«Quando mio padre è morto sono rimasto settimane sdraiato per terra a guardare il soffitto, ero scarmigliato e ingrassato. Il dolore resta, ma la fede mi ha aiutato». Flavio Insinna, nel maggio scorso, dopo la perdita del padre Salvatore, aveva detto stop alla tv e al cinema. «Ora non mi interessa, voglio solo dedicarmi alla mia famiglia» aveva dichiarato. Nel frattempo, però, ha scritto un libro, Neanche con un morso all’orecchio, appena pubblicato da Mondadori, un omaggio al genitore scomparso. E, a breve, tornerà su Canale 5 con un nuovo game show preserale. «Il libro non è stato una terapia, avevo un impegno precedente per un’autobiografia – spiega l’attore – . Nei giorni in cui ho scritto stavo peggio. Ma ora che la gente comincia a leggerlo, mi accorgo che sono in tanti a provare le stesse cose».Nel libro c’è un Insinna dietro la 'maschera': lei racconta gli ospedali, la malattia, la morte.È quello che ho vissuto. Non ha importanza l’età, mio padre aveva 83 anni, per calcolare l’amore e il vuoto che uno lascia. Lui ha cercato di fare di me una persona e un cittadino onesto. Mi manca la terra sotto i piedi, ma mi è rimasto il cielo sulla testa, che è mia mamma. Ora il mio compito è quello di starle vicino, di convincerla che ci sia ancora un motivo per vivere. Lei crede nell’aldilà?Di recente mi hanno proposto un nuovo gioco su Canale 5, il primo pensiero è stato: «Devo chiedere il parere a papà». Ho una sua bellissima foto in bianco e nero sempre con me, e mezza chiacchieratina al giorno con lui me la faccio. Sono certo che mi ascolti. Davanti a una prova come la morte, la fede può vacillare. Ho un rosario sempre in tasca, regalatomi da un amico sacerdote. E sono riuscito a resistere. Ho cercato disperatamente di non sentirmi tradito, se no avrei avuto la sensazione di avere perso una partita due volte. Se pensassi di essere tradito dalla mia luce più forte che è la mia fede cattolica, sarei nel deserto. Nel Padre Nostro diciamo «sia fatta la tua volontà»: e io mi piego, sbando, però mi sforzo di restare appigliato con testardaggine. Lei racconta anche del suo «male di vivere». Il male di vivere lo provo sin da ragazzino, sono diviso tra due anime. Da mia madre ho preso la parte giocosa e divertente, la fede, la voglia di darsi. Da mio padre ho ereditato i si- lenzi e i momenti di isolamento. Il rapporto con lui è stato molto conflittuale da ragazzo, per fortuna da adulto ho saldato tutti conti, l’ho stritolato in abbracci quotidiani. È vera la frase: «Goditi i genitori finché ce li hai».Difficile affrontare il dolore da personaggio pubblico.Mentre mio padre moriva, in ospedale in molti mi hanno chiesto autografi e foto. Al momento mi arrabbiavo, poi ho capito che anche loro erano lì perché avevano qualcuno che soffriva: un sorriso non si nega a nessuno. A volte, poi, il Padreterno ti fa venire incontro una bambina, che ti mette le manine fra le tue come per chiedere aiuto, mentre la madre in una stanza sta morendo di cancro. Momenti che non scorderò più.Suo padre era un medico. Che cosa le ha insegnato sulla malattia? Lui si è occupato di tossicodipendenti, disabili e malati di mente. A 10 anni come regalo mi portò in Canada, perché era medico alle Paralimpiadi. Quando arrivammo mi disse: «Ecco, ora spingi quel signore sulla sedia a rotelle. Così quando ti lamenti, ti ricordi di questo ragazzo che nuota senza gambe». Spinsi quella carrozzella per un mese, una grande lezione. E poi lui diceva che funziona la tachipirina, ma serve anche l’Ave Maria. Il matrimonio dei suoi genitori è stato un esempio. Sono stati insieme 51 anni. Non si può dire che erano altri tempi, sono le persone che fanno i tempi. Loro si sono spesi per noi, consumati. Ricordo la tonaca di don Bosco a Torino, quando giravo la fiction: era lisa, sfondata, usata tutta per amore degli altri. I miei, erano come quella tonaca. E lei, che genitore sarebbe? A mio figlio passerei quegli insegnamenti. E cercherei tutti i giorni di fargli capire che ci sono, che c’è una famiglia che lo aiuterà.Ora, finalmente, lei torna a lavorare.Sto preparando per Canale 5 un nuovo gioco preserale, molto autoironico, Il braccio e la mente in onda o a fine aprile o a tra qualche mese. La Corrida? Ho un paio di idee per rinnovarla, vedremo se passano. E poi, girerò una bellissima commedia sui sentimenti di Fausto Brizzi in due puntate per Canale 5. L’importante, comunque, è fare scelte oneste.
«Dopo la morte di mio padre stavo a guardare il soffitto per ore e ho smesso di lavorare Mi sono aggrappato alla fede: è stata la mia luce più forte. Ora torno in tv nel preserale di Canale5 e in una fiction di Brizzi».
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