La squadra di calcio a 5 del Sermig con al centro il fondatore Ernesto Olivero. - Andrea Pellegrini
«Per noi è motivo d’orgoglio giocare per la prima volta un campionato nazionale. Siamo attrezzati per fare bene, anche se il nostro primo obiettivo rimane la salvezza». Così Daniele Granata, 47 anni, giocatore-allenatore del Asd Sermig, inquadra la stagione del club, fondato all’interno dell’Arsenale della Pace di Torino, al debutto nella Serie B di calcio a cinque. «Siamo un mix di giovani e giocatori di categoria - spiega il tecnico - abbiamo fatto una preparazione di più di un mese con i ragazzi, quasi tutti all’esordio nella nuova categoria, che hanno avuto l’atteggiamento giusto». Per Daniele, “pivot” con un lungo passato in Serie A, la Serie B, la quarta serie, è una tappa di un percorso sportivo, iniziato nel 2018.
«Nella rosa di questa squadra ci sono giocatori che sono arrivati con me in C1, sei anni fa – dice Granata, che con l’Asd Sermig ha vinto la Coppa Italia regionale nel gennaio 2023 –. Siamo cresciuti insieme e ci siamo strutturati come squadra e come società. Per me il Sermig è la prima esperienza da allenatore e qui mi sono sentito accolto come in una famiglia. All’inizio ho impiegato un po’ ad adattarmi al modo di lavorare del club, diverso da tutti gli altri in cui sono stato nella mia carriera, ma quasi subito ci siamo trovati sulla stessa lunghezza d’onda».
«Qui l’obiettivo non è solo vincere – specifica l’attaccante allenatore che ricopre anche il ruolo di direttore tecnico del settore giovanile – ma farlo portando in campo determinati valori, quelli del Sermig». Una squadra, dove ci sono talenti come Aigbidu Presley, cresciuto nel settore giovanile dell’ASD Sermig, che si inserisce all’interno di un progetto e di club, con più di 170 iscritti. «Tutto è cominciato più o meno quindici anni fa – spiega la responsabile Elena Canalis -. Noi, che ci troviamo nel quartiere Aurora, uno dei più difficili della periferia di Torino, seguivamo circa 250 ragazzi con il doposcuola e facendo attività che potremmo definire di oratorio. Quei giovani avevano spesso un pallone tra i piedi».
«Loro già giocavano, ad esempio nei campetti di via Carmagnola – aggiunge la dirigente – ma lo facevano in un contesto in cui gli adulti non erano una presenza educante. Abbiamo deciso così di giocare con loro, usando lo sport come strumento e momento per stare insieme». Una scelta forte, che nel 2011 ha portato alla nascita dell’ASD Sermig. «Alcuni di questi ragazzi erano bravini – ricorda – e ci avevano chiesto qualcosa di più, cioè oltre che di giocare tra di noi, di partecipare a dei campionati e per farlo serviva creare una società». Da quel primo nucleo è nata una realtà che dopo anni di costante crescita nel 2019 ha intrapreso una nuova sfida.
«In quell’anno l’amministrazione comunale di Torino ha indetto un bando per la riqualificazione di una zona nel quartiere Aurora in parziale stato di abbandono – ricorda la responsabile – e il fondatore del Sermig Ernesto Olivero ha proposto di costruire un palazzetto dello sport, lì dove c’erano quei campetti all’aperto in via Carmagnola. Dopo aver vinto il bando, nel 2020 sono iniziati i lavori e l’impianto è stato inaugurato nel novembre 2021». Il “Palasermig”, come è stato ribattezzato, 420 posti è diventata la casa di più di dodici squadre tra calcio a cinque e pallavolo, con ragazzi e ragazze provenienti da una ventina di Paesi diversi, residenti per lo più nel quartiere Aurora. Età, origini e sport differenti, ma con un comune spartito.
«Come in ogni progetto del Sermig – dice la responsabile – lo si vive con lo stile di vita della restituzione, partendo dalla constatazione che nessuno dei ragazzi e delle ragazze che abbiamo nelle nostre squadre potrebbero permettersi l’iscrizione a un’altra società sportiva. Ogni famiglia paga solo un piccolo contributo, che in caso di bisogno si può suddividere in parti più piccole». Una presa di coscienza che porta con sé una visione globale nel seguire chi gioca al ASD Sermig. «Noi ci occupiamo di aspetti che stanno fuori dal campo. Ad esempio – spiega Elena – raccogliamo scarpe da gioco, che altrimenti molti di loro non potrebbero avere».
Differente è anche il modo di stare sul parquet e sugli spalti del Palasermig. «Insegniamo ai ragazzi che per giocare – dice Canalis – serve allenare “gambe, testa e cuore”, come dice il nostro inno. Cerchiamo di far loro capire che l’avversario non è mai un nemico e così facciamo sulle tribune con i tifosi, tra cui c’è sempre un responsabile del tifo, che si occupa di monitorare la situazione ed eventualmente prevenire le dinamiche di tensione, cercando di diffondere una cultura della pace. Noi se vinciamo dobbiamo farlo in un determinato modo». Un club, quello piemontese, che non ha uno sponsor sulle maglie ma un solo logo, la bandiera della pace («abbiamo tante persone che ci sostengono, ma non vogliamo tappezzare la nostra divisa» dice la responsabile) e che propone un modello di gestione societaria diverso. «Se dovessimo riassumerlo – racconta Elena – potremmo farlo in due concetti: condivisione e lungo termine».
«Prima di tutto noi le cose le facciamo insieme – spiega Canalis – quando c’è una decisione da prendere o una situazione da affrontare la condividiamo con tutti e cerchiamo una soluzione. E a volte la cosa giusta da fare non la trova l’allenatore, ma l’educatore, che dai primi calci fino all’Under 19 è inserito nello staff di ogni squadra». «In più – prosegue Canalis – noi non ragioniamo sul breve ma sul lungo periodo. Per noi è più importante vincere la prossima partita che questa. Tradotto nel concreto il nostro obiettivo è che qualche ragazzo che ora è con noi nell’Under 13 tra cinque anni giochi in prima squadra». Un ruolo, quello della squadra che esordirà in Serie B, fondamentale. “Per noi rappresenta la locomotiva per gli altri ragazzi – conclude Elena Canalis – vorremmo che per chi gioca nelle giovanili arrivare in prima squadra sia un sogno». Un sogno nato al Sermig dove lo sport non è solo un gioco.