Ansa
È morta Milva. La cantante aveva 81 anni e viveva nella casa di via Serbelloni, pieno centro di Milano, con la segretaria Edith e la figlia, Martina Corgnati, critica d'arte. La notizia della scomparsa della "Rossa", come veniva chiamata per la sua famosa fulgida chioma di capelli ramati, è stata anticipata da La Repubblica. La figlia ha confermato all'Ansa che Milva è morta ieri e che era malata da tempo.
Nata a Goro, in Emilia Romagna, il 17 luglio 1939, ha partecipato 15 volte al Festival di Sanremo, un record di presenze che detiene insieme a Peppino Di Capri, Toto Cutugno e Al Bano. Nel 2010, dopo aver pubblicato il terzo album scritto e prodotto per lei da Franco Battiato (dopo Milva e dintorni del 1982 e Svegliando l'amante che dorme del 1989), intitolato Non conosco nessun Patrizio e balzato immediatamente nella top 20 dei dischi più venduti in Italia, aveva annunciato il suo addio alle scene, dopo mezzo secolo di palcoscenico. Per molti è stata la «Pantera di Goro».
Nella sua lunga carriera Milva è passata dalla canzone popolare al teatro di Giorgio Strelher, passando per la musica di Franco Battiato, di Ennio Morricone, di Astor Piazzolla, le canzoni dei grandi compositori greci, francesi, tedeschi e tanto altro ma anche quelli sui palcoscenici di tutto il mondo. La sua statura artistica è stata ufficialmente riconosciuta dalle Repubbliche Italiana, Francese e Tedesca, che le hanno conferito alte onorificenze.
Popolare dagli anni Sessanta, non solo in Italia, al culmine di una carriera che avrebbe pubblicato 178 album in tutto il mondo, vendendo 80 milioni di copie, un repertorio che dalla musica leggera, in cui diviene presto una regina, spazia in altri generi, dal tango alla musica napoletana, Milva a un certo punto cerca qualcosa di differente. Non rinnega affatto gli impegni discografici, e Sanremo, ma cerca qualcosa da affiancare a quella sua dimensione.
Mi immagino, ma è solo mia immaginazione, che, ingabbiata nel quartetto delle regine della canzone italiana, potesse accettare il soprannome di Pantera di Goro, accanto a quello di Mina, la Tigre di Cremona. Ma in queste metafore paesane penso si sentisse diversa dall’Aquila di Ligonchio, Iva Zanicchi, e dall’Usignolo di Cavriago, Orietta Berti. Con tutto il rispetto, cercava anche altro. Non è un caso che nel quartetto delle voci femminili italiane del tempo non comparisse Ornella Vanoni: pur se notissima e memorabile anche a Sanremo, pensiamo solo a Io ti darò di più, non è mai stata nazionalpopolare. Le sue colleghe si chiamano Dionne Warwick, le sue discendenti, pur meno vocalmente geniali, Patty Pravo e Rettore. Milva voleva anche una nuova immersione e cercò il teatro. E lo trovò.
Milva cerca altro, guadagna, incide dischi su dischi, è famosa in mezzo mondo, ma aveva sposato un uomo più anziano e appartato, persona di cultura, lo lascerà ma la storia è indicativa, poi approderà al Piccolo Teatro non dalla porta di servizio ma da quella apertale da Giorgio Strehler, affiancherà a Sanremo, alle sale di incisioni, alla fama, un’altra dimensione che non rifiuta quella popolare, ma vi si affianca.
Per questo credo che sia stata una persona seria e curiosa. Non una delle sue scelte che mi possa emozionare, da quella di Brecht all’interpretazione delle poesie di Alda Merini, alla sua versione italiana di Edith Piaf (tutte cose che per chi ama David Bowie, Derek Walcott, Peter Brook...).
Ma sono scelte di una persona seria e onesta che intende incanalare il proprio indiscusso talento musicale, riconosciuto ovunque, e anche utilizzare il suo stesso successo e la sua popolarità per cercare una strada che non la relegasse alla figura del cantante, che pure Milva onorò con serietà e passione. Un tentativo di restare nella musica leggera usando però la propria voce per fare anche altro, a partire dall’attività di attrice.
Rivelando quindi una personalità forte, una capacità di passione e impegno. Non considero molto Brecht, ma nel caso di Milva non vi fu solo Brecht ma Giorgio Strehler, che la assunse nel suo magistero e credette in lei: e Strehler è forse il massimo regista del Novecento, non sceglie a caso. Senza arrivare ai vertici del maestro triestino, che riesce anche a farsi perdonare l’infatuazione brechtiana grazie ai suoi Shakespeare e Goldoni irraggiungibili, non dimentichiamo che Jannacci scrive un disco per lei. E Battiato, che è un artista serio e non ignaro della cultura dell’anima e dello spirito, lavora con lei e per lei, con la quale collabora anche David Riondino, una delle persone più intelligenti che io conosca.
Milva quindi è una grande interprete della musica leggera che cerca e fa anche altro. Altra musica, teatro, un genere di spettacolo in cui recitazione e canto si fondono, e lo fa a volte mirabilmente, usando la sua voce in molte gamme che non sono soltanto quelle canore. Credo che anche la sua anima avesse molte gamme, immagino fosse una persona che cercava e voleva continuamente fare qualcosa di bello, appassionante e nuovo.
La camera ardente sarà allestita nel foyer del Piccolo Teatro Strehler, martedì 27 aprile, dalle 9.30 alle 13.30. I funerali seguiranno in forma strettamente privata. Lo comunica il Piccolo. "Oggi - dice il direttore Claudio Longhi - ci ha lasciato Milva, uno strappo doloroso per il Piccolo Teatro di Milano e per la sua memoria. La sua voce indimenticabile, inconfondibile, luminosa e incisiva come il soprannome che indossava con eleganza, ha tracciato un capitolo importante della storia della musica e del teatro italiano, colorandolo del rosso della sua chioma e della sua incandescente personalità".
Il 26 marzo scorso Milva aveva anche ricevuto il vaccino contro il Coronavirus. "Io mi vaccino perché tengo alla mia vita a e alla vita altrui", aveva scritto sulla sua pagina Facebook, "Fatelo anche voi. Abbiamo bisogno di tornare alla vita di prima, e di abbracciare i nostri cari. Tutti quanti insieme possiamo farcela a sconfiggere questo virus".