Le operazioni di recupero - Foto Guardia Costiera di Messina
Pantelleria, 8 giugno 1943: la guerra dei Paesi dell’Asse contro gli Alleati era entrata in un vicolo cieco. Quasi un mese dopo, il 10 luglio, gli anglo-americani sarebbero sbarcati in Sicilia orientale e la storia d’Italia avrebbe preso un’altra piega con la caduta del fascismo. “Mussolini aveva fortificato Pantelleria già verso la fine degli anni Trenta per controbilanciare la presenza britannica sulla vicina Malta” spiega il generale ispettore capo Basilio Di Martino, tra i più importanti storici dell’aviazione in Italia e all’estero. La propaganda ne aveva esaltato il ruolo parlando di “Gibilterra italiana” e, prosegue Di Martino “nel corso dei diversi cicli operativi che tra il 1940 e il 1943 avevano interessato l’Africa settentrionale e Malta, l’isola era stata una delle principali basi aeree dell’Asse.
La sua posizione tra la Tunisia e la Sicilia ne faceva un avamposto difensivo contro la flotta Alleata diretta verso le coste siciliane. L’operazione Corkscrew prevedeva “una serie di pesanti attacchi aerei volti a piegare la volontà di combattere della guarnigione prima ancora di qualsiasi sbarco – sottolinea Di Martino -. Il grosso di questi attacchi doveva essere sferrato dalla Nasaf, la North African Strategic Air Force del tenente generale Carl Spaatz composto da 4 group di bombardieri pesanti B-17 e 5 group di bombardieri medi, tutti composti da due o più squadron insieme con i caccia di scorta. La campagna iniziò il 18 maggio con l’attacco dei bombardieri medi e dal 1° giugno dai B-17. Il 6 giugno la Nasaf aveva compiuto più di 1.600 sortite e sganciato sulla piccola isola 1.300 tonnellate di bombe. La fase finale della campagna aerea si sviluppò dal 7 giugno fino al giorno previsto per lo sbarco, l’11 giugno, con altre 3.710 sortite e 5.325 tonnellate di bombe. Gli attacchi si susseguirono senza interruzione durante tutto l’arco delle 24 ore prendendo di mira soprattutto le batterie costiere” osserva Di Martino.
Il sergente maggiore Alvise Andrich in una foto con l'uniforme da pilota - Foto famiglia Andrich
L’8 giugno 1943 il sergente maggiore pilota Alvise Andrich dell’80ª Squadriglia del 17° Gruppo appartenente al 1° Stormo della Regia Aeronautica decollò dal campo volo di Finocchiara, nel catanese, con il suo Macchi 205 Veltro. Una missione che portò i caccia italiani allo scontro con gli Alleati. Sei Spitfire e un P-38 vennero abbattuti mentre la Regia Aeronautica perse due caccia Macchi C.202 e due C.205. Uno di questi era proprio quello di Alvise Andrich che si salvò lanciandosi con il paracadute. Il velivolo invece si inabissò, poi la storia fece il suo corso. Andrich, originario di Vallada Agordina, in provincia di Belluno, classe 1915, era un pilota di talento e un alpinista d’eccezione. Ancora oggi numerose vie di arrampicata sulle Alpi portano il suo nome. Dopo l’arruolamento nella Regia Aeronautica, nel 1936, aveva partecipato alla guerra di Spagna. Nel secondo conflitto mondiale fu inviato sul fronte francese, poi in Africa e infine a Pantelleria. Con l’armistizio dell’8 settembre 1943 Andrich scelse di rischiare la vita per la liberazione dell’Italia. Nel 1944 volò con l’aeronautica cobelligerante facendo parte del 4° Stormo Caccia a bordo di un P-39 Aircobra ed effettuando missioni sui Balcani.
Fu compagno di volo del generale Giorgio Bertolaso e per gli atti di coraggio in guerra ricevette due medaglie d’argento, due di bronzo al valor militare e tre croci di guerra al valore. Una storia che riemerge dal mare di Pantelleria insieme alla scoperta del relitto del suo aereo, nel 2007, grazie al sub Antonello D’Aietti che poi ha collaborato anche al recupero. “E’ avvenuto nel 2023 – sottolinea il colonnello Franco Linzalone, comandante del Distaccamento Aeroportuale di Pantelleria –. Era situato a 700 mt dalla costa e a 30 mt di profondità, su un fondo roccioso e soggetto a correnti. Il relitto era molto danneggiato a causa dell’impatto e delle correnti, ma oltre al motore sono stati ritrovati i longheroni alari con carrello e mitragliatrici più numerosi frammenti minori”. Un lavoro di squadra che ha visto la sinergia tra l’Aeronautica Militare, il 3° Nucleo Operatori Subacquei della Guardia Costiera di Messina comandato dal capitano di corvetta Sebastiano Sgroi, la Soprintendenza del Mare della Regione Siciliana con Roberto La Rocca, l’Università di Palermo e l’OTS Green Divers.
Il Macchi C.205 Veltro tra i più moderni aerei della Seconda guerra mondiale - Foto Aeronautica Militare
“Dal numero di matricola del velivolo, ossia MM9310, sono state avviate le ricerche d’archivio presso l’Ufficio Storico dell’Aeronautica Militare e attraverso il libretto personale di Andrich sono stati riempiti i tasselli di una storia davvero affascinante” prosegue il colonnello Linzalone. Un grande lavoro di recupero delle fonti e di incrocio di dati tecnici ed esperienziali di restauro è stato condotto presso il Museo dei Motori dall’ingegner Giuseppe Genchi, Sovrintendente tecnico del sistema museale dell’Università di Palermo: “Il motore recuperato nell’aprile 2023 è un 12 cilindri DB 605 tedesco – dice - o probabilmente uno dei primi RA 1050 RC 58 Tifone prodotto su licenza dalla Fiat, comune peraltro a tutti i caccia della serie 5, ossia Fiat G.55, Macchi C.205, Reggiane 2005”.
Dall’analisi degli ultimi pezzi recuperati “e da controlli incrociati su più fonti con l’Archivio Storico dell’Aeronautica Militare, l’Archivio dell’Aermacchi, l’Archivio Fiat ed altri archivi si è riusciti a ricostruire la storia del velivolo attraverso alcune importanti informazioni” aggiunge Linzalone. Dagli abissi della storia emerge anche il numero di vittorie messe a segno dall’asso Alvise Andrich, cinque in tutto: una durante la guerra di Spagna e quattro durante la Seconda guerra mondiale.
Un momento del recupero del Macchi C.205 - Foto Aeronautica Militare
Un uomo di valore che continuò la sua carriera con la neonata Aeronautica Militare venendo promosso sottotenente, poi tenente, per meriti di guerra e capitano. Purtroppo trovò la morte il 17 Ottobre 1951 quando era ai comandi di un Beechcraft C-45F Expeditor da trasporto durante una missione di trasferimento sull’Appennino. Andrich notò che l’aereo aveva una formazione di ghiaccio sulle ali, ma decise di rimanere al posto di pilotaggio. Disse agli altri membri dell’equipaggio di gettarsi con il paracadute e schivò un paese evitando strage sicura. Ancora un atto di eroismo che gli fece ottenere la Medaglia d’Argento alla memoria e che sarà ricordato a Roma, a Palazzo Aeronautica il 5 marzo alle 16.00 alla presenza di Renato Andrich, figlio del pilota. Sul Macchi 205 Veltro c’è un progetto che in futuro prevede la musealizzazione e l’esposizione nell’hangar Nervi della base dell’Aeronautica Militare di Pantelleria.