martedì 18 marzo 2025
Nel distretto milanese di Mind, la collaborazione interdisciplinare tra Ospedale Galeazzi e Scuola di Restauro di Botticino ha portato allo sviluppo di tecniche nuove per il ripristino delle opere
La Tac eseguita all’Ospedale Galeazzi di Milano all’opera d’arte “Cristo deposto”

La Tac eseguita all’Ospedale Galeazzi di Milano all’opera d’arte “Cristo deposto” - Cortesia Scuola di Restauro di Botticino

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A Milano la diagnostica per immagini incontra il restauro, dimostrando come il fattore “interdisciplinare”, nella valorizzazione del patrimonio artistico, sia ormai diventato fondamentale.

A febbraio, infatti, per il secondo anno consecutivo, la Scuola di Restauro di Botticino, in collaborazione con l’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio di Milano (struttura del Gruppo San Donato), ha svolto una campagna di analisi diagnostica avanzata su una selezione di quattro opere d’arte. In particolare l’équipe del professor Luca Maria Sconfienza (responsabile dell'Unità operativa di radiologia diagnostica e interventistica dell'Irccs Ospedale Galeazzi - Sant'Ambrogio), composta da tecnici dell’ospedale e da studenti della Scuola di Restauro di Botticino, ha eseguito delle tomografie assiali computerizzate (Tac) e delle analisi a raggi X. L’idea è stata quella di arricchire con nuovi dati, la raccolta di informazioni già a disposizione dei restauratori, al fine di eseguire, successivamente, un lavoro di sintesi ancora più accurato. «Noi ai nostri studenti, oltre alla didattica classica, offriamo un’intesa attività di laboratorio e anche la possibilità di partecipare a progetti di riqualificazione artistica che curiamo direttamente per dei committenti, che sono dei veri e propri cantieri-scuola – ha spiegato l’amministratore delegato di Valore Italia, di cui la Scuola di Restauro di Botticino è il cuore pulsante, Salvatore Amura –. La moderna figura del restauratore, oltre a studiare chimica e fisica, si forma sulle nuove tecnologie e deve saper lavorare in team, collaborando con ingegneri, architetti, informatici, designer, progettisti. Questo metodo interdisciplinare permette agli studenti di acquisire competenze tecniche e metodologiche lavorando su progetti reali, sotto la supervisione di docenti esperti».

Le quattro opere che sono state oggetto di indagine avevano caratteristiche diverse, per composizione, conservazione, forma e materiali usati per la loro realizzazione. Due dei “pazienti” che sono stati ricevuti dall’ospedale milanese per essere sottoposti a scansione sono sculture lignee di origine religiosa: il “Cristo deposto”, proveniente dalla Chiesa di San Bernardino alle Ossa di Milano, e la “Maddalena”, appartenente ad un gruppo scultoreo, di ambito ligure, rappresentante la “Deposizione” o la “Crocefissione”. Insieme a queste, altre due opere sono state selezionate per le loro originalità: una cassetta birmana, molto rara, per scritture buddhiste, in lacca dorata, attualmente conservata nel Museo PIME di Milano e un trittico di tele d’arte contemporanea realizzato da Cesare Berlingeri, che fa parte della della collezione del Museo MAGA di Gallarate che comprende i pezzi “Piegare il giallo”, “Piegare il nero” e “Piegare il blu”.

In particolare, queste ultime, insieme alla “Maddalena”, sono oggetto di tesi di laurea degli studenti della Scuola di Restauro di Botticino, i quali, tramite gli approfondimenti diagnostici eseguiti hanno potuto analizzare nel dettaglio la composizione, la struttura e i materiali delle opere. L’importanza dell’uso, anche nell’arte del restauro, della diagnostica per immagini è diventata rilevante: permette di capire la composizione interna delle opere, in modo che chi lavora alla riqualificazione possa in tutti i modi capirne le specifiche con cui all’epoca è stata realizzata, affinché il restauro sia il più possibile autentico.

«Eseguire indagini diagnostiche avanzate sulle opere d’arte è un’opportunità straordinaria per i nostri studenti, che possono così coniugare competenze scientifiche e sensibilità artistica – ha spiegato ancora Amura –. Con questa operazione non solo abbiamo consolidato la collaborazione tra noi e l’IRCCS Ospedale Galeazzi, ma ha confermato il nostro impegno nell’innovazione applicata al restauro, consentendo di approfondire la conoscenza dei materiali e delle tecniche costruttive senza alcun intervento invasivo». La collaborazione nasce poi in un territorio particolare della città di Milano, ovvero nel quartiere di Mind, un vero e proprio incubatore di innovazione e ricerca, nato sulle ceneri del sito dove nel 2015 si è tenuto l’Expo.

«Dalle TAC effettuate su il “Cristo deposto”, la cassetta birmana e il trittico, si è potuto osservare che il “Cristo deposto” presenta una stratificazione di diversi tipi di legno, con una struttura lignea interna dove sono stati inseriti diversi tasselli, mentre la parte esterna è caratterizzata da uno strato più denso con alcuni perni metallici che servono a sostenere la struttura», dicono ancora gli esperti della Scuola di Botticino. Nella cassetta birmana, composta da una sezione in legno con un rivestimento metallico arricchito da alcune pietre, invece, è stato possibile osservare nella parte del fondale una rottura longitudinale, che è stata fissata con delle graffe metalliche e dei chiodi. Gli esami eseguiti nelle tre opere del trittico di Cesare Berlingeri hanno confermato la presenza di una simile struttura interna a strati, ma da una prima ispezione i materiali presenti all’interno sembrano avere densità diverse. Servirà un’analisi più approfondita per capire se la natura degli interni è realmente diversa tra un’opera e l’altra. L’esame radiografico eseguito, infine, sulla “Maddalena” ha evidenziato che l’opera è composta da diverse parti di legno, tenute insieme da giunzioni, e che la copertura è di un materiale più denso. Determinare se le parti dorate, come la profilatura dello scollo della veste e la borchia che trattiene i lembi dell’abito, siano effettivamente di una placcatura con foglia d’oro oppure di un pigmento differente sarà oggetto di future analisi.

La Scuola di Restauro di Botticino, fondata nel 1974 a Botticino, in provincia di Brescia, è un’istituzione di eccellenza nel campo della conservazione e del restauro dei beni culturali. Nel 2022, la scuola, grazie a Valore Italia, ha trasferito la sua sede a Milano, integrandosi nell’area di Mind-Milano Innovation District e nel quartiere Bovisa. La Scuola di Restauro di Botticino si ispira ai principi dell’Istituto Centrale del Restauro di Roma, con il quale ha collaborato sin dalla sua fondazione. Nel corso degli anni, ha stabilito collaborazioni con numerose istituzioni culturali, fondazioni e archivi, sia in Italia che all’estero. Ad esempio, ha avviato collaborazioni con la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano e il Quirinale, offrendo agli studenti l’opportunità di lavorare su progetti di rilevanza nazionale. Nel corso della sua storia, la Scuola ha contribuito al restauro di oltre 1.200 opere, tra cui tele, sculture lignee, dipinti murali, manufatti cartacei e tessili. In occasione del suo cinquantesimo anniversario nel 2024, la Scuola ha lanciato il progetto “Design I care”, volto ad aiutare la preservazione del patrimonio culturale di diverse collezioni di design italiano. Infine, la Scuola ha ospitato delegazioni internazionali, come quella proveniente dalla Giordania, per condividere le tecniche di restauro italiane e promuovere l’eccellenza del Made in Italy nel mondo.

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