Lo scrittore Eric Emmanuel Schmitt presso l'Ecole Biblique di Gerusalemme - Afif H.Amireh
Lo scrittore Eric Emmanuel Schmitt a Gerusalemme - Afif H. Amireh
Lei ha avuto un'esperienza della Terra Santa attraverso l'immaginazione tramite i suoi libri. Ora che l'ha vissuta davvero, quale differenza riscontra?
È più facile scrivere su Calcutta quando si è a Parigi o su Parigi quando si è a Calcutta. Perché ci si accontenta di sensazioni, suggestioni, piccoli dettagli che creano un mondo intero. Così, nel mio romanzo "Il Vangelo secondo Pilato", ho percorso la Terra Santa con il prefetto di Roma, Ponzio Pilato, vedendo la Terra Santa attraverso i suoi occhi di romano che non ama necessariamente questo tipo di campagna, questi paesaggi, questa città di Gerusalemme costruita così diversamente dalla città imperiale e soprattutto questa religione che non capisce. All'epoca, mi ero aiutato con racconti, immagini, film, e avevo cercato di aggiungervi odori e suoni. Quando sono arrivato in Terra Santa, ho ritrovato inizialmente alcune di queste sensazioni, ma ho scoperto altre cose.
Quali?
Il cristianesimo mi è apparso come una religione del Medio Oriente, lontana dalle nostre chiese fredde e grigie. Sul lago di Galilea, ad Abu Ghosh, luogo probabile dell'episodio di Emmaus, ho visto la gioia, il sole, l'esuberanza. Di conseguenza, vedevo anche la naturalezza di quella tenerezza che Cristo manifesta. Trovavo che la sua generosità, il suo amore per gli altri, fosse in sintonia con il paesaggio.
Spesso lei nota che in Terra Santa le chiese sembrano contrastare con l'ambiente spirituale a cui si ispirano, fanno eccezione forse quelle prgettate da Berluzzi. In quanto appassionato d'arte, come giudica le architetture ecclesiastiche moderne, spesso considerate poco attraenti?
In architettura non c'è un secolo più geniale degli altri. Ogni volta, il talento individuale dà splendore a un monumento. Oggi ci sono splendide chiese contemporanee che offrono uno spazio diverso per la meditazione e giocano in modo diverso con i colori dei vetri. Personalmente, ho amato alcuni edifici, ad esempio quelli progettati dall'architetto Le Corbusier, che rinnovano completamente il linguaggio delle luci e creano una sensazione di grazia in altro modo. Certamente, un edificio deve essere funzionale, ma la funzionalità di una chiesa, di una basilica, di una cattedrale è l'accesso al mistero. Ciò non richiede solo tecnica e stile, ma richiede anche ispirazione.
In una di queste chiese, lei ha incontrato una donna di colore che esprimeva la sua fede a voce alta, con tutto il suo corpo. C'è un modo fisico, carnale di vivere la fede, che forase noi abbiamo perduto in Occidente?
L'Europa ha ucciso il corpo cristiano e quindi una parte della fede cristiana. La storia del cristianesimo in Europa passa attraverso la separazione che i filosofi greci hanno operato tra il corpo e lo spirito. Ciò ha portato al disprezzo del corpo, all'odio per la carne. In passato, alcuni devoti umiliavano i loro corpi, li maltrattavano, infliggevano loro sofferenze. Quanta assurdità! Immaginare che la fede si elevi abbassando il corpo! È stato un errore fondamentale, un miraggio dannoso dovuto al dualismo. Al contrario, la fede che esiste nelle Americhe e che è passata attraverso l'Africa non dimentica il corpo, utilizza il canto, a volte la danza. La forza delle Chiese evangeliche oggi è quella di rivolgersi all'essere nella sua interezza. In Europa, dovremmo davvero fare il nostro mea culpa per ritrovare la dimensione fisica dell'impegno. Il canto, la danza, il teatro, il gioco, tutto ciò aiuta a sviluppare la spiritualità.
Sin dall'inizio il viaggio è stato segnato dalla semplicità francescana. Dopo il deserto di Charles de Foucauld, che ha segnato il suo ritorno alla fede e la lettura dei Vangeli, che l'ha rafforzata, come ha vissuto questa forte presenza spirituale dei francescani in Terra Santa?
La mia fede deve tutto a Charles de Foucauld, una delle figure moderne molto vicine a san Francesco. Durante il mio periodo di ateismo, avevo scritto una sceneggiatura cinematografica su di lui e sono partito per verificare i luoghi nel Sahara. Il mio viaggio mi ha portato da Tamanrasset all'altopiano dell'Assekrem. Durante questo viaggio a piedi, mi sono perso. Invece di avere paura, ho trascorso una notte mistica sotto le stelle e ho ritrovato la fede. Continuo a vederlo come un dono di Dio, ma un dono attraverso il suo intermediario, Charles de Foucauld. Egli incarna una vita completamente dedicata a Cristo, una vita di povertà e semplicità evangelica. I francescani sono vicini a questo perché mettono l'accento sulla fraternità e la semplicità nella loro vita. Quando papa Francesco, nonostante la sua formazione gesuita, ha scelto di chiamarsi Francesco, ho subito sviluppato un affetto per lui. Avevo l'impressione che stessimo tornando ai valori fondamentali non solo della Chiesa, ma dei Vangeli, poiché spesso nella storia la Chiesa si è allontanata dai Vangeli, talvolta fino a dimenticarli. Figure spirituali come quelle di Charles de Foucauld, piuttosto recenti, o quelle che hanno influenzato il movimento francescano e il movimento domenicano mi sembrano fondamentali per la diffusione dei valori scritti nel racconto evangelico.
Lo scrittore Eric Emmanuel Schmitt nella basilica del Santo Sepolcro - Afif H. Amireh
Lei sottolinea il contrasto tra la Galilea e Gerusalemme, città dura e fortificata. Quando percorre la Via Crucis e visita il Santo Sepolcro, lei ha un'esperienza mistica. In che misura ciò ha cambiato la sua prospettiva?
Prima del mio viaggio in Terra Santa, il mio cristianesimo era intellettuale, basato sulla lettura dei Vangeli. Avevo persino dubbi che il mio viaggio potesse cambiare qualcosa a questo riguardo. Mi sbagliavo profondamente. Il mio cristianesimo da intellettuale è diventato carnale. Sentire la presenza inspiegabile e misteriosa di Cristo nel cuore del Santo Sepolcro, rivivere poi il cammino di croce con un piede nel primo secolo e uno nel ventunesimo secolo, ha dato una profondità concreta ai Vangeli. Torno da Gerusalemme completamente, definitivamente cristiano. Certamente, mantengo un interesse per tutte le altre spiritualità, una mente aperta, ma ora più che mai mi definisco come cristiano, cioè legato a Cristo.
Lei ha anche fatto esperienza del Muro tra israeliani e palestinesi. Che effetto le ha fatto questa divisione tra i popoli?
Mi sono trovato di fronte a una tragedia. Cos'è una tragedia? È l'opposizione di due punti di vista giustificati che non riescono a conciliarsi. È come Antigone contro Creonte. Antigone rappresenta la legge del cuore, volendo seppellire suo fratello, Creonte difende la ragione di Stato, punendo quel fratello che non ha rispettato le leggi della città. Ognuno ha ragione dal suo punto di vista, ognuno ha torto dal punto di vista dell'altro. Il muro separa due legittimità, la legittimità degli ebrei che sono stati scandalosamente cacciati da Israele due volte e che quindi hanno il diritto di tornare su questa terra, la legittimità dei Palestinesi che vivono qui da migliaia di anni. Credo che questi due popoli siano fratelli, tanto più fratelli che la genetica dimostra che sono veramente legati dallo stesso sangue. È lo stesso sangue che scorre da entrambi i lati. A mio avviso, è necessario riscoprire la storia per poter plasmare il presente. Quando i fratelli diventano fratricidi, è perché hanno dimenticato di avere un'origine comune, lo stesso padre o la stessa madre. In questo caso, questi fratelli credono ognuno di essere all'origine della loro storia. Ma in realtà sono il prodotto di una storia molto lunga. Il passaggio dal fratricidio alla fraternità sarà difficile, passerà attraverso la conoscenza, ma richiederà molto tempo, perché questa situazione, inizialmente mal impostata e poi mal gestita, provoca fratture sempre più profonde. L'odio si accumula. Non credo che vedrò la riconciliazione dei popoli che occupano questa terra durante la mia vita.
"Preferisco i ponti al muro", una frase piena di significato, cara al Pontefice. Cosa ha conservato dal sup incontro con lui?
Ho conservato la volontà di elevazione, di speranza, di determinazione. Papa Francesco è un uomo umile, volontariamente umile. Sa di avere un compito difficile e infinito, quello di far vivere il cristianesimo nel nostro mondo in continua evoluzione. Affronta questa missione con una grazia particolare. Secondo lui, ogni cristiano è in grado di compiere questa missione semplicemente vivendo secondo i valori cristiani e testimoniando la loro luce. Non vede più il missionario come un conquistatore associato a eserciti o poteri imperialisti. Al contrario, rgli vede un individuo solitario, come Charles de Foucauld, che ha recentemente canonizzato, un individuo solitario che non cerca di convertire gli altri, ma testimonia e brilla di una luce particolare.
Lei parla di un vento che soffia dalla Terra Santa all'Occidente e di una sfida proveniente da Gerusalemme. In che misura la città delle tre grandi religioni monoteiste impegna la Francia?
Non ci sarà mai più una società monoreligiosa. Oggi, a causa prima della storia coloniale e poi del commercio, le popolazioni sono sempre più mescolate e presentano diverse sensibilità religiose, compreso il rifiuto della religione che è l'ateismo. La soluzione per vivere insieme non è che diventiamo tutti cristiani, o tutti musulmani, o tutti ebrei, o tutti atei. La soluzione è che rispettiamo il pensiero degli altri e impariamo a convivere. In materia di religione, nessuno ha ragione. Nessuna religione è vera o falsa nel senso in cui 2 + 2 = 4. La religione non è una conoscenza che si comunica universalmente e si impone razionalmente a ogni mente. La religione sollecita la libertà umana, ci spinge a scegliere, a prendere posizione. Questa è la sua fragilità e la sua forza. Credere non è sapere, sapere non è credere. Credere significa fare un salto, aderire a valori, privilegiarli, cambiare la propria vita basandosi su una rivelazione o un testo sacro. È potentissimo, ma anche estremamente personale, storico e vulnerabile. Credo che se tutti noi avessimo coscienza che siamo simili nelle nostre domande, ma diversi nelle nostre risposte perché facciamo scelte, perché forniamo risposte diverse alle domande universali, allora potremmo vivere insieme.