domenica 3 aprile 2016
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Un’esistenza votata fin da giovanissimo all’arte, quella di Luigi Filippo Tibertelli, terzogenito di undici figli nato a Ferrara l’11 maggio 1896 da una famiglia di ascendenze aristocratiche – il padre Ermanno aveva infatti ereditato il titolo di marchese – e dalle lontane origini pisane. Da un avo toscano, Filippo detto il “Pisa”, capitano di ventura trasferitosi verso la fine del 1300 nella città emiliana al soldo degli Estensi, il giovane avrebbe ben presto mutuato lo pseudonimo di Filippo de Pisis. Poiché un nobile, specialmente in un ambiente di provincia e malgrado le condizioni economiche abbastanza precarie della famiglia, non poteva di certo abbassare il suo nome e lo status sociale abbracciando la vita bohémien- ne dell’artista. Eppure, poesia e pittura condurranno Filippo a questa scelta definitiva che l’accompagnerà per tutto il corso dell’esistenza. Una magnifica avventura, sancita dall’incontro a vent’anni con i “Dioscuri”, i fratelli Giorgio e Andrea de Chirico che, rientrati da Parigi allo scoppio della Prima guerra mondiale e arruolati nell’esercito italiano, vengono assegnati al 27° Reggimento fanteria di stanza a Ferrara. Nella città estense c’è anche Carlo Carrà, ricoverato all’ospedale per una nevrosi da guerra: il pittore futurista non ha retto all’insensatezza dei massacri e alla barbarie del fronte. Ma la stagione “metafisica” del Marchesino pittore, altro soprannome di de Pisis, darà pochi frutti, visto che egli insegue un proprio ideale di pittura e di poesia, a contatto diretto con luoghi e natura. Filippo è anche autore di romanzi, di contes philosophiques alla Diderot e di libri a sfondo autobiografico, nei quali cerca di raccontarsi descrivendo le città in cui dimora. Ferrara in primis, a seguire Roma, Parigi, Londra, Milano, Venezia. Nella capitale francese è talmente conosciuto che svariati artisti italiani giungendovi per la prima volta fanno tappa in rue Servandoni, in quel «grazioso appartamentino». E in Francia de Pisis dichiara apertamente la propria omosessualità, tant’è che dopo l’entrata in guerra incontrerà una certa difficoltà a tornare in Italia sotto il fascismo: sarà il suo vecchio compagno di ginnasio Italo Balbo ad assicurargli l’impunità. A Milano, in via Rugabella, rimane sconvolto dai bombardamenti alleati. E, dopo il conflitto, il rientro nella vita totalmente spensierata di Venezia e delle altre località mondane da lui predilette. Per approdare infine a Brugherio, cittadina a nord est di Milano, dove viene ricoverato nella casa di cura Villa Fiorita dal 1949 sino a pochi giorni prima della morte, avvenuta a Milano il 2 aprile 1956. Il pittore si trovava in un hotel a Saint-Vincent quando cadde preda di una crisi di nervi senza controllo, costringendo la nipote Bona e il professor Pospisil a caricarlo in auto e a fare rotta su Brugherio. I sintomi di cui soffre da tempo sono ansia, insonnia, depressione, continue cefalee che lo prostrano facendolo urlare. Inizia così la degenza a Villa Fiorita, antica dimora dei conti Andreani trasformata in casa di cura e sede oggi del comune di Brugherio. Il pittore diventa una sorta di personaggio emblematico della clinica. Si scorge de Pisis nella latteria, nelle osterie e nelle botteghe di Brugherio. Con pochi ostentati gesti, a volte compone uno schizzo su un pezzo di carta da lasciare in pagamento per le consumazioni; oppure, seduto dinanzi al cavalletto, dipinge en plein air una cascina attorniato da sguardi curiosi, in religioso silenzio. Il professor Virginio Porta, direttore dell’istituto, gli mette a disposizione la serra di Villa Fiorita che il Marchesino predispone a mo’ di atelier. Qui vengono a trovarlo gli amici di vecchia data, tra cui il gallerista Carlo Cardazzo con la sua compagna Milena Milani; e lo scrittore Giovanni Comisso, che descrive Brugherio come una landa sconsolante tra Monza e Milano. Ma è qui che de Pisis consuma la sua vita, con le condizioni di salute che peggiorano fino alla paralisi. Negli ultimi tempi appariva come il fantasma di se stesso, il fantasma del Marchesino pittore. © RIPRODUZIONE RISERVATA Sessant’anni fa si spegneva l’artista poliedrico: pittore, poeta e romanziere Una vita travagliata: le origini nobili ferraresi, l’incontro con i De Chirico, gli anni di Parigi, le crisi e le malattie fino al rifugio finale di Brugherio Il pittore Filippo De Pisis
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