mercoledì 19 marzo 2025
La parabola di Duckadam: portò la Steaua sul tetto d’Europa facendo felici i romeni vessati da Ceausescu
I tifosi della Steaua di Bucarest omaggiano il leggendario portiere Helmut Duckadam

I tifosi della Steaua di Bucarest omaggiano il leggendario portiere Helmut Duckadam - Alamy

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Eroe per una notte, icona per sempre. Le sue mani resero felice un popolo ma alimentarono anche non poche leggende sul suo misterioso ritiro. Di sicuro dietro la parabola dell’ex portiere romeno Helmut Duckadam ci fu sempre il pressing asfissiante e spietato del regime comunista di Ceausescu. L’ex numero 1 della Steaua di Bucarest entrò nella storia del calcio in una serata di grazia del 1986 a Siviglia: finale di Coppa dei Campioni, lui, il portiere coi baffi, parò quattro rigori al Barcellona regalando il massimo trofeo continentale e una gioia immensa alla Romania vessata all’epoca da una dittatura paranoica. Per la prima volta e contro ogni pronostico una squadra dell’Est si laureava campione d’Europa. Un successo firmato tra i pali dal prode Helmut scomparso lo scorso dicembre a 65 anni lasciando dietro di sé un alone leggendario quanto enigmatico. Soprattutto quando all’apice della carriera un’improvvisa trombosi alle mani stroncò i suoi sogni. A ripercorrere la sua vicenda ci pensa ora anche un libro essenziale Il portiere di Ceaucescu. Helmut Duckadam, storia di un antieroe di Guy Chiappaventi (Bibliotheka Edizioni, pagine 88, euro 15). Un ritratto ben documentato in cui a parlare sembra davvero l’estremo difensore della Steaua che si ritirò dal calcio nel 1991 e negli ultimi anni fece i conti con gravi problemi di salute. La ribalta mondiale arrivò in quella pazza e magica notte di maggio del 1986: a Siviglia la finale contro il favoritissimo Barcellona rimase inchiodata incredibilmente sullo 0-0 anche dopo i tempi supplementari. A quel punto Duckadam mise il lucchetto alla sua porta neutralizzando 4 rigori su 4 dei giocatori blaugrana. La Steaua vinse per la prima volta la Coppa dei Campioni e lui finì sul taccuino dei maggiori club europei. Tra questi anche il Manchester United di Alex Ferguson. Al ritorno in Romania Helmut fu acclamato con tutti gli onori, ma quando sembrava che la sua fama fosse solo all’inizio arrivò l’amaro epilogo. Una misteriosa trombosi alle mani spezzò il suo volo verso la gloria all’estero. A 27 anni, con una carriera ancora tutta davanti, il portiere si vide le ali tarpate. Venne allora fuori una versione leggendaria che poi fu smentita dallo stesso portiere (sebbene solo nel 2007). Si disse che dopo quella finale eroica l’allora presidente del Real Madrid (e secondo alcuni lo stesso re Juan Carlos) regalò al portiere una macchina lussuosa per ringraziarlo di aver battuto i rivali del Barcellona. Nicu, figlio del dittatore Ceaucescu, gli chiese l’auto ma Duckadam si rifiutò. Per tutta risposta, alcuni giorni dopo il portiere si ritrovò con entrambi i polsi fratturati. Una narrazione che non trova conferma nemmeno in questo libro. Anche se i dubbi sono sempre rimasti, alimentati certo dalle pratiche poco ortodosse del regime nei confronti dei dissidenti e dal silenzio di paura imposto dalla Securitate, la terribile polizia segreta. Nel caso però del numero 1 della Steaua pare proprio che decisivo fu un problema di salute (un coagulo di sangue nel braccio). E così a tre anni da quella storica finale il portiere passò ai meno blasonati connazionali del Vagonul Arad dove chiuse col calcio con due stagioni da anonimo panchinaro. Ceaucescu non c’era già più: era stato giustiziato il 25 dicembre del 1989. Lasciò un Paese alla fame e con tante cicatrici. Secondo le stesse testimonianze di Duckadam la squadra spesso si allenava senza energia elettrica, utilizzando i fari delle auto per illuminare il campo. Eppure quando trionfarono in Coppa il regime fece di tutto per intestarsi la vittoria e dimostrare all’Occidente la superiorità del modello comunista romeno. Di fatto Helmut, l’eroe di Siviglia, rimase mestamente in patria. Lui che pure aveva trascinato i suoi sul tetto d’Europa scatenando un’accoglienza impressionante al ritorno a Bucarest: 15mila persone all’aeroporto e altrettante lungo le strade in un tempo in cui erano vietate le manifestazioni spontanee. Una favola senza lieto fine, ma nonostante tutto le sue parate furono una luce di speranza nel buio di un paese spettrale.

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