Il 19enne francese Victor Wembanyama, 224 cm, nuova stella dei San Antonio Spurs - USA TODAY Sports
C’è solo un campione Nba che parla con i canestri e con i cavalli. Anche dopo aver vinto il titolo, il primo pensiero di Nikola Jokic era quello di tornare presto in sella. «Il basket non è tutto» ha sempre detto il gigante serbo che in estate ha messo da parte la palla a spicchi («Avrò giocato un paio di volte») per fare il pieno di tutto ciò che di bello riempie la sua vita: famiglia, amici e gli amati quadrupedi. Ora è pronto per difendere l’anello dei campioni conquistato a giugno con i suoi Denver Nuggets. Saranno ancora loro i favoriti nel campionato statunitense che riparte nella notte di martedì 24 ottobre. Per la capitale del Colorado le possibilità di bissare lo storico primo titolo passano ancora dalle “manone” del 28enne fuoriclasse slavo di 211 centimetri. E dire che da ragazzino fu perfino scartato per il suo peso giudicato eccessivo. E invece lavorando tanto su sé stesso se n’è prese di rivincite. Una storia da raccontare ai più piccoli, non solo per il suo riscatto sul parquet, ma anche per come si lascia scivolare addosso fama e trofei. Il successo non l’ha cambiato, è rimasto con i piedi per terra, conservando lo stesso spirito del bambino che giocava al campetto. Non caso quando torna quando torna in Serbia tappa fissa è il playground storico di Sombor, sua città di origine: «È la cosa che amo di più fare in vita mia. Più che giocare in Nba. Credo che il “talento” che mi è stato dato dall’alto arrivi dall’aver giocato lì 3 contro 3, 2 contro 2». Il legame è fortissimo con la sua famiglia: quella di origine fatta di allevatori e cestisti (i genitori e i due fratelli maggiori). E quella che ha formato sposando Natalia, la sua fidanzata ai tempi del liceo: sempre presente anche in campo, visto che è solito legare i lacci delle sue scarpe con la fede nuziale. Dalla loro unione è nata la piccola Ognjena che adesso ha due anni, “salutata” dopo ogni canestro mostrando l’anulare (riferimento a una canzone cantata insieme). Ci vuol poco a indovinare che questa serenità familiare gli dia una marcia permette in più anche in campo.
La lega degli “stranieri” e New York che non vince più
Vedremo se anche quest’anno riuscirà a caricarsi sulle spalle Denver verso un nuovo trionfo. I Nuggets dovranno guardarsi soprattutto dai Boston Celtics di Tatum e dai Milwaukee Bucks di Giannis, forti anche dell’arrivo di Lillard. Fa invece sempre un certo effetto sottolineare come tra le 30 franchigie che possono ambire al titolo non ci sono nemmeno stavolta i New York Knicks: è l’unica squadra sempre presente sin dalla prima edizione (insieme con i Celtics), è quella che vale di più (5,8 miliardi di euro) in Nba dopo i Golden State Warriors… Eppure sono passati esattamente 50 anni dall’ultimo anello datato 1972-1973. Sarà un campionato sempre più planetario, già la scorsa stagione erano 120 i cestisti non statunitensi. E la loro presenza non è certo simbolica. Basti pensare che gli ultimi 5 Mvp (il premio di miglior giocatore) sono nati fuori dagli Stati Uniti: il greco Giannis Antetokoumpo (vincitore nel 2019 e 2020), il serbo Nikola Jokic (2021 e 2022) e in ultimo il franco-camerunense Joel Embiid (2023). Resiste anche il tricolore, con Simone Fontecchio che dopo il primo anno con la maglia dei Jazz proverà a convincere Utah che la Nba può essere ancora a lungo il suo palcoscenico (ha ancora un anno di contratto). Chi invece negli States vi risiede ormai dal 2011 è Danilo Gallinari che a 35 anni e dopo la rottura del legamento crociato ricomincia ancora una volta, questa volta con la maglia di Washington. L’attesa però più grande la sta destando il francese Victor Wembanyama, 19 anni, prima scelta di San Antonio, al debutto nel campionato dei sogni americano. È alto ben 224 centimetri ma incanta perché sa fare tutto, dal palleggio all’abilità da esterno. Sarà la superstar del futuro, non hanno dubbi i grandi protagonisti della lega statunitense. L’infinito LeBron James, che è pronto a ripartire sulla soglia dei 39 anni e lo scorso febbraio è diventato il miglior marcatore nella storia della Nba (superando Kareem Abdul-Jabbar), si è espresso così: «Victor Wembanyama è un extraterrestre. Non ho mai visto, e nessuno ha mai visto, nessuno alto come lui che sia fluido e aggraziato in campo come lui», ha sentenziato il fuoriclasse dei Los Angeles Lakers.
Nella top ten dei più alti anche il leggendario Manute Bol
E “Wemby” potrà davvero bruciare tutte le tappe visto che agli Spurs ha trovato un maestro come Gregg Popovich. Con la sua altezza entra già nella top ten dei 10 giocatori più alti della storia del torneo a stelle e strisce. Una classifica in cui spiccano ad esempio i 229 centimetri di Yao Ming, il più forte cinese di sempre, ma il cui primato spetta al rumeno Gheorghe Muresan 231 cm, di pochi millimetri più alto della leggenda africana Manute Bol. L’indimenticato centro sudanese che ha chiuso la carriera con il record unico di aver realizzato più stoppate che punti (2086 contro 1599) ha lasciato il segno anche fuori dal parquet. Di fede cattolica (pur con elementi tribali come la poligamia), è stato un gigante anche della solidarietà. Cercò in ogni modo di sollevare le sorti del suo Paese tra i più poveri della Terra. E si battè fino all’ultimo per la pace. Nei drammatici anni della guerra civile sudanese rifiutò anche di convertirsi all’islam e finì in carcere per un paio di anni. Ma dimenticando rancori ed esponendosi in prima persona per la riconciliazione la sua azione risultò decisiva. Morì nel 2010 negli Usa, a soli 47 anni, per una malattia renale: al suo funerale parteciparono più di un milione di persone. Tra i grandi personaggi che il basket Nba ci ha regalato, un posto ce l’avrà sempre il gigante buono africano. Come disse l’ex stella Charles Barkley: «Se tutti su questo pianeta fossero come Manute Bol, questo sarebbe un bellissimo mondo in cui vivere».