Un’usanza orientale vuole che gli specchi si tengano chiusi od oscurati da un panno. Il motivo sta nel fatto che lo specchio è visto come un “luogo” da cui possono uscire demoni maligni. Il gigantesco dipinto di Luigi Montanarini (Firenze 1906-Roma 1998),
Apoteosi del fascismo, nel Salone d’Onore del Palazzo che ospita il Coni al Foro Italico, venne occultato dagli Alleati con un panno nel 1944. E ha aspettato 53 anni che quel velo cadesse, tanto che qualcuno s’era anche dimenticato dell’esistenza del quadro. Era uno specchio pericoloso per un’Italia che non aveva chiuso tutti i conti col fascismo. Fu Walter Veltroni, sindaco di Roma, il primo a proporre di togliere il velo all’“Apoteosi”. Era frutto di una svolta in atto, dove le testimonianze del fascismo venivano viste con occhi più storici che ideologici (nel 1995 c’era stata la svolta di Fiuggi e la fine dell’Msi). Montanarini non era un artista ideologicamente schierato col fascismo, come Sironi per esempio; aveva sì una formazione accademica, ma anche una conoscenza della pittura moderna, francese e olandese in particolare. A proposito del dipinto – che venne “riscoperto” nel 1997, un anno prima della sua morte – ebbe a dire: «Non ho mai dato un significato eccessivo a quest’opera, avevo pensato di mantenere l’anonimato, oppure di firmarla provocatoriamente con il nome del portiere dello stabile in cui abitavo». Forse lo specchio della storia oggi ricomincia a far paura e si propone di rimuoverlo; forse è solo un pretesto mediatico.