domenica 31 maggio 2009
Compie 50 anni «Tutto il calcio», il programma-leggenda immaginato da Guglielmo Moretti in vista delle Olimpiadi di Roma 1960, fortemente voluto da Sergio Zavoli, condotto «in smoking» da Roberto Bortoluzzi.Una trasmissione che ha insegnato agli italiani a «vedere» il pallone prima della tivù e senza il satellite.
COMMENTA E CONDIVIDI
Cantava Lucio Dalla: «Sembra solo ieri che la domenica ci si chiudeva in casa con la radio, vedevamo le partite contro il muro non allo stadio…». La canzone era Tempo: e ne è passato di tempo da quelle prime domeniche in cui le famiglie italiane, dopo il pranzo con i parenti, finite le paste che puntualmente portava il cugino o lo zio di turno, si trasferivano in salotto: tutti assiepati, come sugli spalti, davanti alla radio, per il grande rito laico del pallone. Sulle frequenze della Rai, cinquant’anni fa (1959), cominciavano le prime trasmissioni sperimentali di Tutto il calcio minuto per minuto. Ci vorrebbe una rovesciata spettacolare – come quella di Parola stampata sulle bustine delle Panini – a ritroso nel secolo scorso, per immaginare l’emozione provata da quei tifosi che, in una domenica pomeriggio di fine campionato come questa, si sintonizzarono sui secondi tempi di quattro selezionatissime partite di serie A, più una di B. Un’idea geniale che scaturì dalle menti assolutamente futuriste di Guglielmo Moretti, Roberto Bortoluzzi – che poi divenne il conduttore della trasmissione per 28 anni – e Sergio Zavoli. «Il vero padre fondatore di Tutto il calcio… è stato Moretti, che aveva sentito una trasmissione analoga sul rugby in Francia e pensò bene di importarla con i dovuti accorgimenti. Ma una spinta fondamentale la diede Zavoli, il quale capì che alla vigilia delle Olimpiadi di Roma ’60 la Rai doveva compiere un salto di qualità riguardo ai servizi sportivi», ricorda Alfredo Provenzali, una delle voci storiche e attuale conduttore insieme a Filippo Corsini. Dopo i Giochi di Roma e le accurate sperimentazioni del ’59, il primo fischio d’inizio radiofonico è datato domenica 10 gennaio 1960. Da quel momento, tutto quello che un italiano medio con borsello appeso alla spalla destra e apparecchio antennato tra le mani doveva sapere sulla domenica calcistica lo apprendeva da quelle frequenze. Roberto Bortoluzzi, elegante, in perfetto aplomb, quasi in smoking nello studio, entrava discreto con il suo timbro inconfondibile nelle case e con un veloce giro da tutti i campi chiedeva i parziali ai suoi inviati, dando sempre la precedenza alla prima voce: alle origini the voice, Nando Martellini, un altro «alto diplomatico» prestato allo sport e a Tutto il calcio… fino al ’67, prima del passaggio finale alla telecronaca e al suo leggendario, appassionato, ma sempre impeccabile, «Campioni del mondo! Campioni del mondo! Campioni del mondo!» al Mundial dell’82. Ma quella era già tv e persino a colori. Invece occorre tornare alle domeniche in bianco e nero degli ascoltatori indefessi del calcio «visto alla radio». Novanta minuti di culto, più i commenti a fine gara, rapidi, sobri. Un cerimoniale sempre uguale a se stesso eppure imprevedibile, come può esserlo la magica incognita di un gol. Una formazione di radiocronisti tutta italica (tranne l’egiziano Samir Fayad corrispondente da Palermo) in rappresentanza di ogni singolo campanile, localizzato nello stadio di turno e nella cabina dell’inviato, nella quale nell’88 per la prima volta fece il suo ingresso anche una donna, Nicoletta Grifoni: concessione generosa del teatro radiofonico calcistico che da sempre considera la partita esclusivamente «maschia». La legge che in campo dettarono «i gemelli del gol», a Tutto il calcio... venne tracciata dal tandem epico e sonoro, Enrico Ameri e Sandro Ciotti. Il grande ponte­radio Ameri-Ciotti proseguiva la tradizione dei pionieri della radiocronaca, originata dal duo acerrimo e sublime Nicolò Carosio e Mario Ferretti. Dei due maestri, quasi identici per timbro, Ameri e Ciotti ereditarono quello che il figlio d’arte Claudio Ferretti (in passato terza voce di Tutto il calcio…) chiama il «tono littorio», trasferito via etere a quasi tutti gli esponenti delle generazioni successive dei radiocronisti. Ma soprattutto, come Carosio e Ferretti senior, Ameri e Ciotti furono «avversari» fino all’ultimo collegamento. «In parte questa strenua competizione tra Enrico e Sandro, non fece che aumentare la loro popolarità e indirettamente accrebbe oltre alla qualità, anche il successo della trasmissione», sottolinea Riccardo Cucchi, splendida prima voce attuale che, con Bruno Gentili (ora in tv a Stadio Sprint) ha composto l’ultimo «duo» dell’era post Ameri-Ciotti. Un successo e un seguito massiccio di pubblico che comunque non si è mai interrotto, nonostante le dure entrate a gamba tesa della televisione, con tutte le sue evoluzioni commerciali fino al digitale terrestre e la grande Rete di Internet. «Alla metà degli anni ’80 Tutto il calcio… toccò picchi massimi di oltre 20 milioni di ascoltatori. Oggi ci manteniamo su dati di ascolto pari a quelli della televisiva 90° Minuto (quindi diversi milioni). Il calo è fisiologico ed è dovuto alla concorrenza spesso 'sleale' di radio private che – a differenza dei network nazionali – non si attengono al rispetto delle norme della Lega Calcio sui diritti di trasmissione (3 minuti di intervento in diretta ogni quarto d’ora della gara)». Ma nonostante le nefandezze degli innumerevoli pirati satellitari, Tutto il calcio… resta un baluardo, perché le sue radici nobili e solide sono quelle della radio: «Il mezzo radiofonico permette di far lavorare ancora la fantasia. Se un milione di persone ascoltano la stessa partita dalla nostra trasmissione, state sicuri che è come se vedessero un milione di partite differenti. Cosa che la televisione nella sua fredda globalizzazione non consente», spiega Provenzali. Sull’argomento chiede la linea Cucchi: «C’è un rapporto intimo e personale tra la radio e il suo pubblico. Una relazione di profonda credibilità: l’ascoltatore è convinto da sempre che quello che dice la radio sia “il vero”. Da qui si spiega come nel tempo abbiamo mantenuto il nostro zoccolo duro di pubblico, composto per lo più dalla generazione dei 50-60enni. Ma ci sono anche tanti ragazzi che sanno molto di noi e che, oltre a seguirci puntualmente e con attenzione, vedono la figura del radiocronista come una delle professioni più affascinanti da intraprendere». Dallo studio però, Provenzali ci tiene a mettere in guardia le future generazioni: «Chi rimane qui alla radio, sappia che viene visto come un “poveraccio” – sorride ironico –. Si guadagna meno che in tv e non si avrà mai la visibilità del telecronista. Anche se io sono felice di essere rimasto soltanto una voce». Meno soldi dei telecronisti, zero visibilità... Nell’era della teledipendenza, il fascino discreto della radio e il seguito costante di Tutto il calcio… alla fine rimane un mistero. «Qui – interviene Cucchi – l’unico mistero che dobbiamo scoprire per il cinquantenario sarà: chi fu a pronunciare “Clamoroso al Cibali...”? Si tramanda che l’abbia detto Ciotti interrompendo Ameri per segnalare il gol del Catania all’Inter, ma il fatto non è stato mai provato». In attesa di svelare l’arcano, il primo e l’ultimo intervento di Tutto il calcio... spettano come da copione al conduttore Provenzali: «È dal 1966 che prima di cominciare il collegamento ripeto a me stesso: “Che Dio me la mandi mediocre”, perché forse chiedere di mandarmela buona sarebbe troppo… E poi chiudo con: “Grazie dell’ascolto gentili radioascoltatori, a risentirci a domenica prossima'».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: