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Sospeso, rinviato, spostato online e, finalmente, ritrovato: eccolo qui, il Salone internazionale del Libro di Torino. L’edizione 2021, ottimisticamente intitolata “Vita Supernova”, è un banco di prova importante per l’editoria e, in genere, per le manifestazioni fieristiche. Si torna al Lingotto, dunque, sia pure in una compagine meno imponente rispetto al passato. Anche le case editrici religiose sono meno numerose. Se in alcuni casi le motivazioni sono di carattere organizzativo (il gruppo Morcelliana- Scholé e la protestante Claudiana hanno preferito puntare sull’ormai imminente Buchmesse di Francoforte), l’assenza che più di ogni altra è destinata a pesare è senza dubbio quella del Centro editoriale dehoniano di Bologna, che lunedì scorso ha annunciato l’avvio della procedura fallimentare. Una decisione che comporta la cessazione delle attività dello storico marchio Edb, di Marietti 1820 (acquisita di recente dal Ced) e di molte importanti riviste. «È un vuoto che rischia di essere incolmabile », ammette Gianni Cappelletto, presidente della Uelci( Unione editori librai cattolici italiani), nel cui stand trovano posto diverse delle sigle religiose presenti al Salone. «Sui testi delle Dehoniane si sono formate generazioni di credenti impegnati nella società e nella Chiesa - prosegue -. La notizia della chiusura, oltretutto, arriva in un momento nel quale il mercato del libro religioso inizia a dare segnali positivi. Secondo i dati aggiornati al mese di settembre, le vendite sono cresciute del 21,71%. Il risultato è di per sé apprezzabile, ma non dobbiamo dimenticare che il nostro settore viene da un decennio di crisi molto profonda. Per uscirne occorre un ripensamento dell’intera filiera». «Ma c’è anche un problema di pubblico - ribatte suor Mariangela Tassielli, direttrice editoriale multimediale delle Paoline -. La nostra, com’è noto, è la principale catena di librerie religiose italiane. Fino a una quindicina di anni fa una parte consistente degli acquisti riguardava le opere fondamentali che andavano a formare la biblioteca di ciascun sacerdote. Attualmente, invece, da noi si viene più che altro per rifornirsi dei sussidi che non si riescono a produrre in proprio in parrocchia. La vera emergenza, a mio avviso, è di natura culturale ed ecclesiale». Dello stesso parere è Giuseppe Caffulli, direttore delle Edizioni Terra Santa, che per la prima volta partecipano al Salone con uno stand autonomo: «Mi pare che sia ormai tempo di convocare gli Stati generali dell’editoria cattolica italiana - dice -. Dobbiamo interrogarci sui motivi della disaffezione alla lettura dilagante tra i fedeli, dobbiamo chiederci attraverso quali vie si trasmette l’esperienza cristiana. Ora come ora, anche per le nostre case editrici i riscontri più incoraggianti vengono dalle librerie laiche e dalle vendite online, a conferma di quanto sia vivo l’interesse per i temi della spiritualità e della ricerca interiore. Che questo avvenga fuori dai parametri tradizionali è però un elemento su cui riflettere». Uno scenario analogo viene descritto da Aurelio Mottola, direttore editoriale di Vita e Pensiero: «In quanto espressione dell’Università Cattolica promuoviamo da sempre un’attenzione agli elementi costitutivi dell’umano, capace di coinvolgere credenti e non credenti - spiega -. Ma anche per noi l’arretramento del pubblico dei lettori cattolici rappresenta un allarme che non può essere ignorato e al quale mi sembra che corrisponda una scarsa capacità di elaborazione culturale da parte del cattolicesimo italiano». «Papa Francesco ha aperto molte finestre sul mondo, con una curvatura soprattutto pastorale, operativa - osserva Crispino Di Girolamo, fondatore del Pozzo di Giacobbe -. Questo taglio evangelico è basilare, ma è sufficiente? O i rivolgimenti scientifici, filosofici artistici, politici in atto esigerebbero un’apertura intellettuale altrettanto spregiudicata? Specialmente adesso, dopo la chiusura di una realtà come quella delle Dehoniane, che ha saputo dare tanto alla società e alla Chiesa, all’editoria cattolica serve unità, non più frammentarietà. Ciò che accomuna noi editori di ispirazione cristiana, del resto, è molto più rilevante di ogni legittima concorrenza». Raccoglie la provocazione Lorenzo Fazzini, da poco insediatosi alla direzione della Libreria Editrice Vaticana, che mai prima d’ora si era affidata alla guida di un laico: «L’editoria cattolica è chiamata a sviluppare una creatività che sia all’altezza dello stile comunicativo di papa Francesco - afferma -. E questo comporta la volontà di andare incontro alle persone e al mondo di oggi senza pregiudizi e senza atteggiamenti rinunciatari». La necessità di un’innovazione dei linguaggi è avvertita anche da padre Fabio Scarsato, direttore editoriale di Messaggero di Sant’Antonio: «In un periodo di cambiamenti come quello che stiamo vivendo - sottolinea - più che alla discontinuità dei formati è bene guardare alla continuità dei contenuti, che però devono essere espressi in forme originali. Per noi, nello specifico, il tema centrale rimane quello della fraternità o, se si preferisce, delle relazioni, costitutivo del carisma francescano e antoniano». Spiritualità biblica, attualità socio-politica e ricerca scientifica sono le direttrici individuate dal direttore editoriale di San Paolo, don Simone Bruno: «Non ci si deve arrendere a una semplificazione eccessiva - avverte -. Anzi, è proprio in fasi di transizione come l’attuale che vanno concepiti e varati progetti ambiziosi. In questo stesso spirito, anche nei periodi più drammatici dell’emergenza sanitaria abbiamo voluto tenere viva la collaborazione con il Salone del Libro. Gli eventi sono ormai un elemento irrinunciabile del lavoro editoriale e ci auguriamo che d’ora in poi possano svolgersi nella massima serenità». «Anche perché la vendita diretta, sia durante gli incontri sia sul web, costituisce una componente considerevole per il mercato del libro religioso - ribadisce Gregorio Pellegrino, assistente di direzione di Effatà -. Parliamo, in alcuni casi, della metà o quasi del fatturato, a compensazione così della marginalità derivante da altri canali. Decisivo è comunque il contatto con il pubblico, l’ascolto prestato ai lettori e alle loro esigenze. In questo, il digitale rappresenta una risorsa davvero formidabile. Ma bisogna imparare a usarlo con inventiva e competenza».