Jannik Sinner, 21 anni, in semifinale a Wimbledon - ANSA
C’è il bianco dei giocatori in campo, come da protocollo, ma anche il rosso e il verde che resistono nel tabellone del torneo di tennis più prestigioso al mondo. Sventola il tricolore a Wimbledon grazie a Jannik Sinner che batte Roman Safiullin e centra la prima semifinale della sua carriera in una prova dello Slam (uno dei quattro tornei più importanti) venerdì contro l'eterno Djokovic. Terzo italiano a riuscirci (dopo Nicola Pietrangeli nel 1960 e Matteo Berrettini nel 2021), per la seconda volta in tre anni avremo un nostro tennista a giocarsi l'accesso alla finale sui campi londinesi. Niente male visti i lunghi anni di attesa per tornare protagonisti da queste parti. Sinner, numero 8 al mondo (suo miglior piazzamento raggiunto proprio lo scorso aprile) è anche il più giovane italiano di sempre a raggiungere le semifinali di uno Slam a 21 anni.
Dalle valli dell’Alto Adige all’erba di Wimbledon, ci ha messo poco a prendere confidenza con i prati londinesi considerando che si tratta della sua terza partecipazione. Era dai tempi di Pietrangeli (1955 e 1960) che un italiano non raggiungeva per due volte i quarti di questo celebre torneo, ma lui è stato il primo a riuscirci per due anni di fila. Che l’altoatesino fosse in vena di abbattere tabù lo si era visto già dal borsone di lusso, sgargiante, con cui si è presentato in campo. Mai era accaduto che un tennista qui ricevesse l’autorizzazione per un oggetto di lusso con logo in bella mostra in un torneo dove tutto deve essere rigorosamente bianco. Ha dovuto chiedere l’approvazione agli organizzatori e giustificarsi: «La borsa? È una cosa nuova, ma non è che questa borsa mi faccia giocare meglio o peggio…». Dentro però c’era già una semifinale (in programma venerdì) che è un segnale di grande vitalità per il nostro tennis.
Sognavamo di portare per la prima volta due italiani ai quarti ma Wimbledon si conferma il torneo più ostico per i nostri tennisti visto che questo è l’unico Slam dove non ci siamo mai riusciti. Onore comunque a Matteo Berrettini uscito di scena a testa alta agli ottavi contro uno stratosferico Carlos Alcaraz, lo spagnolo numero uno del ranking (per la prima volta ai quarti, l’anno scorso fu sconfitto da Sinner agli ottavi). Wimbledon ci ha restituito il Berrettini che conoscevamo, quel giocatore che una semifinale qui l’ha già giocata (61 anni dopo Pietrangeli) e vinta nel 2021, diventando l’unico italiano ad aver disputato una finale, persa poi contro il sette volte campione Djokovic, vincitore delle ultime quattro edizioni e a caccia quest’anno del record di Federer a quota 8. Per il tennista romano, ex numero 1 d’Italia, una vera rinascita dopo mesi da incubo e l’uscita a gennaio anche dai primi venti della classifica mondiale dopo tre anni e mezzo. A Wimbledon invece sono ricomparsi gli occhi della tigre, come ha detto sua madre. Berrettini si lascia alle spalle mesi di infortuni e polemiche social con la certezza che a 27 anni nel pieno ancora della carriera, potrà ancora essere protagonista in giro per il mondo.
Ora però tocca a Sinner provare a emularlo nel conquistare un’altra storica finale. Anche se venerdì lo attende un campione senza fine, il 36enne Djokovic che si è sbarazzato con una facilità disarmante del russo Rublev (4-6, 6-1, 6-4 , 6-3). Sarà anche la rivincita della sfida persa contro il serbo ai quarti di finale a Wimbledon lo scorso anno. «Andrò in campo con la giusta mentalità» - ha detto l’altoatesino - ora cercherò di riposare e di affrontare con gioia una delle partite più importanti della mia carriera sin qui». Originario di San Candido, ma cresciuto a Sesto Pusteria, ne ha fatta di strada il ragazzino che faceva fatica a lasciare la sua terra, i suoi affetti per andare ad allenarsi altrove. « Amo la mia famiglia, i miei genitori sono il più grande sostegno in quel che faccio e in passato non mi hanno mai messo pressione addosso - spiegò una volta al Giornale Trentino - Quando è possibile, è splendido passare del tempo a casa. Tuttavia, so che vivere lontano è un sacrificio che devo fare per il bene del mio tennis e negli anni mi sono abituato a questa condizione ». Lui, il rosso più talentuoso della nuova generazione tennistica è una promessa mancata dello sci che ha praticato sin dall’età di 4 anni. Persino campione nazionale di gigante a 7 anni. Poi la folgorazione per il tennis: «Sentivo che sarebbe stato più adatto per me uno sport dove non ci si deve giocare tutto in meno di due minuti». E i suoi allenatori raccontano che terminati gli allenamenti tornava a casa e nella sua cameretta prendeva di nuovo in mano la racchetta, continuando a giocare con il muro e cercando di centrare l’interruttore della luce. Ora che però la luce si è accesa, vuole riflettori sempre più grandi.