L'abbiamo sempre conosciuto come Lawrence d’Arabia. Ma forse sarebbe più giusto chiamarlo Lawrence di Giudea. Perché – a differenza dell’immagine che fino ad ora è circolata su di lui, sancita anche dal celebre film del 1962 di David Lean – il tenente colonnello Thomas Edward Lawrence era un sostenitore del sionismo. A dare questa nuova lettura sul leggendario avventuriero inglese che durante la Prima Guerra mondiale combatté insieme agli arabi contro i turchi è sir Martin Gilbert, uno dei più autorevoli storici britannici nonché maggiore biografo di Winston Churchill. E proprio dagli archivi dello statista inglese escono i documenti sulla base dei quali Gilbert ha pubblicato recentemente sulla rivista israeliana "Azure" un articolo intitolato – appunto – «Lawrence di Giudea».Gli archivi di Churchill sono una fonte importante per ricostruire il profilo di Lawrence: dal gennaio 1921, infatti, il futuro primo ministro divenne segretario alle Colonie e in quel ruolo e in quel periodo fu l’uomo chiave di Londra nella gestione del Mandato britannico sulla Palestina. Per quel compito Churchill volle accanto a sé proprio Lawrence come suo consigliere per gli affari arabi. Già nel 1909, però, il futuro avventuriero d’Arabia aveva le idee molto chiare sul ritorno degli ebrei in Terra Santa. «La Galilea – si legge in una sua lettera scritta da Tiberiade – era la più romanizzata tra le province della Palestina. Anche la campagna era ben popolata e irrigata artificialmente: non c’erano venti miglia di cardi dietro a Cafarnao e sulla strada intorno al lago non si incontravano».Forte di queste convinzioni – ricostruisce Gilbert – subito dopo la fine della Prima Guerra mondiale, tra il dicembre 1918 e il gennaio 1919, Lawrence fu il regista di una serie di incontri tra Feisal – il figlio di Sharif Hussein, il re dell’Hedjaz al servizio del quale l’inglese aveva combattuto i turchi – e il leader sionista Chaim Weizmann. Questi rassicurò l’arabo che i sionisti in Palestina avrebbero intrapreso «una serie di opere pubbliche di vesta portata» e che il Paese ne avrebbe beneficiato a tal punto «che ci sarebbe stato posto per quattro o cinque milioni di ebrei senza intaccare i diritti dei contadini palestinesi». Feisal – da parte sua – disse che «non aveva pensato nemmeno per un momento che ci fosse un problema di scarsità di terra in Palestina». Lawrence poteva così annotare soddisfatto che «le linee della politica araba e sionista sono destinate a convergere in un futuro non poi così lontano».Ancora più esplicito sarebbe stato in un articolo scritto nel 1920 sulla rivista "Round Table": «Il successo dei sionisti – annotò in quell’ocasione Lawrence – comporterà inevitabilmente la crescita del benessere materiale dell’attuale popolazione araba, che raggiungerà lo stesso livello dei sionisti, solo con un po’ di ritardo. Le conseguenze di questo fatto saranno di grandissima importanza per il futuro del mondo arabo. Il sionismo potrebbe benissimo diventare una fonte di sostegno tecnico capace di renderli indipendenti dall’Europa industrializzata, e nel caso nascesse una nuova confederazione tra loro potrebbe persino diventare una potenza mondiale formidabile».Che queste tesi fossero tutt’altro che sconosciute ai suoi contemporanei lo dimostra un altro fatto ricordato da Gilbert: quando nel 1920 completò il suo libro di memorie
Seven Pillars of Wisdom, da cui sarebbe poi nato il suo mito, Lawrence scrisse a Rudyard Kipling, chiedendogli se volesse leggere il manoscritto. Questi gli risposte che lo avrebbe fatto volentieri, ma che se poi vi avesse trovato tesi a sostegno degli ebrei glielo avrebbe rimandato indietro senza neppure toccarlo.Il vertice del suo impegno a favore del sionismo Lawrence lo raggiunse nel marzo 1921, quando alla Conferenza del Cairo, al fianco di Churchill, spese tutta la sua autorevolezza di conoscitore del mondo arabo per far passare l’idea che – creando un regno di Transgiordania al di là del fiume Giordano (l’attuale Giordania) – la Palestina Occidentale (cioè l’intera regione compresa tra il fiume e il Mare Mediterraneo) poteva diventare la sede del «Focolare nazionale ebraico» di cui parlava la famosa "Dichiarazione Balfour" del 1917. In forza di questa idea i britannici assegnarono a Feisal il regno dell’Iraq e a suo fratello Abdallah il trono della Transgiordania. «Nel giro di quattro o cinque anni – avrebbe suggerito in quell’occasione Lawrence a Churchill – influenzata da una politica giusta, l’opposizione araba al sionismo diminuirà, ammesso che non scompaia del tutto».«Lawrence – è la conclusione dell’articolo di Martin Gilbert – morì nel maggio del 1935, a soli 47 anni, per le ferite mortali riportate in un incidente motociclistico avvenuto vicino al suo cottage di Dorset. I traguardi conseguiti nella sua breve vita gli hanno assicurato un posto nel pantheon della moderna storiografia araba. Forse sarebbe ora che anche la moderna storiografia ebraica gli rendesse omaggio».