostra memoria. Per questo hanno una forza incredibile che è insita in una semplicità melodica e in un’immediatezza espressiva derivate dal loro carattere popolare, oltre che da una forte identità mistica e spirituale. La data di uscita del disco a ridosso delle festività pasquali non è poi per nulla casuale e intende sottolineare proprio la centralità della dimensione sacra di questo repertorio, che trova un alveo naturale nel carattere meditativo e riflessivo del tempo di Quaresima.
E qual è la loro l’attualità?
I brani del Laudario di Cortona nascono da una forte devozione verso le fi- gure di Gesù, della Madonna, ma anche dei Santi, e in particolare di San Francesco, con la sua dedizione ai poveri e agli emarginati. Il loro è un messaggio molto forte che acquista un significato estremamente attuale ancora oggi, in un’epoca in cui si vive una forte crisi di identità, nei rapporti con il prossimo, ma soprattutto nei valori di fratellanza e tolleranza, come ogni giorno ci ricordano i fatti di cronaca. Sia nei testi che nelle melodie, in questi canti si percepisce una spiritualità autentica, diretta e scevra da ornamenti, in quanto espressione diretta dell’uomo e della sua fede. Per questo laude come Ave, Regina gloriosa, Troppo perde ’l tempo ki ben non t’ama o Sïa laudato San Francesco (a cui abbiamo dedicato anche un video realizzato da Augusto Murgia e pubblicato sul mio canale YouTube) toccano il cuore e colpiscono immediatamente e indistintamente tutti.
Da dove è nato il vostro lavoro di arrangiamento e di ri-creazione del Laudario?
Amiamo profondamente questi brani e ne abbiamo rispettato intimamente il contenuto, cercando al tempo stesso di farlo diventare nostro e di respirarlo con la nostra idea di musica e di suono. Non abbiamo infatti alterato le linee melodiche, ma le abbiamo piuttosto ampliate e fatte lievitare prima con la scrittura e in seguito con la libera improvvisazione, con un piede nella tradizione e l’altro nella contemporaneità. Non si può scegliere di arrangiare un pezzo perché lo si ama, per poi massacrarlo facendolo diventare irriconoscibile. Sia nei brani in duo che in quelli con l’orchestra o con il quartetto jazz bisogna sempre ricordare da dove si è partiti; che si tratti di laude medievali o di canzoni di oggi, cambia poco...
Qual è la reazione del pubblico quando eseguite questo repertorio dal vivo?
Direi che è stata proprio la risposta del pubblico a convincerci del valore di questo progetto e a persuaderci poi di portarlo in sala d’incisione. La reazione è sempre la stessa, unanime; un’emozione palpabile, fino alla commozione, con quel silenzio così... assordante, come se si stesse partecipando a un rito religioso e si risvegliasse qualcosa di atavico, che risuona dentro ogni persona proprio perché patrimonio condiviso. E questo è accaduto sin dal primo concerto, l’8 luglio 2016 nella Basilica di San Pietro a Perugia (in occasione del festival Umbria Jazz) e poi via via in luoghi sempre molto affascinanti e ricchi di significato come la Basilica di San Francesco ad Assisi, il complesso templare di San Bevignate, le Chiese di Sant’Ignazio di Loyola a Roma e di San Filippo Neri a Torino, il Duomo di Terni, la Cattedrale di Alghero e perfino nel Pirelli HangarBicocca di Milano, sullo sfondo dell’installazione dei Sette Palazzi Celesti di Kiefer; e poi ovviamente a “casa”, a Cortona, dove ritornerò con le laude di Altissima Luce stasera, con un concerto in duo con Daniele Di Bonaventura al Teatro Signorelli.
A proposito di esibizioni dal vivo, quest’estate sarà il protagonista assoluto del Festival nel suo paese natale, Berchidda...
“Time in Jazz” è ormai un appuntamento fisso, da 32 anni. Quest’anno, dal 7 al 16 agosto, è prevista la consueta sfilata di grandi artisti, da Nils Petter Molvær e Omar Sosa a Gegè Munari e Danilo Rea, ma non solo. Più che di un semplice festival musicale si tratta infatti di un vero e proprio laboratorio culturale, dove grande spazio verrà dedicato anche a letteratura, cinema, arte figurativa contemporanea, fotografia e tematiche importanti come quella della sostenibilità ambientale. Apriremo con lo spettacolo teatrale Tempo di Chet – con le scenografie originali, tutti gli attori e la musica dal vivo – e per la grande festa del 15 agosto è previsto un doppio concerto nella stessa serata: nella prima parte salirà sul palco Ornella Vanoni e nella seconda l’Orchestra Mirko Casadei ci aprirà al mondo delle contaminazioni sul tema del ballo popolare. Ma una novità di cui vado particolarmente orgoglioso riguarda lo spazio speciale “Time to Children” e i percorsi musicali dedicati ai bambini, che fanno parte di un progetto più ampio – “Il Jazz va a scuola” – con cui stiamo promuovendo l’approccio alla musica improvvisata partendo dagli asili nido e dalle scuole per l’infanzia per salire sempre più su. D’altronde il pubblico di riferimento del Festival spazia dagli zero ai 120 anni, perché la grande musica non ha tempo. Proprio come ci insegna il Laudario di Cortona...