martedì 22 novembre 2016
Secondo nuovi studi, gli oceani, come polmoni, catturano anidride carbonica dall’atmosfera, raffreddando il pianeta. L’aumento delle emissioni da parte dell’uomo però ritarda il processo ciclico
Il ghiacciaio Perito Moreno, in Patagonia (WikiCommons)

Il ghiacciaio Perito Moreno, in Patagonia (WikiCommons)

COMMENTA E CONDIVIDI

Fossimo vissuti solo 10mila anni fa sarebbe stato sufficiente recarsi pochi chilometri a nord di Novara, di Brescia, di Como o di Desenzano del Garda per trovare il fronte di grandi ghiacciai che scendevano dalle Alpi. Oggi, a distanza di così poco tempo – in termini geologici –, il punto terminale delle loro lingue è fortemente arretrato e ogni anno retrocede di metri, se non di decine di metri e al contempo diminuisce il loro spessore. Forse, almeno in parte, c’è lo zampino dell’uomo nell’accelerare un così veloce arretramento: è assodato infatti, che le attività dell’umanità intera stanno facendo aumentare la temperatura dell’atmosfera. Ma la danza dei ghiacciai, nel crescere e diminuire in spessore e lunghezza, è un fenomeno che avviene da milioni di anni.Già 800 milioni di anni fa, per esempio, durante il periodo geologico chiamato Proterozoico, la Terra fu quasi completamente ricoperta da una coltre di ghiaccio al punto da trasformarsi in una sorta di gigantesca palla di neve. Ma questa è una storia lontanissima nel tempo. Sono le glaciazioni degli ultimi milioni di anni, in realtà, quelle che interessano maggiormente gli scienziati, perché se si capisse come si innescarono i motori della loro evoluzione si potrebbe comprendere meglio cosa succederà in futuro.

Da 5-6 milioni di anni e fino a circa un milione di anni fa le glaciazioni si alternavano a intervalli di circa 40mila anni. Tali oscillazioni erano relativamente semplici da spiegare perché coincidevano con i cicli delle variazioni dell’inclinazione dell’asse terrestre (che portano a maggiore o minore insolazione su vaste aree del pianeta) e con altre condizioni astronomiche, come la distanza Terra-Sole. Ma un milione di anni fa, in un momento geologico chiamato “Transizione Medio-Pliocenica”, successe qualcosa di strano che portò le glaciazioni a intervallarsi con cicli della durata di 100mila anni. Non era successo nulla in campo astronomico che poteva spiegare ciò e dunque risulta evidente che la causa sia da ricercare sulla Terra. Le testimonianze della durata del nuovo ciclo sono evidenti e si ritrovano nei depositi che i ghiacciai lasciano al loro ritiro, ma fino ad oggi non si è mai riusciti a capire fino in fondo qual è il meccanismo che innesca in un senso (aumento dei ghiacci) o nell’altro (ritiro dei ghiacci) tutto ciò, tant’è che il fenomeno è oggi chiamato dai geologi «il problema dei 100mila anni». Ma ora un nuovo studio potrebbe finalmente dare una risposta a cosa innesca le glaciazioni. La ricerca, apparsa sulla rivista "Geology", suggerisce che il motore che dà il via alle glaciazioni è da ricercare negli oceani, i quali, come grossi polmoni, aspirano regolarmente anidride carbonica (il gas serra per eccellenza) dall’atmosfera con ritmi di 100mila anni, dando modo al pianeta di raggiungere temperature così fredde da innescare una glaciazione. Spiega Carrie Lear della Cardiff University del Galles: «Abbiamo trovato le prove che gli oceani inalano ed esalano anidride carbonica. Quando i ghiacci ricoprono gran parte degli oceani significa che questi ultimi hanno asportato anidride carbonica dall’atmosfera, quando invece i ghiacci sono poco estesi vuol dire che gli oceani hanno riemesso tale gas».


Ma dove sono le prove? Si trovano nei reperti fossili delle alghe marine le quali mostrano cicli di crescita abbondante e di riduzione che concordano con quelli delle glaciazioni. Le alghe marine hanno bisogno dell’anidride carbonica per la fotosintesi clorofilliana e dunque, parallelamente alla loro crescita ci deve essere una riduzione del gas nell’atmosfera. Quando il ghiaccio raggiunge una notevole estensione fa da tappo all’anidride carbonica presente negli oceani e questo permette al pianeta di raffreddarsi ulteriormente e prolungare di alcune decine di millenni la glaciazione. Ma cosa determina allora, la fine di una glaciazione? Per dare una risposta a questa domanda è necessario rifarsi ad uno studio pubblicato su "Geophysical Research Letters" alcuni mesi or sono. In questo caso gli elementi che concorrono a far sciogliere i ghiacci sono più d’uno. È noto che la fine di molte glaciazioni è coincisa con un aumento dell’attività vulcanica che immette grandi quantità di gas serra nell’atmosfera. Ma qual è il motivo che innesca tali eruzioni? Secondo Pietro Sternai dell’Università di Cambridge e autore della ricerca, i vulcani iniziano a eruttare in seguito a una minore pressione delle rocce che stanno al di sopra delle camere magmatiche e questo in seguito all’erosione provocata dal passaggio dei ghiacciai. Pochi fenomeni terrestri infatti, hanno la capacità di erodere la crosta terrestre come un ghiaccio in movimento. E una minor pressione esercitata sulla camera magmatica fa sì che si abbassi la temperatura necessaria per la fusione delle rocce, in tal modo il magma aumenta e l’eruzione diventa inevitabile. A dar manforte a questa ipotesi vi è il fatto, ad esempio, che in prossimità della fine dell’ultima glaciazione l’attività vulcanica dell’Islanda (uno dei luoghi più vulcanici al mondo) era 100 volte superiore a quella attuale.


Se il sipario sull’inizio e la fine delle glaciazioni si sta lentamente alzando vien da chiedersi se siamo in grado di prevedere quando inizierà la prossima glaciazione. Per dare una risposta a questa domanda viene in aiuto uno studio recentemente pubblicato su "Nature" secondo il quale si è «rischiato l’inizio di una nuova glaciazione» circa tre secoli or sono, quando l’anidride carbonica nell’atmosfera era al di sotto delle 240 ppm (parti per milione), che vuol dire che se avessimo preso un milione di particelle di atmosfera, 240 sarebbero state formate da anidride carbonica. «Con quella concentrazione – spiega Andrey Ganopolski, autore dello studio – la prossima glaciazione sarebbe arrivata nell’arco di 20mila anni. Ma l’aumento delle emissioni da parte dell’uomo durante l’Ottocento ha spostato in là di 50mila anni tale inizio e la situazione attuale, con 400 ppm di anidride carbonica, l’ha spostata ulteriormente a 100mila anni». Stando al ricercatore stiamo saltando un intero ciclo glaciale.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI