Il filosofo polacco Leszek Kołakowski (1927-2009) - WikiCommons
Nato a Radom, in Polonia, nel 1927, e morto a Oxford nel 2009, Leszek Kołakowski, dapprima convinto comunista si impegnò poi in un’opera di revisione fortemente critica del marxismo, cosa che gli costò l’espulsione dal partito e dall’università. Trasferitosi all’estero, insegnò negli Stati Uniti, in Canada e infine in Gran Bretagna, non smettendo di scrivere opere decisamente ostili nei confronti del pensiero di Marx e delle esperienze del socialismo reale. Allo stesso tempo Kołakowski mostrò una marcata attenzione per il problema religioso, pubblicando, tra l’altro, un ampio lavoro sui movimenti ereticali del cristianesimo seicentesco. Tale attenzione è stata confermata dal reperimento, fra le sue carte, del breve scritto Gesù. Saggio apologetico e scettico, pubblicato postumo nel 2014 sulla rivista “Commentaire” e ora proposto in italiano dalla casa editrice Le Lettere (pagine 58, euro 12,90; prefazione di Giancarlo Gaeta; traduzione e postfazione di Guglielmo Forni Rosa).
La prospettiva secondo cui il pensatore polacco si avvicina alla figura di Gesù è indubbiamente originale. Egli non si dimostra interessato alle questioni storicobiografiche e storico-teologiche sviluppatesi intorno al Nazareno, bensì al suo rapporto con la civiltà europea. Scrive infatti: «La nostra cultura potrà sopravvivere nell’oblio di Gesù? Possiamo credere che, una volta eliminato Gesù, il nostro mondo crollerà? Perché abbiamo bisogno di Gesù?». La risposta di Kołakowski è netta: senza di Lui non resta che il razionalismo scientista ateo, del tutto inconciliabile col cristianesimo, che si presenta come il «simbolo spirituale per eccellenza della più potente e più creativa (ma non necessariamente la più luminosa) civiltà del mondo».
Per questo motivo alla Chiesa spetta un compito di decisiva importanza: annunciare e testimoniare il Vangelo nella sua essenzialità. Se, al contrario, «si occuperà di altre questioni, che non sono i suoi scopi specifici, essa attirerà necessariamente coloro che vogliono sfruttarla per cause secolari, e respingerà coloro per i quali ciò che conta innanzitutto è Dio e Gesù; essa opererà quindi una selezione negativa, anticristiana, al proprio interno. Quelli che cercano Dio andranno a provare la meditazione trascendentale, le leggende orientali, la saggezza buddista, le scienze occulte». Per quanto breve, il testo di Kołakowski è assai succoso e denso di riflessioni che aprono al lettore una molteplicità di piste di approfondimento. Volendo sintetizzarne il messaggio centrale, possiamo affermare che per il pensatore polacco il venir meno del fondamento religioso farà sì che la vita della società contemporanea diverrà impossibile, poiché se non sarà la religione a garantire la persistenza dei valori, non potremo evitare l’implosione finale, quella prefigurata dalla nietzscheana morte di Dio.
L’analisi di Kołakowski assume toni sempre più drammatici. Il rifiuto di Dio non lascia scampo all’uomo: «Dopo secoli di diffusione della cultura illuministica – egli scrive –, ci siamo risvegliati improvvisamente nella confusione culturale e mentale, spaventati davanti a un mondo che – così sembra – stava perdendo la sua eredità religiosa. La nostra paura è ben giustificata. I miti perduti non vengono sostituiti da una razionalità illuminata, ma da orribili creature secolari».