Ci sono poche persone che, come Guido De Angelis, possono vantarsi di aver scritto la storia della televisione addirittura per ben due volte. La prima è stata da compositore: assieme al fratello Maurizio, negli anni Sessanta, ha fondato il duo Oliver Onions, Cipolle Oliviero. «Non vuol dire niente – ammette De Angelis – dovevamo scegliere per forza un nome in inglese perché lavoravamo molto per il mercato straniero, così abbiamo scelto un gioco, un non sense». A dispetto del nome poco felice, il successo è arrivato subito: nel giro di pochi anni, i fratelli De Angelis hanno sfondato tanto in patria quanto all’estero. Loro sono infatti le sigle tv di
Furia,
Sandokan,
Zorro,
Corsaro nero,
Orzowei, nonché le musiche di quasi tutti i film con l’accoppiata Terence Hill e Bud Spencer e la colonna sonora di
Per grazia ricevuta di e con Nino Manfredi. Moltissimi i dischi d’oro e d’argento vinti, soprattutto in Germania dove la coppia era seguitissima: «Ogni volta che usciva un nostro disco, era primo in classifica. Ce la giocavamo sempre con gli Abba: ora erano primi loro, ora noi», ricorda De Angelis. Ma anche i francesi li adoravano: Jane Birkin venne personalmente a Roma per lavorare con i due compositori italiani, costringendo il marito Serge Gainsbourg a fare le ore piccole per scrivere il testo della canzone: «Jane gli diede una sola notte di tempo», ricorda De Angelis. «Lui rispose farfugliando qualcosa sul gran numero di sigarette che avrebbe dovuto fumare per rimanere sveglio. Scrisse tutta la notte e il giorno dopo Jane incise la canzone». Tuttavia proprio all’apice del successo, Guido De Angelis decide di cambiare strada, scommettendo sulla produzione e fondando la Dap - De Angelis Group: «Per noi i film erano dei bambini, ai quali confezionavamo un vestito, ossia la musica. A un certo punto mi è venuta voglia di occuparmi del bambino: dopo tanti film che ho visto, ne volevo fare uno anch’io». Una seconda vita professionale, dunque, che De Angelis ha voluto comunque condividere con la propria famiglia: al posto del fratello Maurizio, che ha scelto di non cambiare strada e continua tuttora a lavorare come compositore, ha arruolato i suoi due figli Nicola e Marco. Due giovani oggi sulla trentina che, nel tempo, hanno finito per imprimere una personale impronta alla società del padre. Nicola, 35 anni, sposato e con due figli, è di fatto la mente creativa della casa di produzione, nonché il “frontman” della società, soprattutto per quel che riguarda i rapporti con il mercato internazionale. Suo fratello Marco è invece “l’animale da set”: l’anima della produzione esecutiva, che segue personalmente trascorrendo mesi interi sul campo, tra telecamere e ciak, dentro e fuori Roma. Entrambi sono partiti dalla gavetta, perché se non puoi scegliere di essere “figlio di”, puoi sempre decidere come vivere l’eredità ricevuta in dono: meritandotela o vivendo di rendita. «La nostra non è mai stata una gavetta puramente didattica: se fosse stato così, ci saremmo inevitabilmente trasformati nei “figli di” non appena avessimo avuto più spazio», commenta Nicola. «La grande lungimiranza di mio padre è stata quella di darci spazio, instaurando un rapporto dialettico con noi. Per esempio, quando ho lavorato sui set e ho capito come funzionavano, gli ho proposto di creare un reparto interno di post-produzione». E lui ha lasciato fare. Ovviamente gli errori non sono mancati anche perché tanto Guido De Angelis è diplomatico e misurato, tanto i figli sono più esuberanti e (all’occorrenza) diretti. Inoltre se il primo ama le produzioni classiche, i secondi non disdegnano titoli “cross mediali” e in stile Hbo. Ma il collante tra loro è sempre stato forte, oltre che alimentato da una comune visione cristiana della vita. Alla fine il mix di mentalità ed esperienze si è rivelato vincente: la Dap è famosa per i successi
Elisa di Rivombrosa e
Incantesimo, e per il futuro sta lavorando alla miniserie
Lampedusa per Raiuno, alla serie dal respiro internazionale
I draghi, destinata a Sky Europe, e al film
Callas, co-produzione da 15 milioni di dollari con Inghilterra, Usa, Belgio e Grecia. «Una volta un mio amico e uomo di fede, mi disse: “Ricordati sempre che i figli non sono nostri. Anche se li abbiamo messi al mondo, non siamo i loro padroni e loro hanno la loro intelligenza, la loro testa. Non possiamo comprimerli in una certa direzione”», spiega Guido De Angelis. «Nicola e Marco, inoltre, hanno ereditato il mio dna: come me, amano le sfide. Ho sempre pensato che bisogna prendere il mondo di petto. Non si può scappare o nascondersi dietro ad alibi. Bisogna metterci la faccia».