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Ci sono vittorie che entrano di diritto nella storia. Quella della Ferrari a Montecarlo appartiene a questa categoria per vari motivi. E' la prima doppietta dopo almeno sette anni di digiuno, segno di un dominio tecnico che mancava a Maranello da troppo tempo. E' la gara che ha permesso a Vettel di allungare in classifica generale, con la sua vittoria, infatti ora ha 25 punti su Hamilton che non è andato oltre la settima posizione dopo essere partito 13. E poi il podio, con un Raikkonen immusonito e un Ricciardo impacciato.
Su quel podio c'era qualcosa di importante. C'era la Ferrari di oggi, con Sebastian Vettel. E c'era la Ferrari di ieri, quella rappresentata da Kimi Räikkönen, del suo mondiale del 2007 e del suo futuro incerto. Ma c'era anche un pezzo di Ferrari del futuro, con quel Daniel Ricciardo che ora si trova nei panni stretti di una Red Bull poco competitiva, con una voglia di vittoria che la squadra non gli può dare e un cavallino rampante nello sguardo che però spazia almeno al 2019. Se non succede qualcosa prima. E il prima, per paradosso, è stato scritto tempo fa. A metà di una stagione 2016 avara per Vettel e l'obbligo di pensare al futuro. Con una Mercedes unica squadra che può pagare certi ingaggi (siamo almeno sui 25-30 milioni di euro all'anno) con una Ferrari che era una scommessa per il 2017. Ora i giochi si complicano. Perché va bene che un pilota fa le scelte in base ai soldi e alla competitività della vettura, ma da Montecarlo esce uno scenario davvero insolito.
La Ferrari di oggi è una squadra perfetta, paga gli stipendi alti come poche, ha una macchina competitiva e un futuro radioso. L'idea Mercedes di Vettel se era valida l'anno scorso, adesso vacilla. Ma se ci sono contratti da rispettare che fare? Intanto pensare a vincere il mondiale. E con questa macchina, squadra e la vittoria a Montecarlo gli elementi ci sono tutti. E' una Ferrari da mondiale con un pilota da mondiale. Vincere e andarsene? Chissà, lo hanno fatto in tanti, e poi una volta ottenuto l'alloro iridato, può partire la terza sfida, rivincere con la Mercedes. Titoli mondiali con tre auto diverse. Non lo ha fatto nessuno, una bella sfida davvero. Stessa cosa per Hamilton. Ha vinto con McLaren e Mercedes, perché non tentare con la Ferrari? Ci verrebbe a piedi di notte pur di farlo. In una Mercedes in cui un terzo titolo non gli darebbe più niente, la sfida Ferrari sarebbe il massimo. E Ricciardo? Prima che si completino gli scenari descritti deve darsi una mossa, sperare si apra un buco, magari quello di Räikkönen che saluta e se ne va.
La faccia arrabbiata di Kimi sul podio a Montecarlo era quella di chi sa di aver perso l'ultima occasione della vita, perché una cosa simile non gli capiterà più. Ecco allora la chance di Ricciardo, quel futuro ferrarista che sogna: «Chiaro che è un obiettivo, mi piacerebbe molto, ma chissà, nella vita non bisogna mai abbandonare i sogni e il mio vorrei realizzarlo. Diventare campione del mondo e magari poi correre con una Ferrari». Lo ha detto spesso e lo ripete adesso. E per quest'anno? «Non credo avremo molte possibilità di vincere, il mondiale ha preso una piega ben precisa. Mi spiace non esserci...».