«C’è stata un’epoca, che oggi consideriamo barbara, in cui l’eliminazione di chi era nato inadatto alla vita era considerata naturale, quindi è giunta la fase, attualmente in corso, in cui preservare ogni esistenza, anche del tutto priva di valore, è stato eretto a postulato morale più alto; verrà un’epoca nuova in cui, secondo un punto di vista morale più elevato, si smetteranno di mettere in pratica, a costo di pesanti sacrifici, i postulati richiesti da una concezione eccentrica dell’uomo e, molto semplicemente, da una sovrastima del valore dell’esistenza umana». Ancora: «Il nostro dovere di tedeschi sarà per molto tempo questo: raccogliere al massimo grado tutte le possibilità, liberare ogni energia produttrice disponibile a fini utili. La realizzazione di questo obiettivo è contrastata dagli sforzi moderni di tutelare il più possibile ogni specie di debole, tutti, anche coloro che, pur se non morti mentalmente, per ragioni organiche sono elementi di scarso valore». Quale fu una delle conseguenze di un programma simile, firmato nel 1922? Il programma Aktion T4, ovvero il piano di eutanasia di malati mentali, disabili, persone affette da malattie genetiche ed ereditarie messo in piedi dal nazismo in Germania e non solo. Nel centro di Hartheim, vicino a Linz, in Austria, nel 1945 gli americani scoprirono i casi di 70.273 'disinfezioni' effettuate in 6 centri predisposti per l’eliminazione fisica di questi malati su espresso ordine di Adolf Hitler. Ma la scelta del Führer di sbarazzarsi di handicappati fisici e mentali fu la decisione solitaria di un pazzo? Oppure fu la conseguenza di un clima culturale che ammorbava il Vecchio Continente da tempo, con il rifiuto, da parte di alcuni circoli culturali, di considerare pregna di dignità qualsiasi vita umana? Nel suo linguaggio glaciale, asettico e improntato ad una razionalità unicamente strumentale, la lettura del testo «La liberalizzazione della soppressione della vita senza valore. La sua estensione e la sua forma» fa restare ammutoliti. Ora che questo testo di un giurista e di un medico del tempo (intessuto di feroci riferimenti anticristiani), rispettivamente Karl Binding e Alfred Hoche, viene pubblicato per la prima volta in italiano (contenuto nel volume
Precursori dello sterminio. Binding e Hoche all’origine dell’'eutanasia' dei malati di mente in Germania, appena pubblicato dall’editrice Ombre corte, pp. 94, euro 12), si possono cogliere le analogie e le ripercussioni che tale 'pensiero' filosofico può aver avuto nella grande strage del Terzo Reich. Anche perché, come evidenziano i curatori Ernesto De Cristofaro e Carlo Saletti, «l’omicidio in massa dei disabili precede quello degli ebrei, degli zingari, dei deportati nei campi di concentramento. I protocolli sperimentati negli istituti per la somministrazione dell’'eutanasia' sarebbero serviti da modello per i centri di sterminio dell’ebraismo polacco». Ma qual è l’assunto filosofico che il filosofo Karl Binding (1841-1920) reputava fondante per la sua 'liberalizzazione' degli esseri umani 'senza valore'? Sentiamolo esprimere la sua «questione preliminare in chiave giuridica»: «Essa sembra manifestare una grande durezza di cuore, ma in verità è frutto della più profonda compassione. Ci sono vite umane che hanno a tal punto perduto la qualità di bene giuridico che la loro prosecuzione, tanto per il titolare della vita quanto per la società, ha perduto ogni valore». Si capisce quindi perché tali esistenze devono essere soppresse: «Relativamente all’aspetto economico, questi imbecilli totali, che rispondono innanzitutto a tutte le condizioni di una morte mentale integrale, sono anche coloro la cui esistenza pesa maggiormente sulla comunità ». Alfred Hoche, il medico pro-eutanasia, si premura di elencare in dettaglio i tipi di vite umane indegne (anzi, dannose) di esser vissute: chi soffre di degenerazione senile, chi di
dementia paralitica, chi della «modificazione del cervello dovuto all’arteriosclerosi». Ancora: quanti sono affetti da
dementia precox, chi ha gravi malformazioni del cervello, i ritardati nello sviluppo, chi ha decorsi di malattia della prima infanzia. E non si pensi che questo assioma «eutanasia dei disabili = risparmio per lo Stato» fosse semplicemente un vaneggiamento di qualche perfido pensatore. I 70 mila casi di uccisioni di Stato praticate dai nazisti fecero 'risparmiare' (secondo i documenti rinvenuti a Hartheim) 885 milioni di marchi alla Germania del Führer, come documenta
Una ragionevole strage (Lindau), a firma di Mireille Hirsinga-Renno. Piccola chiosa: i curatori trascurano la fondamentale opposizione cattolica alla barbara eutanasia di Stato. Scrivono: «Nell’agosto 1941 fu raggiunto il numero di soppressioni preventivate e le uccisioni subirono un’interruzione su ordine del Führer, anche se è probabile che alla decisione avesse contribuito la risonanza pubblica che essa iniziava ad assumere e le prese di posizione di taluni esponenti della chiesa protestante». Fu soprattutto il vescovo cattolico di Münster, il futuro beato Clemens August von Galen, a levare alta la sua voce di protesta in tre sue omelie dell’estate del ’41, rimaste famose per le sue invettive contro «contro le persecuzioni razziali e folle eutanasia».