L’attrice Teresa Mannino - © Giuseppe La Spada
«Ragazzi mi sentite? Ci siete?». «Professoressa, la vediamo ma non la sentiamo». «Ora mi sentite?». «Nooo». «Allora cominciamo la lezione… Non vi dovete demoralizzare, ragazzi: c’è sempre un lato positivo nelle cose. Per esempio, questa crisi di governo è un fatto eccezionale, perché è la prima volta che ci sarà una crisi di governo durante una pandemia. E noi saremo i protagonisti assoluti di questo momento eccezionale. Andremo a finire diretti nei libri di storia. Così l’anno prossimo vi dovete fare un capitolo in più…». Teresa Mannino è una professoressa in Dad, via Instagram. Sketch di pochi minuti, che fanno sorridere e riflettere su quella che l’attrice comica siciliana definisce una «follia totale », nonostante l’impegno straordinario da parte di professori e alunni. Lo ha visto in pieno lockdown con la figlia Giuditta, l’anno scorso in quinta elementare. «Non ho pensato subito a un personaggio, ma di mese in mese, la cosa mi ha sconvolto sempre di più – racconta Mannino –. Ho visto le difficoltà, la noia di trovarsi davanti a un computer. Ho visto la tenerezza con la quale si sono salutati i bimbi a fine anno. Senza potersi abbracciare alla fine di un ciclo. Eravamo in Sicilia in campagna, ricordo le lacrime, lo sforzo di rendere quel momento, anche a distanza, speciale. Poi l’anno è ripreso e ci siamo trovati punto e a capo». Il debutto in cattedra della Mannino nei giorni scorsi. L’alunna Giusi Cassata chiede: «Professoressa, ma lo sa che la Lombardia e la Sicilia sono in zona rossa?». «Sì, finalmente abbiamo raggiunto l’unità d’Italia. La Lombardia e la Sicilia sono una cosa uguale. Ci pensate? È un momento magico. Ragazzi, dobbiamo sempre guardare il lato positivo delle cose». Lombardia e Sicilia, le due case della Mannino. Palermitana legatissima alla sua città, ha inseguito il suo sogno fino a Milano. Quella città che le ha permesso di conquistare il pubblico dal palco di Zelig e con i suoi monologhi, da Sono nata il ventitré all’ultimo Sento la Terra girare, la Tv con Se stasera sono qui o il Checco Zalone show, il cinema. Per i suoi cinquant’anni Teresa Mannino, con i teatri «incredibilmente » chiusi, si è regalata un anno in Sicilia: in Dad e “Tad”, scuola e teatro a distanza. «Torno a casa», annunciava il 23 novembre, giorno del suo compleanno, in una camminata al mare, debuttando su Instagram (su Facebook ha da tempo il seguito di 500mila “amici”).
Professoressa, anche se in Dad, il teatro sale in… cattedra?
Lo considero un ritorno alle origini. Ho studiato filosofia, il mio lavoro avrebbe dovuto essere quello… Ora ho l’occasione di unire le due cose. Anche se farlo così, a distanza, senza contatto con gli alunni e il pubblico, mi sembra assurdo.
Cosa l’ha spinta a tornare in Sicilia?
La pandemia, il lockdown, ma anche l’aria.
L’aria?
Sì, quella che a Milano non è più la stessa. A un certo punto non riuscivo a parlare, a respirare. Ho cominciato ad avere seri problemi di asma. Il medico mi ha detto che ero reattiva all’inquinamento.
Proprio mentre era in teatro con Sento la Terra girare sui danni che stiamo creando al pianeta…
Sembrava un disegno del destino. Non si può pensare di vivere in un luogo dove uno degli elementi essenziali per la vita, l’aria, sia così cattivo. La pandemia ha fatto il resto. Ho preso la decisione di lasciare almeno per un po’ Milano, la città in cui ho trovato la libertà e mi sono realizzata.
Ed eccola a Palermo.
Una città da riscoprire. Perché sono diversa da quando l’ho lasciata. Alcune cose le vedo da milanese, con il fascino di una terra esotica. Altre cose le ritrovo e le amo di nuovo. All’inizio avevo paura: prima di andare via, a 27 anni, avevo vissuto anche la città violenta. Oggi non lo è o lo è in maniera diversa. Oggi assaporo il bello di questa terra meravigliosa. Resta un grande mistero perché qui non si possa creare lavoro e i giovani debbano continuare a dovere andare via.
Toccherà forse anche ai suoi alunni, Giusi, Macaluso… Chi sono?
Un segreto, non posso dirlo…
Certo, sono ragazzi, rispettiamo la privacy.
Assolutamente.
Prossima lezione?
Dirò che in piena crisi non ci facciano chiudere le scuole per votare. Se gentilmente si astengano da questa cosa. Altrimenti…
Che fa, sciopera?
Se necessario…
Torna ai tempi della Pantera all’università?
Sì, ma la rifaccio più agguerrita di prima. Allora conoscevo meno mondo di adesso. Ero rimba…
Quindi non la prende con filosofia.
Questa cosa di prenderla con filosofia non significa niente. La filosofia mi ha insegnato a essere analitica. Anche se poi c’è sempre qualcosa che sfugge…
Torniamo a teatro. Se dico Zelig, lei cosa dice?
Dico salvezza. Arrivata a Milano mi sentivo triste e sola. Zelig è stato il luogo dove ho incontrato i miei simili. Persone pronte a ridere, ad amare, a stare insieme. La mia prima famiglia milanese con cui condividere una passione folle.
Mago Forest, Claudio Bisio, Checco Zalone…
Esatto. Per Michele nutro un grandissimo affetto, è una persona che stimo, speciale, generosa. Nelle dieci settimane in cui abbiamo condotto Zelig insieme mi ha fatto ridere dalla mattina alla sera. Claudio lo guardavo come un tutor, l’uomo da cui imparare, per capire cosa fare per essere io. Checco è talento puro.
Lei ha fatto cinema, tv, ma a teatro è un’altra cosa…
È come la scuola. La classe in cui avrei potuto insegnare, dove si crea una relazione stretta con il pubblico e lo spettacolo è ogni giorno diverso. Perché c’è quello che si alza per andare in bagno proprio sul più bello, quello che tossisce, quello che arriva in ritardo. Una ricchezza che permette di improvvisare. E fa ridere il doppio. Per i professori e i ragazzi credo sia lo stesso. La scuola è fatta anche di palline buttate, di risatine sotto il banco, di zaini che sbattono. Quello che ti chiede di uscire, quello che ha lo sguardo perso alla finestra. Mentre si crea una comunità, si fa gruppo e si cresce.
Invece si è pensato di chiudere proprio scuola e teatri.
Esattamente, le due realtà dove si elabora un pensiero. Questo mi fa paura. La cultura e la scuola sono l’unico argine al degrado, umano e sociale. Senza la scuola è come se abbandonassimo i nostri figli. Ho vissuto con grande tristezza la tragica vicenda della bambina morta a 10 anni per una sfida sui social. È successo proprio dove vivo, qui a Palermo, nel quartiere si è sentito moltissimo. È un fatto che non può non scuoterci. Con questi bambini, con questi ragazzi non si può parlare attraverso un computer. Hanno bisogno di crescere insieme, con delle figure di riferimento, dei maestri.
Professoressa Mannino, lei lo ha avuto un maestro?
Ne ho avuto tanti. È stata questa la mia fortuna. Tanti maestri in momenti diversi…
Tempo fa ha realizzato un lavoro su Camilleri. Lui lo è stato per lei?
Nei due mesi che ho avuto la possibilità di stare in contatto con lui si è creata una relazione forte. Posso dire che mi ha portato da una parte all’altra. Dopo non sono stata la stessa di prima. Così è stato anche per incontri in università e a teatro. Ma il mio vero maestro è il pubblico. Ogni volta studio, imparo e cerco di migliorare.
Il lockdown è arrivato mentre era in tournée con Sento la Terra girare. Lei chiusa in un armadio per anni, si accorge del disastro ambientale. Quando si potrà, tornerà nell’armadio?
No, non ci torno più nell’armadio. L’ultimo spettacolo è stato il 25 febbraio: sono scesa dal palco del Manzoni a Milano alle 17 e alle 18 già si profilava un mondo diverso. Ricomincerò con un nuovo spettacolo. In questo momento, più di sempre, penso si debba stare per strada, informarsi, partecipare. Non è più possibile fare finta di niente.
Vuole fare politica? Si propone come ministra dell’Istruzione?
Non se ne parla proprio. Dovrei studiare sodo. Chi fa politica dovrebbe essere il migliore, il più generoso. Dovrebbe mettere a disposizione della comunità le proprie competenze e sacrificare se stesso per gli altri. Io potrei fare questo sacrificio, ma non ho le competenze. Si può fare “politica” anche in teatro. Appena li riaprono, mi organizzo. Intanto faccio la Dad.