lunedì 14 ottobre 2024
Uno studio dell'Università di Granada basato sul Dna rilancia le origini ebraiche e quindi iberiche del navigatore. Ma il dibattito sulla sua nascita sembra più una questione nazionalista che storica
Sebastiano del Piombo, "Ritratto di uomo, detto di Cristoforo Colombo", 1519. Particolare

Sebastiano del Piombo, "Ritratto di uomo, detto di Cristoforo Colombo", 1519. Particolare - New York, Met Museum / WikiCommons

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Cristoforo Colombo non sarebbe stato di Genova. Una ricerca dell'Università di Granada, iniziata più di 20 anni fa per cercare di determinarne le radici, ha confrontato i resti del suo Dna con quelli del figlio. Ne risulterebbe che il navigatore che approdò nel "Nuovo Mondo" nel 1492 era un ebreo sefardita spagnolo, o meglio ancora che la sua nascita sarebbe da collocare nell'arco del Mediterraneo spagnolo o nelle Isole Baleari, territori che appartenevano alla Corona d'Aragona. I risultati sono stati presentat nel documentario "Colombo Dna. La sua vera origine", trasmesso dalla tv spagnola Rtve nella serata del 12 ottobre, anniversario dello sbarco in America.

Un team di ricercatori guidato dallo scienziato forense Miguel Lorente, professore di medicina legale all'Università di Granada, ha analizzato i resti di Colombo custoditi nella cattedrale di Siviglia e ha confrontato il Dna con quello del figlio Hernando. «Abbiamo un Dna di Cristoforo Colombo molto parziale, ma sufficiente; abbiamo il Dna di Hernando Colon, suo figlio, e sia nel cromosoma Y (maschile) che nel mitocondriale (trasmesso dalla madre) di Hernando ci sono tratti compatibili con un'origine ebraica», dichiara Lorente nel docufilm. Secondo Francesc Albardaner i Llorens, ex presidente del Centro di studi colombiani di Barcellona, da sempre sostenitore della tesi di un Colombo ebreo, «Il Dna indica che è molto probabile che la sua origine sia nell'arco mediterraneo spagnolo o nelle Isole Baleari, che all'epoca appartenevano alla Corona d'Aragona. Il documentario dà una maggiore probabilità che sia nato a Valencia».

A supporto della tesi che non fosse genovese ci sarebbe anche il fatto che Colombo non scrisse mai in italiano: «Non c'è una sola lettera in cui il navigatore abbia introdotto anche una sola parola o costruzione italiana. Scrisse sempre in spagnolo, anche nelle sue lettere alla banca di Genova», ha ricordato la rete spagnolo in un comunicato stampa dopo la trasmissione del documentario. Lo studio, a cui hanno collaborato esperti di storia, genetica e genealogia, colloca il profilo genetico di Colombo nel Mediterraneo occidentale, in particolare nella "Sepharad", il termine ebraico che indica la penisola iberica. Genova aveva espulso gli ebrei nel XII secolo. Secondo Albardaner nella città «non c'erano persone, né comunità, né sinagoga, niente di niente. Gli ebrei potevano rimanere a Genova solo per tre giorni per fare affari e poi dovevano andarsene», ma i documenti storici sulla presenza ebraica a Genova non sembrano dargli ragione, e anzi a Genova sono attestati ebrei spagnoli (convertiti o meno).

In attesa che gli storici dibattano i risultati della ricerca, si può ricordare l'origine genovese è quella sostenuta dalla maggior parte degli studiosi e dalla Reale Accademia di Storia di Spagna, ma non mancano altre ipotesi, più o meno fantasiose se non persino bislacche. Restando nel genovese, si contendono i natali il comune di Cogoleto, quello di Terrarossa Colombo (frazione del comune di Mocònesi), e quello di Arenzano; in Liguria Chiusanico in provincia di Imperia e Albissola Marina, in provincia di Savona, quindi - allargando il cerchio - Cuccaro Monferrato, la piacentina Bettola, e Sanluri, nel Sud Sardegna. La rivendicazione spagnola è antica (così come l'ipotesi ebraica, come si accennava poco più sopra, non è nuovissima; per altri era un marrano, ossia un ebreo convertito), ma c'è chi lo vuole nato in Portogallo (che l'avrebbe inviato come spia in Spagna per sviarne l'attenzione dall'Africa) e perfino in Polonia, come figlio del re Ladislao III. Si deve anche ricordare che le fonti che attestano la genovesità di Colombo sono molto antiche. La prima è il De dictis factisque memorabilibus collectanea del doge di Genova Battista Fregoso (1440-1504), pubblicato per la prima volta a Milano nel 1509, dove si parla di un "Christophorus Columbus natione Genuensi". Anche Francesco Guicciardini, nella sua Storia d'Italia del 1538, parla di un "Christofano Colombo Genovese". Infine, lo stesso Colombo nel suo cosiddetto testamento del 1498 (di cui esistono solo trascrizioni) dettato in castigliano al figlio, si dichiara di nascita genovese.

Insomma, la questione luogo di nascita di Cristoforo Colombo sembra avere la stessa consistenza di quella sul paesaggio dipinto da Leonardo sullo sfondo della Gioconda: ognuno pensa di averlo riconosciuto dietro casa sua. Il problema è che l'interesse sulla vera origine di Colombo sembra avere poco a che fare con la storia e molto con una appropriazione che di volta in volta è politica, nazionalistica, ideologica, religiosa. Ad esempio, già Simon Wiesenthal in un libro sostenne che Colombo fosse non solo un sefardita ma che la ragione della sua volontà di attraversare l'Atlantico fosse il desiderio di trovare un luogo di rifugio per i connazionali perseguitati (nella convinzione che nelle Indie fossero presenti regni ebraici) e che il fondamento delle sue convinzioni non fosse la geografia ma la Bibbia. Le stesse rivendicazioni della nascita a Genova sono state nel tempo motivo di una estensione della sua nazionalità da quella genovese a quella italiana, e quindi il suo ingresso nel pantheon del nazionalismo postunitario. Allo stesso modo valgono, non di rado, sul fronte spagnolo (dove tra l'altro è attualmente in corso una guerra accademica con tratti fortemente ideologici sull'interpretazione dell'impero in America) i ripetuti tentativi di attestarne la nascita in terra iberica. Ormai tra revisionismi e cancel culture, Colombo si deve essere abituato a essere tirato da ogni parte per la giacchetta da ammiraglio. Come ogni personalità storica ridotta a monumento, Cristoforo Colombo rivela più del nostro presente che il suo passato.

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