sabato 3 aprile 2021
Il Principe compie settant’anni e a raccontarcelo è il suo esegeta: «I treni e il Natale vennero prima della passione per la musica». Svoltò con Rimmel, trionfò con Dalla e volò con “La donna cannone”
Il cantautore romano Francesco De Gregori

Il cantautore romano Francesco De Gregori

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Per raccontare i 70 anni di Francesco De Gregori – li festeggia il giorno di Pasqua – bisogna partire dagli inizi della storia, che un po’ siamo anche noi... Anni ’50: treni e carri armati Francesco De Gregori nasce a Roma il 4 aprile 1951, «tranquillo, sorridente e grasso», come dirà. L’anno dopo la famiglia si trasferisce a Pescara per un po’ di anni, vicino ad una stazione e non distante dal mare. Un po’ dell’infanzia del piccolo Francesco è riposta in una sua canzone di tre decenni dopo, «Il ’56», una scampagnata nei ricordi, fra la passione per i treni («Salivo su una sedia per guardare i treni/ da dietro la finestra sul cortile grande») e quella per il Natale («cominciavo ad aspettarlo quattro mesi prima/ i regali mi duravano una settimana »). Ma dentro ci sono anche le fotografie dei carri armati che ritagliava dal settimanale “Epoca” e incollava sul cartone. I carri armati erano quelli sovietici che invadevano l’Ungheria. È il primo incontro di quel bambino con la storia, altra sua grande passione.

Anni ’60: Via Garibaldi 59 È un ragazzo di 17 anni lungo e smilzo quello che entra per la prima volta al Folkstudio di Roma e che contribuirà a farlo diventare leggenda. È l’inverno del 1968, siamo in una Trastevere molto popolare e poco turistica. Lo accompagna il fratello Luigi che già bazzica quel posto, ci canta canzoni folk americane e ora gli dà qualche dritta per il suo primo concertino («se sbagli qualcosa vai avanti comunque», «cerca di ricordarti le parole», «non ti demoralizzare se qualcuno va via»). Ma l’emozione e le dita gelate lo tradiscono. I concerti successivi andranno meglio, molto meglio. Crescerà artisticamente lì De Gregori, e con lui Venditti, Rino Gaetano e tanti altri. Ma il Folkstudio saranno anche pezzi di vita, incontri e primi amori. A questi ultimi è dedicata Belli capelli, del 1982. Ai primi amori e ai capelli che inizia a perdere.

Anni ’70: il topo nel formaggio Nell’anno di grazia, 1975 il successo lo travolge (e un po’ stravolge). Il disco è Rimmel, una mezz’ora scarsa ma zeppa di canzoni passate alla storia della nostra canzone. E non solo di quella. Lo registra negli studi della Rca, ma di nascosto, «come un topo nel formaggio» dirà, perché lo vuol fare come dice lui e non come vorrebbero farglielo fare alla Rca. Gli va bene: il disco sta 60 settimane bello comodo in classifica. Il brano che gli dà il titolo parla di una storia d’amore tramontata, ma lo fa scardinando il modo di scrivere classico e citando tre volte le carte (prima lo zingaro che gliele legge e che in realtà è la prima moglie di Fabrizio De André, poi i quattro assi e infine quel «come quando fuori pioveva») a simboleggiare gioco e destino. «Che grande canzone evocativa dell’anima, leggibile a tutti i livelli» ha detto Roberto Vecchioni. Vero, ma sugli amori finiti c’era stata un’altra grande canzone anche l’anno prima, Bene. Non toccata però dalla fortuna.

Anni ’80: controcorrente Negli anni Ottanta si ballava sul ponte della nave del consumismo, del rampantismo, dell’ottimismo a tutti i costi (e i costi li stiamo ancora pagando). E De Gregori nel 1982 che ti fa? Ti racconta la storia di un transatlantico inaffondabile, il Titanic. E di come affonda. Lo fa con tre canzoni: la partenza con L’abbigliamento di un fuochista, il viaggio con Titanic e la fine con I muscoli del capitanoe quel «c’è un po’ di nebbia che annuncia il sole/ andiamo avanti tranquillamente». Tre anni dopo alla trilogia si aggiunge Tutti salvi, che racconta il giorno successivo, con i giornali che dicono che non è successo niente di grave. In mezzo, nel 1983, c’è stata – boom! – La donna cannone.

Anni ’90: Pirandello Metti un teatro di provincia, la sala magari non del tutto piena, sul palco un attore. Metti la differenza fra un manifesto, con sopra la sua faccia pubblica, e lo specchio del camerino, con la sua faccia privata. Ci sono il personaggio e la persona in questa canzone pirandelliana, La valigia dell’attore, scritta per Alessandro Haber, che nel 1996 avviava una carriera anche da cantante, con ottimi e molto rochi risultati. De Gregori l’anno dopo si riprende la canzone, la porta al successo e in tanti teatri di provincia. È perfetta anche per un cantante. Può testimoniarlo Massimo Ranieri, che è attore e cantante e che di recente l’ha fatta in tv con De Gregori e per l’emozione si è messo a piangere.

Anni 2000: falegnami e filosofi Pietro Angelerio diventò Papa nel 1294, ad agosto, come Celestino V. E rinunciò al pontificato a dicembre. De Gregori parla sì di lui in Vai in Africa, Celestino!, ma parla soprattutto di se stesso. La sua rinuncia è quella per la politica, vecchio amore che ora – siamo nel 2005 – è diventato disillusione. La canzone è un rosario di pezzi, pezzi di un mondo che si sta rompendo e/o pezzi di un mondo da ricomporre. E Pezzi è il titolo del disco che la contiene. Uno dei più belli diDe Gregori in assoluto, il più rockettaro, l’ultimo in cui il mondo, la società e un po’ anche la politica sono protagonisti. Un disco pieno di canzoni forti, tese e doloranti, tra la strage di Beslan e il conflitto arabo-israeliano, tra la banalità del male e un soldato che torna da una guerra zoppicando. Ma alla fine dell’ultima traccia, Il vestito del violinista, spunta il sole e spuntano falegnami e filosofi a «fabbricare il futuro». Falegnami e filosofi. Altro gran bel disco, diversissimo da questo, è Sulla strada, del 2012.

Anni 2010: l’orso e la scimmia Si erano conosciuti e piaciuti nei primi anni Settanta, avevano iniziato a collaborare per il gusto di farlo, fino ad arrivare – allo scadere del decennio – ad un giro d’Italia storico per la musica e la società italiana, Banana Republic, una estate a riempire stadi. Nel 2010 tornano insieme per un nuovo tour, Work in Progress, mandando in avanscoperta una nuova canzone, Non basta saper cantare, che ad un certo punto parla di «un orso che balla/ e una scimmia che suona ». Sono loro due, Francesco De Gregori e Lucio Dalla, e vanno avanti un anno e mezzo a suonare, fino a primavera 2011. Non molto dopo, il 1° marzo 2012, Dalla muore. C’era in particolare una canzone di Francesco che gli piaceva molto, Santa Lucia. A De Gregori invece piaceva molto la sua Come è profondo il mare e così poco dopo, nei concerti, adagia al fondo di Santa Lucia una improvvisa, dolce, alata coda strumentale con la melodia di Come è profondo il mare. Ciao Lucio... Auguri Francesco!

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