George Foreman - ANSA
Una leggenda del pugilato che ha regalato emozioni ad almeno due generazioni. George Foreman è morto, oggi 22 marzo 2025, all’età di 76 anni a Houston, nel suo Texas, lui che era nato nel sobborgo povero di Marshall ed era cresciuto nel ghetto nero di Fifth Ward. Aveva fatto 40 volte dentro e fuori dal riformatorio: era un turbolento, a dire poco, poi è cambiato, anche grazie al cristianesimo. Era diventato campione del mondo per la prima volta nel 1973 battendo Joe Frazier, dopo essere stato campione olimpico nel 1968 in Messico.
Ma non si può parlare di Foreman senza ricordare anche Cassius Clay, ovvero Muhammad Alì. Perché nessuno che ami per davvero lo sport e in particolare la “noble art” potrà mai dimenticare la “Rumble in the Jungle” (la rissa nella giungla), l’incontro per il Mondiale dei massimi, del 1974 a Kinshasa tra lo stesso Foreman e Alì, probabilmente il più famoso match della storia della boxe. “Big George” ne uscì sconfitto, rendendo così immortale Alì, poi ebbe una crisi mistica, che quasi lo spinse a lasciare il pugilato (lo fece, una prima volta, tre anni dopo). In seguito si mise a fare il pastore evangelico, riconquistò il titolo nel 1994, a 45 anni: mai nessuno così vecchio era ed è più riuscito a salire sul trono della categoria più importante e affascinante, prima di ritirarsi definitivamente nel 1997 all’età di 48 anni. Nel frattempo divenne anche grande amico di Alì, con il quale, rivelò in seguito, aveva lunghe conversazioni telefoniche. E in quell’incontro epico fu anche protagonista di una cosa più grande: la presenza di Alì declinava l’evento anche sulla battaglia per i diritti civili della comunità nera americana. Perché l’idea avuta dagli organizzatori dell’evento di tenere l'incontro inZaire, in qualche modo si ispirava ad una grande intuizione avuta anni prima da Malcom X, ucciso a New York il 25 febbraio 1965. L’idea di Malcolm X (anche lui appartenente come Alì alla Nation of Islam) era che la battaglia per i diritti civili potesse essere portata a livello internazionale. Pensava che la lotta in America era limitata, perché per ottenerli ci doveva essere un governo che li concedeva. Proponeva, infatti, di parlare invece di diritti umani, in modo che il governo segregazionista dovesse in qualche modo rispondere davanti ai tribunali internazionali. Per questo pensava di trovare appoggio negli stati africani appena usciti dal colonialismo.
In una intervista al Telegraph in occasione dei 50 anni da quell’incontro epico (sul quale stati scritti libri e fatti dei film, uno dei quali, Quando Eravamo Re, ha vinto l’Oscar come miglior pellicola-documentario) contro Alì Foreman raccontò di essere uscito «devastato da quella sconfitta». "Credevo che nessuno fosse in grado di battermi. Mi sentivo invincibile. Pensavo di mettere ko Muhammad Alì in due round. Perdere quel combattimento mi ha davvero devastato. Non riuscivo a capire perché le mie tattiche non funzionassero e non lo avessi messo ko. Pensavo che Alì avrebbe fatto due round e non di più. Quando ho alzato lo sguardo ed eravamo al quarto round...mi sono chiesto cosa stesse succedendo…". Da quella sfida nacque un’amicizia, quella con Alì: "Amavo stare con lui, mi faceva davvero sentire bene".
C’è una foto, una sola, che Foreman ha conservato di tutta la sua carriera. La foto di Muhammad Ali che lo mette a terra. "È l’unica foto che ho salvato, quella di Muhammad Alì che mi butta a terra – svelò Foreman sempre al Telegraph – perché mi sono reso conto di quale grande momento fosse per lo sport e per la boxe. E mi ha umiliato. Non l’ho mai dimenticato, e mi ha reso una persona molto migliore di fossi stato se avessi buttato io giù lui". In mezzo a pugni dati e presi,Foreman, aveva infilato anche un’avventura imprenditoriale di successo con un’azienda che produceva griglie elettriche per hamburger. L’ultimo gong è risuonato a Houston, la famiglia ha annunciato la morte di “big George”: "Devoto predicatore, devoto marito, padre amorevole, orgoglioso nonno e bisnonno, ha condotto una vita segnata da fede granitica, umiltà e determinazione - Se n’è andato serenamente circondato dai suoi cari". Un’altra leggenda, un pezzo di storia che ora non c’è più, ma che per le sue gesta non solo sportive, lo ricorderemo per sempre, come gli eroi.