Franco Branciaroli nel ruolo di Shylock ne "Il mercante di Venezia" di Shakespeare - foto di Simone Di Luca
«Voglio la mia penale». Implacabile, graffiante, crudele e ironico lo Shylock di Franco Branciaroli domina dall’inizio alla fine la scena del Teatro Romano di Verona aprendo il Festival shakespeariano col Mercante di Venezia. Branciaroli dona una interpretazione magistrale ricoprendo per la prima volta il ruolo dell’usuraio ebreo che vuole vendicarsi del ricco mercante veneziano Antonio che lo ha insultato, chiedendo una libbra della sua carne in cambio di un importante prestito che non è riuscito a ripagare. Accanto a lui, una nutrita compagine di attori nel nuovo lavoro del regista Paolo Valerio prodotto da Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Centro Teatrale Bresciano Teatro de Gli Incamminati che girerà l’Italia, dopo il debutto dello scorso primo luglio all’interno della 74ª Estate Teatrale Veronese che si concluderà il 15 settembre. Incontriamo dopo il debutto il mattatore Branciaroli, 75 anni splendidamente portati, per analizzare le ragioni più profonde di un testo che ha anche al centro la complessa questione dell’antisemitismo.
Branciaroli, a giudicare dagli applausi del pubblico veronese il suo primo Shylock pare avere fatto centro.
In genere c’è il problema della lingua, uno dei motivi per cui in Italia è difficile fare una operazione centrata sui testi di Shakespeare. Nessuno ha centrato davvero Amleto o Macbeth perché Shakespeare è “la lingua”. Lo diceva anche Céline, che conosceva bene l’inglese, il Macbeth senza la lingua è un “grandguignol”, ed è vero, fra streghe, sangue e assassinii. Invece ci sono alcune opere di Shakespeare, nelle zone tragicomiche o nelle commedie, come Sogno di una notte di mezza estate, La bisbetica domata e Il Mercante , in cui si può riuscire. Shylock ha un linguaggio abbastanza realistico, “parla come magna”. È più facile centrare la parte, se no senti sempre uno che legge Shakespeare.
Shylock è una figura sfaccettata, misteriosa, crudele, ma che suscita anche la compassione degli spettatori ed è pure capace di fare sorridere.
Shakespeare la sapeva lunga. Lui crea due mondi diversi: il mondo fantastico del castello di Porzia, di cui è innamorato Bassanio, l’amico di Antonio, un mondo pieno di acque, fiori e linguaggio poetico. È evidente che davanti a un mondo di pura poesia, lui ha infilato questo mondo prosaico, del danaro e della vendetta, e lo centellina in modo tale per cui quando ti stanchi della poesia, si infila Shylock, un personaggio ondivago, che ci terrorizza e ci fa sorridere, che mentre sta piangendo per la figlia che è fuggita con un cristiano rubandogli soldi e gioielli, intanto gioisce augurando la morte al nemico.
La stessa opera contiene un’ambiguità di fondo ed è stata recepita in modo diverso nei secoli.
Un problema pazzesco. Il critico letterario ebreo americano Harold Bloom, il maggiore studioso di Shakespeare, lo reputa il poeta più grande di tutti i tempi. Eppure nel suo saggio più importante sul Bardo, non cita Il mercante di Venezia. E lo spiega in una sua lezione. «Col Mercante Shakespeare è stato molto uomo del suo tempo, ma non eterno» diceva Bloom, aggiungendo di sentirsi molto ferito perché l’autore che amava di più al mondo aveva fatto accettare a Shylock di diventare cristiano, alla fine, pur di salvare la vita e i soldi ed evitare la condanna del tribunale per avere attentato alla vita di Antonio. Questo per un ebreo è la cosa più oscena, una cosa gravissima per la sua religione.
Quindi il Mercante è un’opera antisemita? Nonostante il celebre monologo: «Un ebreo, non ha occhi? Non ha mani un ebreo...».
Purtroppo, diceva sempre Bloom, per “godersi” questo spettacolo nelle intenzioni con cui è stato scritto, bisogna essere degli spettatori antisemiti. Perché se sei un antisemita ti diverti a vedere questo povero ebreo umiliato e sconfitto, e ai tempi di Shakespeare il pubblico era tutto antisemita e lui ci ha dato dentro a manetta. La stessa cosa vale per il nero Otello. Noi, essendo per fortuna di fatto non antisemiti, non “gustiamo” il veleno dell’epoca, e giustamente stiamo dalla parte dell’ebreo maltrattato e dell’uomo di colore. Ma al tempo stesso, siccome non conosciamo più le religioni, non percepiamo nemmeno l’orrore di un ebreo costretto a diventare cristiano. Per questo abbiamo aggiunto una scena finale simbolica, che può spiazzare, ma che è un risarcimento all’ebreo.
E i cristiani in scena?
Bloom ci dice che Antonio è un grande cristiano: non presta a interesse, fa proselitismo e missione cristiana, alla fine è magnanimo. È vero, chiede a Shylock di diventare cristiano, ma gli salva la vita e parte del capitale. Per questo lo studioso era infastidito dal confronto con la grettezza di Shylock.
Oggi questo dramma cosa ci racconta?
Oggi c’è un mondo non religioso. Non sanno neanche di cosa stiamo parlando, il pubblico percepisce lo scontro soprattutto dal punto di vista finanziario. Non sanno niente dell’ebraismo, ed anche la grandiosità del cristianesimo non la conosce più nessuno, anche perché non siamo stati capaci di comunicarla. A scuola bisognerebbe insegnare storia della religione. Perché Hegel sì e Agostino no? I padri della Chiesa contano meno di Spinoza?
La fede che parte ha avuto e ha nella sua vita privata?
Il cristiano si distingue da questo: crede nell’incarnazione del Dio e nella resurrezione della carne, ma nessuno lo dice più. Mi hanno molto cambiato i libri del teologo Sergio Quinzio che ho molto amato. Non possiamo basarci sui ragionamenti logici del cervello che ha una visione limitata a quello che conosciamo. E comunque, per quel che mi riguarda, la fede c’è, anche se tu continui a dubitarne vuol dire che c’è. Certo, quando hai momenti di sconforto è dura, sento che non ce la faccio. Ma non vuol dire che non hai fede. Perché se il messaggio di Cristo è stata una invenzione, è stata una invenzione geniale. Chesterton diceva che tutto è talmente assurdo che non può essere che vero. E ha ragione il filosofo Umberto Galimberti. Mentre per i greci il tempo è rotondo per cui non c’è futuro, il cristianesimo è tutto fondato sul tempo rettilineo. Arriva il concetto di progresso, dal che si deduce che tutto il mondo è cristiano. Un fisico nucleare è un cristiano, perché crede nel progresso, un marxista crede nelle sorti progressive. Tutto il mondo fa finta di non essere cristiano ma, fede a parte, strutturalmente ed eticamente il cristianesimo ha stravinto, pur se adesso si fa di tutto per combatterne la morale.