Michail Nesterov, “Filosofi”, 1917: Pavel Florenskij e Sergej Bulgakov - archivio
«L’Anticristo, probabilmente, può realizzare tutti i detti di Cristo, fare tutto secondo i suoi comandamenti, mettere in pratica questi comandamenti concretamente oppure, perlomeno, tenterà di metterli in pratica. Solo una cosa non riconoscerà nella persona di Cristo, il fatto che è Cristo». Sulle prime potrebbe sembrare che si tratti di una citazione tolta dal celebre Racconto dell’Anticristo di Vladimir Solov’ëv. In realtà è un appunto del 15 agosto 1905 fissato da Pavel Florenskij e pubblicato, in prima traduzione in una lingua occidentale, in Sulla soglia della fede. Taccuino 1904-1905 (pagine 144, euro 19,50), dato alle stampe dalle Edizioni Dehoniane di Bologna. Artefice dell’operazione culturale, essendosi fatto carico della traduzione e della curatela, è Lucio Coco, già conosciuto dagli appassionati del pensiero del filosofo e teologo russo, fucilato, all’età di cinquantacinque anni, l’8 dicembre del 1937, in un bosco nei pressi di Leningrado, dopo aver sopportato, per quattro anni, la rieducazione offerta dall’Arcipelago Gulag.
Inutile ricordare chi sia padre Pavel, da molti considerato, più a torto che a ragione come il “Leonardo russo”, per i suoi molteplici interessi, scientifici e teologici. L’importanza che ricopre nella storia del pensiero russo è oramai provata da anni, e il rilievo che la sua riflessione offre oggi è stato rivendicato da Massimo Cacciari nella sua ultima fatica. Ecco perché la pubblicazione di questi taccuini non rappresenta un mero atto documentale ma schiude degli orizzonti di riflessione sui quali insiste Coco nella sua introduzione.
Quello che vede la luce ora, è il primo (secondo in ordine cronologico) di cinque quaderni rinvenuti nell’Archivio Florenskij di Mosca che raccolgono annotazioni, riflessioni, abbozzi, schizzi e progetti di lavori su cui il pensatore e scienziato russo intendeva lavorare. Il biennio interessato dal presente quaderno è particolarmente significativo. Esso marca proprio un passaggio fondamentale nel cammino spirituale e teoretico di Florenskij, dal momento che segna il passaggio dagli studi matematici a quelli teologici, sancito dall’iscrizione, nel 1904, all’Accademia teologica di Mosca.
Balza subito agli occhi, in diversi luoghi del Taccuino, la ricerca della continuità, che abita l’empito teoretico del filosofo, tra matematica e teologia. I luoghi di contaminazione tra le due discipline, anzi, forse sarebbe meglio dire, i luoghi di passaggio dall’una all’altra servono a indagare «l’irruzione dell’irrazionale nel razionale, che sembra essere una delle linee di ricerca che serpeggiano nel Taccuino», osserva Lucio Coco nell’introduzione. Non è un caso, che numerosi siano i passaggi degli appunti in cui questa preoccupazione emerge. D’altronde il cuore della sua riflessione è confermato dallo stesso Florenskij quando annota che «i fenomeni, in quanto vengono percepiti con un metodo scientifico, certo non possono contenere in sé altro che ciò che corrisponde al settore di una data scienza; ma per la piena coscienza, con la sua vita mistico-religiosa alcuni di questi fenomeni devono essere dei riflessi, delle corrispondenze dell’ambito mistico».
È una costante della sua riflessione, che troverà concretezza in molti dei lavori pubblicati, proprio la ricerca dei punti di discontinuità nella realtà che viene rappresentata, in matematica, dagli studi di funzione. E qui non si cela solo la perizia del matematico, rinforzata dai suoi studi di ingegneria, ma la tenacia dell’indagatore che cerca il momento in cui finito e infinito si intrecciano.
Molte delle note raccolte nel taccuino sono abbozzi di temi sviluppati in altri lavori di padre Pavel, come per esempio il suo opus magnum La colonna e il fondamento della verità. Altre, invece, esplodono con tutto il loro vigore, proprio in queste pagine. In particolare la riflessione sulla santità o sulla “geologia dell’anima” o, ancora, l’ampia parte dedicata alla riflessione intorno alla temporalità.