domenica 9 febbraio 2020
Un saggio cerca di far capire come la grande figura del poeta che cantava la “notte oscura” possa essere un antidoto per formare le nuove generazioni alla fatica del cammino e alla bellezza di vivere
Il ritratto di san Giovanni della Croce dipinto nel 1680 circa da Cesare Gennari

Il ritratto di san Giovanni della Croce dipinto nel 1680 circa da Cesare Gennari

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Possono i classici e i grandi geni della spiritualità aiutare i giovani in un cammino di risveglio, di autenticità e di impegno spirituale? È questa in fondo la domanda sottesa al libro di Rosalba Bartoletti, La mistica di S. Giovanni della Croce, raccontata ai giovani atei di oggi, Tau Editrice, pagine 222, euro 14), docente di Religione presso i Licei Scientifici e Linguistici di Perugia. Il disagio di tanti giovani, che rischiano, per usare le parole di papa Francesco, di confondere «la felicità con un divano, un divano contro ogni tipo di dolore e timore, un divano che ci faccia stare chiusi in casa senza affaticarci né preoccuparci, la 'divano-felicità' dei giovani imbambolati e intontiti» può trovare nell’opera del grande mistico spagnolo un paradossale, insperato e straordinario amico, nonché compagno di viaggio. Ma com’è possibile e in che senso?

Giovanni è un maestro della mistica e dell’interiorità. Mentre un’educazione alla spiritualità troppo concettuale e razionalizzata non parla ai giovani d’oggi, la via dell’interiorità può affascinarli. Giovanni propone un cammino non tanto teorico, ma basato sull’esperienza, sulla conoscenza di sé, per arrivare alla fine all’unione con Dio. Sembra lontanissimo da un giovane d’oggi, ma dall’altra il richiamo può essere irresistibile. Giovanni fu uno straordinario direttore spirituale, capace di una empatia e di una saggezza incomparabili. Incontrare Giovanni significa fare l’esperienza, mirabile e quasi sconosciuta anche a tanti adulti del nostro tempo, di un maestro di vita e dell’anima.


Giovanni è un esploratore della 'notte oscura' dell’anima, e delle profondità



Giovanni è un esploratore della 'notte oscura' dell’anima, e delle profondità. E forse questo è uno dei motivi di maggiore fascino del suo percorso per tutti e specialmente per un giovane. Se la difficoltà per tanti ragazzi di oggi è, sempre per citare papa Francesco, il «contatto doloroso con le proprie debolezze», con i propri limiti e le proprie paure, chiudendosi in se stessi e in una realtà virtuale (in tutti i sensi), Giovanni insegna qualcosa di cruciale: il mistero di sé, dell’altro e del divino si avvicina più attraverso l’oscurità, la perdita, il distacco. Anche il dolore e l’ombra possono acquisire un senso e favorire una maturazione, senza nessun culto masochistico della sofferenza.

Scoprire dentro di sé queste zone incompiute, fragili, buie può aprire ad un mistero più grande. La via del nada y todo. Giovanni descrive un cammino paradossale in cui alla fine la vita è piena. Una vita che può zampillare nella gioia e nell’amore. Si entra nelle «profonde caverne dell’anima», per usare una suggestiva immagine di Giovanni della Croce. Il cammino è lungo, complesso, anche arduo. La via di Giovanni non propone la chimera del successo, spesso inebriante, ma alienante, e magari vissuto a spese degli altri o del proprio sé più autentico. No, il cammino di Giovanni è la «salita di un monte» della liberazione e dell’unione, dove regna il nada y todo. Come canta Giovanni della Croce in alcuni suoi immortali versi: «Per giungere a gustare il tutto, non cercare il gusto in niente. \\ Per giungere al possesso del tutto, non voler possedere niente. / Per giungere a essere tutto, non voler essere niente».


Giovanni nasce povero, ma sceglie anche la povertà materiale e interiore come modo e stile di vita.



La via della poesia: Giovanni della Croce è anche un artista, un maestro della parola, un poeta, un fedele della bellezza. La spiritualità di Giovanni sa che il bello è uno dei trascendentali, che dicono la gloria del mistero. Senza una via della bellezza profonda, legata al vero, al buono e al giusto, la nostra vita non è veramente umana (e divina). Anche qui il messaggio di Giovanni può essere travolgente per un giovane, se è vero, come voleva il grande psicoterapeuta e maestro dell’interiorità, Kalfried Graf Durckheim, che l’adolescenza è per eccellenza un’età iniziatica e trasformativa, dove il giovane cerca la bellezza e l’Essere in se stesso, non solo un periodo di disagi psicologici e di immaturità. La via della povertà: qui la 'provocazione' del Doctor Mysticus ai giovani è massima. Giovanni nasce povero, ma sceglie anche la povertà materiale e interiore come modo e stile di vita. Rosa Rossi nel suo sempre valido Giovanni della Croce. Solitudine e creatività (1994), ci spiega come le attitudini umili del santo siano anche un gesto politico, mite e fortissimo insieme. Seguire la via della ricchezza significa conformarsi a una società ingiusta, classista, fatta di privilegi e di potere. Giovanni sceglie di sedersi a terra, come gesto. Il suo è anche un atto di opposizione nonviolenta. La povertà di Giovanni oggi potrebbe dire sobrietà, condivisione, essenzialità, uscita dalla tremenda spirale della mercificazione.

La via è ardua. Ma ne possediamo un’altra? Il sottotitolo del libro della Bartoletti parla dei 'giovani atei di oggi'. La categoria di ateismo andrebbe forse meglio articolata. Per i giovani di oggi, senza per altro corrive generalizzazioni, si potrebbe meglio parlare di spaesamento, di disorientamento, di indifferenza, di ripiegamento su se stessi, di difficoltà ad incontrare ciò che è profondo. Ancora le parole di Francesco sono incisive: «E quando la paura si rintana nella chiusura, va sempre in compagnia di sua sorella gemella, la paralisi; sentirci paralizzati. Sentire che in questo mondo, nelle nostre città, nelle nostre comunità, non c’è più spazio per crescere, per sognare, per creare, per guardare orizzonti...». Ecco quindi i nemici principali dei giovani: paura, paralisi, crisi dell’immaginazione, della capacità di sognare un mondo diverso e migliore. Per l’autrice del libro è soprattutto la cultura di una nietzcheana 'morte di Dio' che i giovani ereditano. Ma andrebbe secondo noi più indagata la radice economicistica del nichilismo vigente, che aumenta le disuguaglianze, soffoca con la tecnocrazia, spegne l’anima e rende succubi di un produttivismo insensato, prestazionale.

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