L'accensione del braciere - Afp/Franck Fife
Il regista era lo stesso, Thomas Jolly, eppure la cerimonia di apertura della Paralimpiadi di Parigi 2024 è stata agli antipodi di quella delle Olmpiadi. La parata dello scorso 26 luglio era stata magniloquente, retorica e infarcita di cadute di gusto di ogni tipo: “neopagane”, kitsch, perfino smaccatamente pubblicitarie. E aveva relegato gli atleti ai margini, spettatori statici sui bateau-mouche e poi inghiottiti da qualche parte fuori dalla portata dei pur scintillanti riflettori parigini. Per le Paralimpiadi, l’altra sera. è stato l’opposto: i protagonisti sono stati loro, gli atleti, con le bandiere e i colori delle divise, con l’emozione e la gioia di esserci che prendeva il sopravvento su ogni altra immagine, con le loro disabilità portate senza imbarazzo e senza enfasi. Certo, la sfilata è stata lunga, forse anti-televisiva: ma che fare, se il movimento paralimpico è cresciuto a tal punto da richiedere due ore soltanto per sfilare lungo gli Champs-Élysées?
Coerente e lineare quindi il passaggio ai momenti coreografati, strettamente a tema. Anche qui si notava la differenza rispetto alla cerimonia olimpica, dove si giustapponevano artisti e performer vari senza che si riuscisse a cogliere la connessione tra gli uni e gli altri, se non in una vaga e un po’ stereotipata ripetizione delle immagini-cartolina della grandeur che i francesi si attribuiscono. Le esibizioni di Musa Motha o Luc Bruyère, le scene di danza che evocavano, sublimandole, le battaglia per il superamento del limite o per l’inclusione sociale: tutto è stato fluente, fino alla passerella dei tedofori finali - tra loro l’italiana Bebe Vio, già presente in versione modella il 26 luglio e qui nelle sue vesti di atleta - che hanno riacceso il braciere. E di nuovo la mongolfiera infuocata è tornata a rischiarare le notti di Parigi.