La biografia a fumetti di Bud Spencer con i testi di Marco Sonseri e i disegni di Roberto Lauciello (ReNoir Comics) - ReNoir Comics
Finisce a cazzotti, anche stavolta, ma tra le nuvole. Quelle di un fumetto imperdibile per chi non dimentica il gigante buono del cinema italiano. Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer, è scomparso nel 2016 a 86 anni. Ma per i tanti, tantissimi suoi fan, in realtà non se n’è mai andato. Basta guardare quanti ascolti riescono ancora a ottenere in Tv i suoi film, soprattutto quelli con l’amico fraterno Terence Hill, con cui ha formato una coppia esplosiva, tutta risate, sberle e mangiate. Ora il barbuto Bud con la sua inconfondibile stazza diventa anche un fumetto di qualità grazie ai disegni di Roberto Lauciello e ai testi di Marco Sonseri. Ci troviamo così smarriti insieme con un ragazzino che all’aeroporto non vede più la madre ma come in un sogno incontra il nostro eroe. Sarà proprio Bud Spencer allora ad occuparsi del piccolo raccontandogli tutte le vicende e gli aneddoti della sua carriera. Un espediente narrativo accattivante per ripercorrere la biografia del grande attore. Un racconto che si legge tutto d’un fiato per un ritratto del celebre papà apprezzato anche dai tre figli, Cristiana, Diamante e Giuseppe Pedersoli, che firmano la prefazione di questo volume delizioso pubblicato dalla casa editrice ReNoir Comics (pagine 112, euro 19,90).
Ci sono dentro le mille passioni di un uomo che prima di scrivere la storia del cinema ha segnato quella dello sport. Parliamo innanzitutto di un fuoriclasse del nuoto, campione d’Italia per sette anni nei 100 stile libero (il primo del nostro Paese a scendere sotto il minuto). Ha partecipato a due Olimpiadi (Helsinki ’52 e Melbourne ’56) ma è stato anche bomber della nazionale di pallanuoto, con cui ha vinto i Giochi del Mediterraneo del ’55. Atleta vigoroso, ha praticato anche pugilato e rugby, e chissà dove sarebbe ancora arrivato se come ha ammesso lui stesso fosse stato più costante agli allenamenti e non avesse fumato. Di certo la sua fu una vita da film prima ancora di diventare famoso nel cinema. Al termine della carriera sportiva partì infatti per il Venezuela per mettersi alla prova: lavorò come camionista per una ditta impegnata nella costruzione di strade e poi all’Alfa Romeo. Tra i subbugli politici e i pericoli dell’Amazzonia corse non pochi rischi. Fino a quando decise di tornare in Italia per sposare la donna da cui ebbe i suoi tre figli, Maria Amato, figlia del produttore cinematografico Giuseppe Amato.
E dire che all’inizio Carlo non sembrava interessato al grande schermo. Il primo grande successo sarebbe arrivato nel 1967 con il film Dio perdona… io no! in coppia con l’inseparabile Mario Girotti, più noto come Terence Hill. La pellicola proiettata in un’unica sala in tutt’Italia, un cinema di Bologna, fu l’inizio di un boom e anche del nuovo nome d’arte, “Bud” come l’amata birra Budweiser e “Spencer” in omaggio all’attore Spencer Tracy. Nel fumetto non mancano le curiosità, come il fatto che al posto di Terence Hill doveva all’inizio esserci un altro attore, Peter Martell, ma «a causa di una lite con la sua fidanzata si ruppe un piede e fu sostituito».
Poi certo parlando di Bud non si può fare a meno di parlare della sua passione più evidente: il cibo. Mangiate colossali anche sul set: come le centinaia di polpette fatte fuori tra una ripresa e l’altra con Italo Zingarelli, omone di 180 chili, produttore del celebre Lo chiamavano Trinità. Di poco inferiore il peso di Bud Spencer, 158 kg, e spassoso è anche l’aneddoto riportato del viaggio a Ginevra in una clinica per dimagrire: alla vista di un’ala di pollo a pranzo e una mela cotta a cena, la fuga senza esitazione in una rosticceria nei paraggi dove ha mangiato tutto quel che avevano nel frigo… Il resto è storia, con i disegni che ricordano tutti i film più famosi da Più forte ragazzi a Lo chiamavano Bulldozer, la pellicola che fece conoscere il football americano in Italia. Ma tra una scazzottata e l’altra, indimenticabile il “pugno a martello”, sul set è maturata anche una delle sue grandi passioni: il volo. Prese anche il brevetto di pilota di aerei jet e la licenza per elicotteri. Come ha spiegato la figlia Cristiana: «Diceva che stare lassù lo aiutava a ridimensionare pensieri e problemi e a prendere coscienza sia del fatto che tutti siamo piccoli, sia della grandezza di Dio».
Già perché oltre alla famiglia teneva molto anche alla fede. E già pregustava «gli spaghetti con Gesù Cristo». Della morte non aveva paura e ci scherzava su come ha rivelato ancora Cristiana: «Mi raccomando - diceva - quando non sarò più tra voi non voglio facce tristi, gente vestita di nero... E soprattutto non dite che sono morto perché mangiavo troppo…». Da napoletano rivendicava un approccio alla vita condensato nel motto “ Futtetenne”, ossia non dare importanza alle cose futili, privilegia quel che più conta. Peccato allora che le pagine scorrano via veloci e si arrivi subito all’epilogo. Resta però il desiderio di voler rimanere sulle sue spalle larghe, proprio come il bambino del fumetto. Per andare incontro agli eventi belli o spiacevoli del nostro cammino con la compagnia di un gigante pronto a proteggerci e farci sorridere. Consapevoli che la vita, questa grande avventura, è un dono che non finirà.