mercoledì 4 ottobre 2023
Le rilevazioni e le foto del Comitato Glaciologico Italiano e di Greenpeace Italia evidenziano la rapidità senza precedenti con cui si sciolgono le lingue di ghiaccio
Immagini a confronto del ghiacciaio dei Forni, nel gruppo Ortles-Cevedale

Immagini a confronto del ghiacciaio dei Forni, nel gruppo Ortles-Cevedale - Greenpeace Italia

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Se ne stanno andando, lentamente, senza far rumore. Dai più piccoli ai più grandi ghiacciai delle nostre Alpi il ritiro è inesorabile su tutti i versanti. Dall’Austria alla Svizzera i segni del riscaldamento globale su queste riserve d’acqua sono evidenti ovunque. Proprio dalla Svizzera in questi giorni un gruppo di ricercatori dell’Accademia delle Scienze elvetica segnala una drammatica accelerazione della fusione dei loro ghiacciai, i quali hanno perso il 10 per cento del loro volume di ghiaccio in soli due anni in seguito all’elevato caldo estivo e i bassi volumi di neve in inverno.

Sul versante italiano la situazione non è diversa. Recentemente il Comitato Glaciologico Italiano e Greenpeace Italia hanno lavorato su due dei maggiori ghiacciai italiani confrontando la situazione attuale con quella del passato e hanno ottenuto dati allarmanti. “Il rilevamento ha permesso di capire che il ghiacciaio dei Forni, che si trova in Valtellina, quest’anno sta perdendo per fusione il 50 per cento in più di spessore rispetto al 2022. Nella zona più bassa della lingua glaciale non coperta da detrito, le nostre misurazioni hanno segnalato la perdita di 37 centimetri di spessore di ghiaccio in appena quattro giorni, un dato decisamente superiore alla media, che di solito era di 6 centimetri al giorno”, afferma Guglielmina Diolaiuti, glaciologa e professoressa di geografia all’Università degli Studi di Milano, componente del CGI.

Il ghiaccio dei Forni è tenuto sotto stretto controllo dal Comitato Glaciologico, il quale ogni anno rileva la situazione. Su di esso sono state poste anche delle centraline meteorologiche che permettono di rilevare giorno dopo giorno la situazione ambientale. Nelle immagini Greenpeace ha poi messo a confronto lo stesso ghiacciaio a distanza di circa un secolo e il ritiro è evidente.

Immagini a confronto del ghiacciaio dei Forni, nel gruppo Ortles-Cevedale

Immagini a confronto del ghiacciaio dei Forni, nel gruppo Ortles-Cevedale - Greenpeace Italia

Situazione identica per il ghiacciaio del Miage, che si trova nel versante italiano del massiccio del Monte Bianco, in Valle d’Aosta, dove al termine di un’estate segnata da ondate di calore eccezionali e temperature record conferma un andamento di fusione che dura da tempo. Spiega Walter Alberto, operatore glaciologico per il ghiacciaio del Miage e membro del CGI: “Le misure effettuate fino ad oggi ci dicono che negli ultimi 14 anni il ghiacciaio del Miage ha perso complessivamente oltre 23 metri di spessore. Purtroppo, temiamo che il monitoraggio di quest’ultima spedizione ci restituirà una fotografia ancora peggiore. Se la situazione non cambierà, qui come nel resto dei ghiacciai alpini, perderemo grandi masse di ghiaccio e preziose risorse idriche. Ciò significa che avremo a disposizione sempre meno acqua dolce durante le estati secche e calde dei prossimi anni”.

Immagini a confronto del ghiacciaio del Miage, nel Massiccio del Monte Bianco

Immagini a confronto del ghiacciaio del Miage, nel Massiccio del Monte Bianco - Greenpeace Italia

Le immagini a confronto fotografano la situazione a distanza di circa 60 anni. Si nota come oggi, da una certa quota in giù, il ghiaccio sia scomparso ovunque. Da tutto questo si capisce come i ghiacciai siano una evidente cartina tornasole del clima di una certa area. Essi rispondono alle variazioni della temperatura e delle precipitazioni con un ritardo che è proporzionale alle loro dimensioni. Il forte ritiro dunque, è iniziato dopo alcuni decenni dall’inizio della crescita della temperatura terrestre, ma ora sembra non fermarsi più. E anche se oggi le temperature dovessero ridiscendere a valori simili a quelli dell’inizio del secolo scorso, il loro ritorno richiederà certamente qualche decennio. “Dobbiamo abituarci alla trasformazione delle Alpi in paesaggi sempre più simili a quelli appenninici”, spiega Claudio Smiraglia, del Comitato Glaciologico: “E difficilmente potremo rivedere ghiacciai a basse quote nei prossimi decenni”.

Greenpeace / Lorenzo Moscia

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