La Nazionale brasiliana che vinse i Mondiali del 1970, considerata la più forte di tutti i tempi - undefined
Se parliamo di calcio il “verdeoro” è un colore speciale. Rimanda subito all’allegria di un popolo nel pallone. Tutto ciò che di fantasioso si può immaginare prendendo a calci una palla viene dal Brasile. È la patria di questo sport, checché ne pensano gli inglesi. Perché se è vero che le origini moderne del gioco sono Oltremanica, i maestri del “football” hanno i piedi brasiliani. Non è un caso del resto se la nazionale più titolata nel campionato mondiale è quella verdeoro, vincitrice per ben 5 volte (1958, 1962, 1970, 1994, 2002. L’unica ad aver preso parte a tutte le edizioni. Hanno indossato questa maglia, giocatori leggendari, da Pelè, il più grande di tutti, a Zico, da Garrincha a Ronaldo, da Romario a Ronaldinho. Sono solo alcuni funamboli del pallone ma la lista sarebbe molto più lunga. Mentre è ben più corta quella dei commissari tecnici non brasiliani che hanno avuto il privilegio di sedersi sulla panchina della Seleção. Il prossimo sarà il nostro “Re Carlo”, Ancelotti, che guiderà la nazionale brasiliana dalla Coppa America del 2024.
Prima di lui sono stati appena tre gli allenatori stranieri in quasi 110 anni di storia. Il primo in assoluto fu nel 1925 l’uruguayano Ramon Platero. Dopo aver condotto la sua nazionale al trionfo nel 2017 del Campionato sudamericano (poi Coppa America), Platero assunse la guida del Brasile nel 1925 alla stessa rassegna: chiuse al secondo posto dietro l’Argentina. La sua esperienza durò appena quattro incontri ma il tecnico noto per aver rivoluzionato la preparazione fisica dei giocatori lasciò buoni ricordi anche nelle squadre brasiliane che aveva allenato come Fluminense e Vasco da Gama. Due amichevoli soltanto furono quelle dirette nel 1944 dal portoghese Joreca, ma in coppia col brasiliano Flavio Costa (il tecnico del Maracanazo (la celebre sconfitta nella finale mondiale con l’Uruguay al Maracanà di Rio, in seguito alla quale il Brasile decise di cambiare anche i colori della divisa, da bianca col colletto blu a quella attuale giallo verde).
L’ultimo straniero a guidare i brasiliani risale invece addirittura al 1965, una partita appena. Si tratta di Filpo Núñez, argentino di Buenos Aires naturalizzato brasiliano. Legò il suo nome soprattutto al Palmeiras e al suo gioco offensivo, conosciuto come la “giostra”. Lui stesso diceva che il suo schema era il “pim, pam, pum, goal”. La sua squadra poteva anche subire fino a cinque gol, ma doveva creare le condizioni per segnarne sette. Istrionico, ma pare anche molto religioso: portava sempre con sé un’immagine in legno del Bambino Gesù di Praga. Fu soprattutto un grande motivatore. Morì in povertà nella favela Heliòpolis di San Paolo: oggi un centro sportivo porta il suo nome, in omaggio anche al suo sogno di dare ai bambini poveri un luogo adeguato per allenarsi.
Ma certo nessuno ha il curriculum di Ancelotti, che dopo aver vinto tutto in Europa proverà a unire la sua concretezza vincente al futbol bailado dei verdeoro. Nel suo staff secondo la Gazzetta ci sarà anche un suo ex giocatore che in campo faceva magie: Kakà. Sulla carta il binomio perfetto per ridare il sorriso a una Nazionale che ha urgente bisogno di ritrovarlo.