lunedì 14 ottobre 2024
Concerto molto suggestivo al Teatro Arcimboldi di Milano, una delle tappe del tour europeo dell'Orchestra sinfonica Pingui Guangxuan, la più grande istituzione artistica di monaci Zen nel mondo
Teatro Arcimboldi di Milano: un momento dello spettacolo di musica e danza ("per la Pace") dell'Orchestra Sinfonica Pingui Guangxuan

Teatro Arcimboldi di Milano: un momento dello spettacolo di musica e danza ("per la Pace") dell'Orchestra Sinfonica Pingui Guangxuan

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La Cina ci è davvero più vicina. In un momento storico in cui la voce della pace pare non essere ascoltata, specie dai potenti della terra, dalla Cina arriva un appello: giungere alla pace attraverso la musica e la meditazione. E’ quello che dal 20 settembre, fino all’8 novembre, vanno suonando, danzando e predicando davvero con l’anima, i musicisti dell’Orchestra sinfonica Pingui Guangxuan del Madascar. La più grande orchestra sinfonica, intitolata ai maestri buddisti Jinghui e Guangxuan, composta da monaci Zen del mondo che è in pieno tour per l’Europa. Orchestrali e danzatori in scena che provengono dall’unico tempio buddista del Madagascar, quello di Xizu, comunità guidata da Shi Wule, uno dei grandi maestri della scuola Chan. Nel tempio situato sul Monte Lok il maestro Shi Wule invita i suoi allievi a coltivare quotidianamente le arti della musica e della danza per “diventare un Buddha attraverso la virtù”. E il massimo della virtù è nel farsi costruttori di “pace nel mondo attraverso i rituali e la musica”. Il concerto di domenica sera al Teatro Arcimboldi di Milano ha ribadito con forza e al tempo stesso con la soave delicatezza della cultura Chan questo concetto di “pace nel mondo” e di “fratellanza tra tutti i popoli che sono e devono sentirsi parenti”. Un messaggio che al pubblico è arrivato sulle note dei compositori Lu Qiming, Li HUanzhi e Zheng Lu. Quest’ultimo autore di Buone nuove da Pechino alla frontiera , uno dei brani che ha suscitato maggiore apprezzamento assieme all'Ode al Popolo di Wang Ning. Un programma che, restando fedele all’interpretazione Zen, ha spaziato da Sibelius, Bizet a Beethoveen e una versione assolutamente convincente è stata quella del Peer Gynt di Grieg. In mezzo anche un piccolo omaggio al popolo italiano: un accenno del Don Raffaè di Fabrizio De Andrè. La seconda parte, quella danzante, è un autentico tripudio di atmosfere e di coreografie semplici quanto evocative della tradizione cinese espressa pienamente dai giovani artisti Chan ne Il Fiore di Gelsomino e i canti corali rivolti al Buddha con un omaggio canoro anche alla cristianità per una piena fusione degli intenti pacifisti universali.

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