«Il “libero” è un ruolo difficile. Fai un lavoro oscuro perché puoi solo ricevere e difendere, ma permettere alle altre compagne di far punto ti dà un’adrenalina pazzesca». È il segreto di Monica De Gennaro, bandiera dell’Imoco Volley Conegliano e leader della Nazionale, oggi riconosciuta come tra le migliori interpreti mondiali nel suo ruolo. Maglia diversa dal resto della squadra, tuffi spettacolari e capacità di ricevere anche palloni a 100 all’ora, al “libero” è richiesta più l’agilità che l’altezza. Eppure in uno sport da giganti fa spesso la differenza. Monica “Moki” De Gennaro, 173 centimetri di classe e testardaggine, ne ha fatta di strada da quando ha preso il largo dalle coste natie di Piano di Sorrento.
A trent’anni può vantare titoli di squadra, sia a livello di club (1 Scudetto, 2 Supercoppe italiane, 1 Coppa Italia) che in Nazionale (oro alla Coppa del Mondo e ai Giochi del Mediterraneo). Ma soprattutto una sfilza di riconoscimenti individuali, tra cui “miglior libero” nel Mondiale del 2014 e nelle ultime edizioni della Champions League e del World Grand Prix.
Ora è pronta a trascinare ancora le azzurre negli Europei in programma tra Azerbaigian e Georgia da domani al 1° ottobre. La Nazionale femminile sta vivendo un periodo di rinascita. Dopo la disfatta ai Giochi di Rio, con l’eliminazione già ai gironi, l’Italia del nuovo corso targato coach Davide Mazzanti si presenta all’appuntamento continentale dove aver strappato con scioltezza il pass per i Mondiali 2018 e colto uno splendido argento al Grand Prix (dietro al Brasile). Anche se il gruppo dovrà fare a meno di assenze importanti dell’ultim’ora: Ofelia Malinov per infortunio e Miriam Sylla per una controversa positività al clembuterolo (per probabile contaminazione alimentare come ha spiegato la Federazione italiana).
Dove può arrivare questa Nazionale agli Europei?
«Sono fiduciosa, ma meglio non porsi limiti e pensare partita per partita. Lo si è visto anche gli Europei maschili, puoi anche partire da favorito ma poi è decisiva la coesione del gruppo. Le assenze per noi sono pesanti, ma dobbiamo credere in noi stesse e rimanere unite».
Sembra abbiate dimenticato l’amarezza dei Giochi di Rio, uno dei risultati più deludenti della pallavolo italiana.
«Alle Olimpiadi si erano rotti probabilmente degli equilibri importanti tra noi. Ora invece abbiamo la tranquillità giusta e la voglia di dimostrare che non siamo la Nazionale vista in Brasile. Siamo un gruppo molto giovane ma al Gran Prix abbiamo dimostrato che possiamo giocarcela con tutti. Nessuno avrebbe scommesso sul nostro secondo posto».
Ha esordito in Serie A a sedici anni. La pallavolo per lei è stato un colpo di fulmine?
«Sì, da piccola mia madre mi portava agli allenamenti di mia sorella più grande e ho cominciato molto presto. Ho sempre amato gli sport di squadra perché si condivide tutto, felicità e sconfitte. Sono andata via di casa molto presto e se sono arrivata a giocare a questi livelli lo devo soprattutto alla mia famiglia che mi ha sempre dato fiducia nelle mie scelte».
Nel ruolo di libero oggi non teme rivali.
«All’inizio me l’hanno fatto provare per l’altezza. Mi sono subito sentita a mio agio. È un ruolo che mi dà una grande carica. Ci vuole molta tecnica anche se è un lavoro “sporco”: prendi sempre pallonate e non puoi darne… Però è una grande soddisfazione difendere e ricevere bene per portare la squadra a far punto».
A giugno, dopo nove anni di fidanzamento, si è sposata con Daniele Santarelli, che dopo due stagioni da vice di Mazzanti a Conegliano, quest’anno sarà il suo coach come primo allenatore.
«Il matrimonio è stato il giorno più felice della mia vita. A livello sportivo il mio primo scudetto è stata un’emozione forte, ma non è assolutamente paragonabile. Vengo da una famiglia credente e credo molto nella vita insieme “per sempre”, nei momenti belli come in quelli brutti. Non sarà un problema avere mio marito come primo allenatore, siamo due professionisti e poi io in palestra sono una perfezionista. L’essere marito e moglie ci darà ulteriore forza per far bene. Sarà una grande stagione, l’anno scorso siamo state sfortunate nel finale con gli infortuni, ma è stata comunque un’annata strepitosa con Supercoppa italiana, Coppa Italia e finale di Champions League».
Se le chiedono chi è la sua donna “ideale” non ha dubbi…
«Mia madre. È stata per me un modello. Mi ha insegnato tanto e mi ha aiutato a crescere. Sfrutto gli ultimi anni per giocare e dopo mi piacerebbe costruire una famiglia e avere dei bambini. C’è però un altro progetto che mi attira quando chiuderò la carriera…».
Quale?
«Quest’estate la Lega pallavolo Serie A femminile ha aderito al progetto “Mano nella mano”. Alcune mie colleghe hanno preso parte a una missione in Uganda, trascorrendo alcuni giorni nel “Sos Children’s Village” di Entebbe. Hanno fatto da insegnanti a un camp di pallavolo destinato a bambine e ragazze. Lì vicino, l’equipe del Gruppo internazionale chirurghi amici della mano (Gicam) ha eseguito decine di operazioni alle mani di bimbi che a causa di menomazioni, malformazioni o incidenti non potevano avere una vita normale. Ecco, mi piacerebbe un giorno prender parte a queste missioni per condividere quella fortuna che altri non hanno avuto».