martedì 13 ottobre 2020
L’attore torna in onda su Rai1 dal 15 ottobre al fianco di Luca Argentero nella serie ”Doc, nelle tue mani”. E vince il Prix Italia con la commedia web ”La mia jungla”. «Racconto le famiglie normali»
Giovanni Scifoni con la sua famiglia nella web serie "La mia jungla" su Rai Play

Giovanni Scifoni con la sua famiglia nella web serie "La mia jungla" su Rai Play

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«Quello dell’amico è un ruolo molto bello, perché l’amico di fatto è quello che porta sulle spalle il peso degli altri, come Simone di Cirene, condividendo la gioia e il dolore». Il sorriso aperto dell’attore Giovanni Scifoni è lo stesso del dottor Enrico Sandri, il neuropsichiatra amico del medico “smemorato” Luca Argentero nella fiction Doc, nelle tue mani che riparte, dopo l’interruzione causa pandemia, con la seconda parte della prima serie da giovedì 15 ottobre su Rai 1 in prima serata. Una serie targata Lux Vide, ambientata a Milano che ha avuto enorme successo, con punte del 33%, durante il lockdown, e che avrà una seconda serie che racconterà anche del Covid–19. «Il regista Ian Michelini ha affrontato questa serie con una serietà e una dedizione che non vedevo da tanto tempo. Tutti noi, a partire da Luca Argentero, avevamo la percezione di avere per le mani qualcosa di prezioso perché scritto benissimo – ci racconta l’attore che in questi giorni è sul set in Romania di una grande produzione Bbc –. Il pubblico ci ha premiato perché si è accorto che tutto è stato fatto con grande sincerità».

Un ruolo azzeccato per il 44enne attore, sceneggiatore e drammaturgo romano che ultimamente sta mietendo un successo dopo l’altro. Il pubblico affezionato di Tv2000 ha imparato a conoscerlo con le pillole sul “santo del giorno” all’interno del programma di Alessandro Sortino Beati voi. Che poi si sono evolute sino ad arrivare alle simpaticissime avventure familiari per Rai Play La mia jungla, scritte, dirette e interpretate da Scifoni con moglie e figli, che ha vinto come migliore web fiction all’ultimo Prix Italia organizzato dalla Rai.


«Tutto è nato due anni fa quando l’allora direttore di Tv2000 Paolo Ruffini mi chiamò per raccontare il santo del giorno – racconta Scifoni – I primi video facevano pochissime visualizzazioni. Fino a che una notte alle 4, mentre mi arrovellavo, ebbi un’idea: andai in camera da letto e puntai la telecamera su mia moglie chiedendole. “Tu che mi dici di san Tommaso Reding?” e lei mi rispose dicendomene di tutti i colori. Ecco, la nostra avventura nasce lì». Una avventura che ha ottenuto migliaia di visualizzazioni sul web. «Bisognava risvegliare i morti, risvegliare i santi che sono l’incarnazione vivente della più alta umanità. Grazie alla grande opportunità di Tv2000 mi si è aperto un mondo davanti pieni di luci e ombre, che ho cercato di raccontare in modo contemporaneo. Da lì poi ha preso forma il racconto quotidiano della famiglia con le prime clip su youtube che poi sono diventate un programma per Rai Play durante il lockdown».

E proprio in quel periodo, parlando di smart working, scuola online e bambini scatenati, in tanti si sono immedesimati nella “jungla” di casa Scifoni. «E’ diventato il diario di bordo di quello che ci stava succedendo alle famiglie italiane – spiega l’attore – . Io non ho una vita da avventuriero, non mi drogo, ho una sola moglie, Elisabetta, e figli Tommaso di 14 anni, Cecilia di 11 e Marco di 7. Quella che vedete è casa mia, non è grande, ci stiamo stretti. La vita delle persone come noi è poco raccontata, perché c’è questa idea nella narrativa che il racconto ha bisogno dello straordinario». Invece la vita di ogni giorno può essere straordinaria, eccome. «Il grande luogo comune, sbagliatissimo, è che raccontare il male sia più interessante che raccontare il bene. Il racconto iperdopato di elementi spettacolari produce nella persona l’idea che la vita è interessante solo se è piena di elementi straordinari. Questa narrazione esclusiva porta ad un impoverimento culturale ed è una forma discriminatoria. Il racconto dell’ordinario è estremamente affascinante. Io mi sono preso l’incarico di raccontare vite ordinarie in questo tempo straordinario».

Alla base delle convinzioni dell’attore, c’è un profondo cammino di fede. «Io provengo da una famiglia neocatecumenale e la fede è un dono che i miei genitori mi hanno consegnato – ci racconta –. Ho affrontato le mie crisi quando ho iniziato a lavorare come attore. Ero arrivato a pensare che si potesse fare a meno della fede. Poi ho capito che quello che mi avevano consegnato i genitori non era un prontuario per diventare una brava persona, ma l’incontro con Gesù, che mi accettava per quello che ero. E questo abbraccio bello e forte non mi ha abbandonato più» si apre Scifoni. La fede è entrata anche nei suoi lavori teatrali, premiati più volte a “Teatri del sacro”, come Le ultime sette parole di Cristo, Guai a voi ricchi, Santo piacere. «Io ho iniziato con Paolo Poli che raccontava il suo mondo di fatine e principini, portando avanti il suo teatro. Anche io vorrei fare come lui. La fede nel Vangelo, è da lì che son partito per raccontare tutte le crisi, i dubbi che avevo, i paradossi della fede, le discussioni infinite con genitori e amici. I dubbi creavano una fortissima comicità a mia insaputa, e il messaggio è arrivato».

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