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Goran Bregovic, il più influente compositore e musicista emerso dalla scena balcanica, torna con un album profondo e sorprendente, una sorta di oratorio dedicato alle tre religioni monoteiste. E’ appena uscito The Belly Buttom Of The World (L’ombelico del mondo) per Decca / Universal, sulla cui copertina l’artista nato a Sarajevo nel 1950, bacia il bel pancione di una donna di colore incinta su cui è disegnato un mappamondo. Una apertura verso il mondo che l’artista ha dimostrato in questi anni coi suoi strepitosi concerti con la Wedding and Funeral Band composta da una banda di ottoni, un percussionista-vocalista e voci bulgare, dopo avere creato le celebri colonne sonore dei film del regista Emir Kusturica, Les Temps des Gitans, Arizona Dream e Underground. Non potendo andare in tournée durante la pandemia, Goran ha colto l’occasione per registrare un album di cinque brani, scritti per tre violini solisti, un’orchestra sinfonica, un sestetto di voci maschili e, naturalmente, la sua Wedding and Funeral band. Per questo nuovo progetto intitolato The Belly Button Of The World, l’artista ha creato tre racconti lirici basati su liturgie cristiane, ebraiche e musulmane, interpretati dai solisti Mirjana Neskoviæ (Serbia), Gershon Leiserson (Israele) e Zied Zouari (Tunisia). Trainare l’album il dolce brano A moment of melancholy (Un momento di malinconia) con un video in cui Bregovic guida sulle strade della Bosnia e Erzegovina per tornare nella sua Sarajevo. L’artista sarà in concerto gratuito in piazza del Gesù a Napoli, il 9 giugno, per i 799 anni dell’Università Federico II. E poi in tour: il 14 luglio al Castello Sforzesco di Milano, il 20 luglio a Varese, e ad agosto ad Assisi, Majano (Udine) e Melpignano.
Bregovic come mai ha scelto questo titolo e questa immagine per il suo nuovo lavoro?
Il significato di questo disco è che dobbiamo imparare a vivere insieme su questa terra. La terra per me è una donna che ci dà mangiare, ci dà la gioia e tutto il necessario per vivere. Ecco perché ho scelto una donna incinta per la copertina, una immagine che mi impressiona sempre.
Unire in musica le tre religioni è un invito all’unione?
Si tratta di un concerto per violino e orchestra. I tre brani sono stati eseguiti da tre violinisti, un musulmano di Tunisi, un ebreo di Tel Aviv e una cristiana di Belgrado. Questo lavoro mi è stato commissionato nel 2010 dalla basilica di Saint Denis a Parigi dove allora venne eseguita in due concerti straordinari con l’Orchestra nazionale di Francia. Il disco, invece, è stato registrato durante il Covid, quindi sono stato io a viaggiare da Tunisi a Tel Aviv a Belgrado per registrare, mi è piaciuto molto lavorare così. Questo lavoro mi sta dando delle soddisfazioni inaspettate . Negli ultimi 20 anni ho scritto tante cose su commissione, ma questa è la mia prima commissione di musica “seria” ed esce per Decca, che pubblica solo musica classica. Vediamo se va bene, poi forse tiro fuori le cose più serie che ho scritto in questi anni e che ho nel cassetto.
Musicalmente come racconta le tre religioni?
Lo strumento principale del lavoro è il violino che viene suonato in tre maniere diverse: quello della musica cristiana viene usato come nella musica classica, poi c’è la musica klezmer che è una tecnica degli ebrei, e poi quella orientale che ha una tecnica completamente diversa. Siccome vengo da Sarajevo, queste tre tecniche diverse sono come metafore. Nella mia città queste tre culture vivevano in pace per secoli anche durante le guerre. La mia musica è sempre stata influenzata da tutte e tre le tradizioni. E poi io stesso sono la rappresentazione di questo mondo: io sono ortodosso, mio padre è cattolico, mia madre ortodossa e mia moglie musulmana.
Nel video di A moment of melancholy lei rende omaggio alle sue origini e alla sua città.
Si tratta di un viaggio che faccio spesso, fisicamente, o anche solo con il pensiero, con l’auto o nella fantasia, verso la mia città. Il posto dove sei nato resta sempre nel cuore, anche in un luogo come Sarajevo che non sono belli come Roma e Firenze, torno sempre.
Sarajevo è anche una città simbolo, soprattutto oggi che alle porte d’Europa abbiamo un’altra guerra.
Sarajevo può essere una metafora dei nostri tempi, un luogo che ha visto per la prima volta la guerra tra decine di famiglie di diverse religioni, una cosa che abbiamo visto per la prima volta noi con la sua violenza. Noi esseri umani impariamo tutte le cose più difficili, come la tecnologia, ma non impariamo a vivere insieme che è così semplice.
La guerra in Ucraina personalmente come la vive?
Io conosco questi Paesi, ho suonato tanti concerti in tante città ucraine e in tante città in Russia, spingendomi fino in Siberia. Mi dà una grande tristezza. E’ diverso, anche se doloroso, quando leggi nel giornale di un conflitto in un posto lontano da quando conosci la gente coinvolta nella guerra. Io ho lavorato con il miglior gruppo di musica ucraina, i Gogol Bordello, con cui ho registrato due brani nel mio album Champagne for gipsies. Sono così vicino a queste culture, conosco i pittori, gli scrittori, gli artisti meglio delle persone occidentali. E’ veramente tragico, siamo in mezzo a una guerra che non si sa come andrà finire. Gli artisti non possono cambiare il mondo, ma lasciano dietro di loro le tracce che possono ispirare qualcuno.
Anche il suo nuovo album è un invito alla pace?
Io posso vedere questi tre violinisti di tre tradizioni diverse, hanno vissuto nella guerra da sempre, ma quando prendono in mano gli strumenti esce un’armonia unica. Ma perché la politica non è capace di fare lo stesso? Da fine maggio e fino a fine anno sicuramente suonerò questo lavoro dal vivo in tanti posti perché posso eseguirlo anche con quartetto e la mia orchestra di ottoni come con una Filarmonica. Sono piccole storie, piccole lettere che vuoi raccontare a qualcuno in musica: una storia cristiana, una ebraica e una musulmana.
Lei è molto amato in Italia. Che rapporto ha col nostro Paese?
Mi piace l’estate suonare in Italia, un posto dove c’è gioia autentica, i miei gitani vogliono venire sempre in concerto qui. Mi sembra strano quando gli Italiani si lamentano che non va bene niente. Tutti sogniamo di essere italiani, di vivere in questo Paese divertente, bello, con una storia bellissima. Io l’Italia l’ho girata tutta e non ho mai trovato un posto brutto.