Il leggendario "Signor Rossi" creato da Bruno Bozzetto che lunedì 11 dicembre presenterà in anteprima a Milano il suo nuovo cartoon "Sapiens?”
A 65 anni esatti dal suo primo corto a disegni animati, ecco il Signor Bozzetto ritornare ancora in scena con il sempre più misterioso oggetto della sua “sociologia” artistica: l’uomo. Quello strano essere incapace di sottrarsi ai più belluini istinti primordiali immortalato a soli vent’anni in Tapum! La storia delle armi, il debutto cinematografico con la partecipazione al suo primo festival d’animazione, a Cannes, torna ora sugli schermi con il titolo Sapiens? e con un eloquente punto di domanda finale sulla presunta “sapienza” di questa ineffabile specie.
A 85 anni suonati il nostro più celebre cartoonist, candidato all’Oscar nel 1991 per il corto Cavallette, rimette così sotto la lente d’ingrandimento da “entomologo” (di quando adolescente faceva i suoi primi filmini con una 8 mm catturando con la cinepresa le formiche del giardino di casa) la brulicante umanità. Ideato dallo stesso Bozzetto e prodotto dal suo Studio (con in testa i figli Andrea e Fabio), in collaborazione con Rai Kids, Sapiens? verrà proiettato in anteprima lunedì 11 dicembre alle 18 al cinema City Life Anteo di Milano durante una serata evento (che si concluderà con la proiezione di Allegro non troppo) dedicata al padre dell’animazione italiana, appena uscito nelle librerie con la sua autobiografia Il Signor Bozzetto – Una vita animata (Rizzoli – Lizard, pagine 260, euro 18.00), scritta con Simone Tempia.
Nel nuovo corto di 23 minuti, con musiche di Beethoven, Chopin e Verdi, si susseguono tre storie con protagonista, appunto, l’uomo e il suo violento comportamento verso la natura e la società con la cronica incapacità di accettare ogni forma di diversità. Il primo capitolo, sulle note de Un Giorno di Regno di Giuseppe Verdi, vuole essere una divertente quanto amara esibizione di tutti i mezzi di distruzione che l’uomo ha inventato con grande creatività per affrontare le tante guerre combattute per i più futili motivi.
Riannodandosi così a quel suo primo corto Tapum! e a ciò che sarebbe stato il suo immediato seguito (Storia delle invenzioni) se il grande John Halas (l’autore del pionieristico cartoon del ‘54 La fattoria degli animali), con una imbarazzante “lezione” di mancanza d’ironia, non gli avesse tarpato le ali della collaborazione in quel lontano ’58 a Cannes. Il secondo, su note di Chopin, vede un piccolo ragno caduto nel lavandino alle prese con una terrorizzata signora e l’indemoniato marito che cerca di ucciderlo a tutti i costi senza pietà. L’ultimo racconto, sull’ouverture del Coriolano di Beethoven, vede lo sterminio di infinite specie animali compiuto per mano dell’uomo dalla sua comparsa sulla terra sino ad oggi.
Un tema talmente caro a Bozzetto da avervi dedicato alcune toccanti riflessioni anche nel suo stupendo libro autobiografico, inorridendo per la mera mercificazione degli animali da parte di una “civiltà” che li considera ormai soltanto come prodotti impacchettati da consumare. «Animale e anima condividono la stessa etimologia – scrive Bozzetto – che significa “vento”, “soffio”: l’animale è ciò che ha una vita, che dentro di sé ha qualcosa di immateriale che va oltre il semplice esistere». Così osserva in uno degli ultimi capitoli, quello dedicato alla sua Pecora, lasciata lì ancora agnellino nel suo giardino a Bergamo da un pastore e diventata una di famiglia, con tutte le sue fragorose e frantumanti testate.
E’ l’unica invettiva di un Bozzetto che ripercorre con amabilità e costante ironia la sua carriera e la sua vita, perfettamente corrispondenti. Con quell’innata vocazione alle arti figurative, ereditata da nonno Girolamo, pittore di madonne e soggetti sacri, e alla sperimentazione appresa da suo padre Umberto. Dal suo ingegno sono nati strumenti artigianali e casalinghi per i primi cortometraggi, come un’asse da stiro adibita a macchina da cel animation e un tapis roulant a manovella per far riprendere al giovane Bruno le formiche in movimento, finite poi anche nel primo corto del suo più celebre personaggio, Un Oscar per il signor Rossi del 1960.
Già, Rossi. Il suo buffo, comico e autoironico alter ego. Frutto di una delusione, come spesso capita quando arriva il colpo di genio. La sua Storia delle invenzioni era stata rifiutata alla Mostra internazionale del film d’autore di Bergamo (nemo propheta in patria si direbbe, visto l’apprezzamento che Bozzetto aveva appena avuto a Cannes, dove un giornale aveva persino titolato “Bozzetto è meglio della Loren”, e i futuri successi che otterrà poi a Berlino e a Los Angeles) e quella sera dalla sua matita aveva fatto capolino «un signore di mezz’età, mezza statura, mezzi baffi ma grandi ambizioni.
Appena l’ho visto, ho immaginato che potesse essere il testimone perfetto per raccontare la completa insensatezza di certe cose che vedevo accadere nel mondo che mi circondava». Sono state decine e decine i corti (tre i lungometraggi) con il signor Rossi protagonista. Un’icona assoluta, amatissima anche all’estero, soprattutto in Germania. Prototipo dell’italiano medio, ma del cittadino metropolitano in generale, con i propri sogni frustrati, i tic, le illusorie fughe dalla realtà e triti cliché comportamentali.
Ciò a cui si è sottratto Bozzetto con la forza della creatività e con tanto pionieristico lavoro (compresi i primi pubblicitari Caroselli degli anni 60, diventati poi il quotidiano sostegno produttivo del suo Studio) sfociato nel primo spaghetti western italiano, il cartoon West and Soda del ’65 seguito tre anni dopo da Vip, mio fratello superuomo e nel ’76 da Allegro, non troppo esploso prima in Usa. Una vita animata, con grandi amicizie a partire da quella con Piero Angela con cui ha anch’egli provato a “spiegare” in tv, con cento cartoni per Quark, noi e il mondo che ci ospita.