Giovani ballerini di tutto il mondo si sono dati convegno in Puglia per studiare e confrontarsi sotto la guida di coreografi come Desmond Richardson e Michél Assaf, due stelle di Broadway, e del francese Bruno Collinet, fondatore della compagnia Les Espaces Inquiets. Dal 6 luglio Castellana Grotte (Bari), alle porte della Valle d’Itria, è stata invasa da circa cinquecento ragazzi e dalle loro famiglie per dare vita, insieme con gli insegnanti, alla sesta edizione del World Dance Movement che si concluderà domani. Vengono da tutta l’Italia, dal Brasile, dalla Malesia, da Australia, Sudafrica, Russia, Stati Uniti, Repubblica Ceca e da altri Paesi, seguono lezioni intensive di danza classica, jazz, hip-hop, contemporanea, acrobatica e aerea. Sono ballerini in erba decisi ad affrontare una carriera che comporta fatica, sacrifici, studio. Molti di loro, infatti, hanno scelto di fare i danzatori di professione. Una strada tutta in salita.Perché? E perché passare sul severo palcoscenico del Wdm anziché buttarsi in un talent show televisivo meno impegnativo e più appagante dal punto di vista della notorietà? «La mia è una scelta di vita – risponde Claudia Mangini, ventun anni, di Putignano (Bari) – e sto cercando di investire le mie energie nelle arti dello spettacolo, il canto, la recitazione e, appunto, la danza che è quella a me più congeniale: ho cominciato a ballare quando avevo quattro anni e mi sono accorta quasi subito che dovevo acquisire professionalità. Mi metto continuamente in gioco, anche dal punto di vista personale, danzare è un’occasione di crescita per me, anche se l’anno prossimo mi laureerò in Scienze della comunicazione allo Iulm». E cosa ne pensano i tuoi genitori? «Sono contenti, mi accompagnano in questa avventura». Partecipare a un talent show? «Ho il timore di essere sfruttata, ma non scarto questa ipotesi». Luisa Heilbron, diciannove anni, viene da Rio de Janeiro: «Faccio danza classica e contemporanea, ho iniziato a cinque anni ma nonostante noi brasiliani abbiamo il ritmo nel sangue, nel nostro Paese non ci sono scuole di danza, per la samba sì ma per le altre discipline coreutiche non esiste una tradizione come in Europa: ecco perché sono venuta in Italia dove esistono ottime scuole ma, paradossalmente, è l’unico posto al mondo dove se un giovane dice “voglio fare il ballerino di professione” sembra un marziano, uno fuori dalla realtà». Luisa viaggia molto per apprendere l’arte del muoversi sul palcoscenico, si allena per otto-dieci ore al giorno, è fortunata, i genitori la possono mantenere agli studi. «Fare un lavoro oltre alla scuola di danza – commenta – non sarebbe proprio possibile per me e quindi punto a vincere la borsa di studio in palio al Wdm di Castellana». «A Praga esiste un’ottima accademia di danza classica ma niente per quanto riguarda la contemporanea – afferma Petra, ventitré anni – e quindi i miei genitori mi aiutano a perfezionarmi in Italia e a New York». Razinahm ha ventidue anni e viene dalla Malesia: secondo i docenti del Wdm è uno dei migliori dello stage. «Ho cominciato ad amare questa arte guardano i balletti in tv nel mio Paese – dice – e ho mosso i miei primi passi imparando lo
joget, la danza tradizionale malese che richiede veloci movimenti di gambe e braccia, adesso voglio diventare un bravo ballerino di contemporanea in Italia. Però dico una cosa: per me la danza non è tutto nella vita, non vorrei mai togliere spazio agli amici, allo studio e alla famiglia». La Puglia è terra feconda per i seguaci di Tersicore: di Putignano è un’altra promessa del balletto moderno italiano, il ventenne Verdiano Cassone: «Non l’ho deciso io di fare il danzatore, è una passione arrivata in modo naturale dentro di me quando avevo cinque anni, l’ho perfezionata studiando a Roma dopo il liceo, la mia famiglia mi ha sempre sostenuto, i sacrifici non mi spaventano». Alla faccia dei bamboccioni per scelta.