Edgar Morin sul palco del Piccolo di Milano nel 2016 - archivio
È l’omaggio della comunità italiana – accademica, ma non solo – al grande pensatore che l’8 luglio taglia il traguardo del secolo. Cento testimonianze d’autore per cento ritratti del filosofo e sociologo di fama mondiale Edgar Morin, nome acquisito da Solomon David Nahoum – ebreo sefardita con avi anche a Livorno – durante la Resistenza al nazismo. Cento anelli di una stessa catena di auguri, per un uomo da sempre attento alla concatenazione degli eventi, e al possibile scatenarsi dell’inatteso. Voti augurali arrivati da esponenti di discipline diverse, a ricostruire il profilo di chi da tempo propone una conoscenza capace di superare proprio la frammentazione dei saperi, la separazione della scienza dalla coscienza, l’incapacità di abitare la complessità e di eleggere la Terra a patria comune. Una proposta nella consapevolezza di vivere un paradosso: con l’umanità per la prima volta legata in una comunità di destino pur sempre a rischio di autodistruzione; con pericoli globali che la minacciano, generati da una sempre più crescente potenza tecnologica e interdipendenza planetaria, ma sfocianti talora in rovinose disgregazioni, nazionali, etiche, religiose. Sono i temi che da decenni stanno al centro delle riflessioni moriniane, aperte a influenze senza preclusioni, ma soprattutto alla ricerca della verità. Temi ripresi in Cento Edgar Morin. 100 firme italiane per i 100 anni dell’umanista planetario (Mimesis, pagine 444, euro 28,00), occasione speciale – scrive il curatore Mauro Ceruti – «per onorare lo studioso, il maestro e l’amico, che oggi, nel pieno di questa gravissima crisi planetaria, ci indica l’orizzonte di un nuovo umanesimo planetario, e continua a chiamarci e motivarci alla resistenza contro ogni forma di barbarie, per costruire insieme reti e oasi di solidarietà, di fraternità, di pensiero creativo». Diversi per approccio, profondità di scandaglio, tasso di gratitudine, investimento emotivo, nitidezza del ricordo, condivisione fra realismo e utopia, i testi della raccolta. Tutti segnati dall’incontro con questo viaggiatore capace di narrare il globale e il locale, i panorami più vasti e i dettagli impercettibili dell’anima, entrato nelle loro vite con tutta la sua forza e mitezza. Doti di un uomo attaccato all’amore, all’amicizia, al dialogo, alla politica, alla pace, alla cultura, all’arte, alla musica, al cinema, al teatro, alla storia, al presente e al futuro, come danno conto le rapsodie delle sue memorie e – generose quanto a consigli e rispetto della libertà – le Leçons d’un siècle de vie (Denoël, pagine 160, euro 17,00) in arrivo in Italia per Mimesis dopo l’estate. Così ecco David Sassoli, presidente del Parlamento europeo che legge l’opera moriniana come un invito a «caricarci sulle spalle la responsabilità del pensiero», pronto a recepirne, anche alla luce della «drammatica lezione del Covid-19» l’indicazione di «un umanesimo rigenerato». Ecco lo psicoterapeuta Oscar Nikolaus che ricondivide un testo del pensatore apparso su queste pagine il 15 aprile 2020 – «abbiamo bisogno di non esorcizzare i rischi e i pericoli ma siamo chiamati piuttosto a formare isolotti di resistenza». Ecco il filosofo Gianluca Bocchi agli occhi del quale «Morin è un pensatore rinascimentale » che «annulla quelle cristallizzazioni del pensiero» in cui «la rinuncia alle domande fondamentali della conoscenza» rischia di «intrappolare le nostre menti». O Giuseppe Gembillo per il quale Morin «rappresenta, al massimo livello, coscienza filosofica del nostro tempo». O il sociologo Sergio Manghi che di Morin rimarca il «contagioso andare per vie improbabili e incerte, che solo provandosi a percorrerle diventano vie». Ma troviamo pure Carlo Petrini che ricorda il suo rapporto con Morin nel comune impegno a esaltare «l’incisività dei movimenti della società civile rispetto alla politica». Michelangelo Pistoletto che non dimentica la «comune intesa sulla necessità di proposte pratiche di trasformazione responsabile della civiltà umana». Don Luigi Ciotti che sottolinea la molteplicità di echi tra il pensiero di Morin e l’enciclica Fratelli tutti «segni di quel pensiero meticcio, transdisciplinare e transculturale, a cui dobbiamo affidare la visione e costruzione di un mondo nuovo». A rivolgere buon compleanno al nostro, tutti a modo loro, attingendo a letture o ricordi, si incrociano nelle pagine il regista Alessandro D’Alatri e il semiologo Ruggero Eugeni, la studiosa di cultura visuale Chiara Simonigh, Marinella De Simone e Dario Simoncini del Complexity Institute, i rettori emeriti dell’Università di Udine Alberto Felice De Toni e dell’Università IULM Giovanni Puglisi; Lucio d’Alessandro rettore del Suor Orsola Benincasa e Alessandro Mariani, rettore dell’Università Telematica degli Studi IUL e pedagogista. Lui a ricordarci un altro leit motiv dell’opera di Morin: quello della “educazione globale” che «salverà il mondo».