domenica 12 gennaio 2020
Una puntata dedicata a Bergoglio apre stasera la nuova serie di “Presa diretta” «A fronte dei detrattori del Pontefice, in questo reportage metto in luce l’esemplarità del suo magistero»
Il giornalista Riccardo Iacona

Il giornalista Riccardo Iacona - Ansa

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Papa Francesco «non è solo uno dei leader più autorevoli del mondo. Nei suoi confronti vengono immediatamente parole di affetto. Perché è come un padre, senti che ha quel qualcosa in più, per cui lo ascolti volentieri. Insomma c’è qualcosa di speciale in quest’uomo ed è ciò che mi ha spinto a seguirlo». Riccardo Iacona spiega così la scelta di iniziare un nuovo ciclo di Presa diretta – nove appuntamenti in prima serata su Rai 3 – con una puntata tutta dedicata al pontificato di Jorge Mario Bergoglio dal titolo volutamente provocatorio: Attacco al Papa (lunedì sera alle 21.20). Dove l’attacco, naturalmente, non è quello mosso dal giornalista e curatore del programma, che anzi guarda al Papa con profondo interesse, ma quello dei suoi critici «purtroppo – aggiunge – sempre più agguerriti».

Per una rete laica come Rai 3 è una scelta inconsueta e per alcuni versi coraggiosa quella di portare il Papa in prima serata.

Sì, ma papa Francesco merita la prima serata perché ha dimostrato una capacità di incontrare e ascoltare il mondo in cui vive davvero eccezionale. Inoltre, fin dall’inizio del suo pontificato ha affrontato l’agenda degli argomenti più importanti che ci riguardano con uno sguardo nuovo: dall’ecologia integrale alla battaglia contro la cultura dello scarto, dal mettere al centro i migranti e i poveri, alla promozione della donna. Uno sguardo di cui, ne sono convinto, oggi anche la politica avrebbe bisogno. Perciò si può dire che il suo messaggio non riguarda solo i credenti, ma tutti gli uomini.

Che taglio avrà dunque il programma?

Sono due anni che penso a come affrontare i contenuti del suo pontificato. E quando è iniziato il Sinodo sull’Amazzonia ho pensato che era arrivato il momento giusto, perché quel Sinodo è pregno di conseguenze che meritavano di essere raccontate.

E perché il titolo Attacco al Papa?

Perché è indubbio che accanto al successo internazionale, Francesco abbia collezionato critiche sempre più feroci, che provengono anche dall’interno della Chiesa.

Anche altri Papi sono stati attaccati. E anche dall’interno della Chiesa. Si pensi a Paolo VI per l’Humanae Vitae.

Sì, ma le critiche all’attuale Pontefice hanno più forza anche grazie ai social. Fino a giungere alla richiesta di dimis- sioni contenuta nel velenoso memoriale dell’ex nunzio apostolico Viganò. Si è poi creata a mio avviso una saldatura tra coloro che attaccano il Papa sul piano dottrinale e una destra internazionale che si nutre di nazionalismo, sovranismo e populismo. Una volta lo schema classico era quello della contrapposizione tra don Camillo e Peppone, che era il comunista. Oggi, ad esempio, sul tema dei migranti, appena si cerca di mettere in pratica le parole di Francesco su accoglienza e integrazione, si viene attaccati dai fascisti, dalla Lega, da alcuni sindaci. Questa saldatura è per me un oggetto di racconto molto interessante, perché come dicono nel programma Enzo Bianchi e Andrea Riccardi, in fondo quello che rimproverano al Papa è di non aver piegato la Chiesa al progetto politico identitario.

Ma non è che a furia di enfatizzare gli attacchi, si finisce per mettere in ombra le grandi e vere novità di questo pontificato?

No, perché nel nostro reportage ci sono anche le voci di quelli che difendono papa Bergoglio e, soprattutto, ci sono 60 minuti in due blocchi in cui provo a raccontare dal mio punto di vista qual è il messaggio specifico. Cioè il Papa riformatore e il Papa della misericordia.

Una consistente parte del programma è dedicata alla vicenda dell’ex nunzio apostolico Viganò. Che idea si è fatto del suo attacco?

È un attacco totalmente pretestuoso, che però fa risaltare ancora meglio l’idea di Chiesa che ha papa Francesco, secondo una certa linea di discontinuità e che evidentemente dà fastidio ai suoi contestatori. La Chiesa come ospedale da campo, non clericalista, in uscita verso il mondo secolarizzato. È a mio avviso l’idea di una Chiesa di popolo per la quale i cosiddetti valori irrinunciabili sui quali si costruiscono le fortezze e le barriere sono meno importanti del dialogo con il mondo contemporaneo. Francesco non ha paura di questo dialogo perché ritiene di avere delle cose da dire. In sintesi, una Chiesa molto interessante che chiede agli stessi cristiani un’adesione più radicale al Vangelo.

La questione della discontinuità è molto dibattuta ed è una delle cose che rischiano di portare acqua al mulino dei detrattori di Francesco. Non sarebbe meglio parlare di sviluppo nella continuità?

Gli elementi di discontinuità secondo me sono oggettivi: l’idea stessa di una Chiesa che insiste molto su uno stile sinodale, che non fa proselitismo, ma evangelizza, lo sguardo della misericordia sulla realtà del mondo contemporaneo li considero segnali di discontinuità. Diciamo così: è certo che papa Bergoglio alcuni temi li sta mettendo in campo con più forza e in questo vedo la discontinuità.

Oltre il giornalista, per il laico Riccardo Iacona chi è papa Francesco?

Mi piace pensare così: i credenti dicono che si riconosce in lui la presenza di Dio. Ecco, questa presenza è capace di farla sentire anche a chi non crede.

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