martedì 2 luglio 2024
Campione d'Italia con il Cagliari nel 1970, aveva 77 anni ed era noto per le autoreti, tutte "d'autore". La curiosa origine del suo nome: Comunardo. «Ma mia mamma mi chiamava Silvano»
Comunardo Niccolai con la maglia del Cagliari

Comunardo Niccolai con la maglia del Cagliari - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Che fosse un personaggio speciale lo capivi dal nome: Comunardo. Lui lo spiegava con le idee sinistrorse del padre innamorato della Comune di Parigi, «ma in casa mia mamma, cui quel nome non piaceva per niente, mi chiamava Silvano». All’età di 77 anni si è spento Niccolai, uno dei migliori stopper (oggi detti “centrali”), della storia del calcio italiano. Gli è stato fatale un malore accusato la scorsa notte nell’ospedale di Pistoia.

Vicecampione del mondo con la nazionale azzurra a Messico 1970, Niccolai era soprattutto il leader difensivo del Cagliari dello scudetto. Ma ancora di più il suo mito è legato all’involontaria propensione agli autogol, alle reti nella propria porta. In realtà non ne fece tante, sei in tutto, ma ciascuna è a suo modo una piccola opera d’arte. Al contrario. La più famosa, probabilmente, quella del 15 marzo 1970 a Torino nel match scudetto contro la Juventus, sullo 0 a 0: uno “splendido” colpo di testa in anticipo sul portiere Albertosi. Per sua fortuna a rimettere le cose a posto ci avrebbe pensato Gigi Riva fissando il punteggio sul 2 a 2 finale.

Il Cagliari che vinse lo scudetto nella stagione 1969-70

Il Cagliari che vinse lo scudetto nella stagione 1969-70 - Wikicommons

Il Cagliari è stata la squadra della sua vita. In rossoblù, anche se la maglia dell’anno dello scudetto era bianca, giocò 12 stagioni, fino al 1976. Lui però era toscano, di Uzzano, nel Pistoiese dov’era nato il 15 dicembre 1946. I primi calci nel Montecatini, poi il trasferimento in Sardegna, inizialmente al Sorso e poi alla Torres, infine al Cagliari a formare con Tomasini una fortissima coppia difensiva, supportata da Cera e Martiradonna mentre Zignoli era un terzino più propenso ad attaccare. Anche Niccolai del resto non lesinava le sortite offensive che gli valsero quatto reti in 225 presenze in Serie A. Dopo il Cagliari la sua carriera, con un intermezzo nel campionato nordamericano, sarebbe proseguita nel Perugia e poi con il Prato. Solo tre invece le presenze in nazionale, tutte nel magico, per lui, 1970.

«Lascia il ricordo di un grande sportivo, un uomo educato, gentile, rispettoso, cordiale, che sapeva farsi voler bene», scrive il Cagliari nel primo messaggio di cordoglio. L’omaggio, semplice ad un grande che sapeva prendersi in giro, persino sugli autogol. E dire che i compagni dell’anno dello scudetto lo chiamavano “agonia”. «Ero magrissimo, con il viso scavato» ricordava nelle sue interviste, «sembravo sempre sul punto di tirare le cuoia». Il suo calcio, invece, metteva allegria, perché vigoroso, dinamico, coraggioso. A suo modo artistico, sicuramente mai banale. Con Niccolai, Comunardo detto Silvano soprannominato agonia, scompare un simbolo dello scudetto impossibile del Cagliari, per certi versi se ne va un re. E che lo fosse dei goal segnati nella propria porta, poco importa. Faceva amare il calcio, quello che per strada crea amicizia e fa comunità. Scusate se è poco.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: